Per uno che i soldi li spendeva tutti comprando opere di giovani sconosciuti e finanziando iniziative incomprensibili per le mummie della cultura ufficiale, era indispensabile riciclare. Così Scatole d’amore in conserva, lo dice già il titolo, raccoglie cose già pubblicate, a parte un racconto e l’ultima parte dell’Autobiografia. Questo testo era già stato pubblicato nel 1920 ne Il delizioso pericolo e poi nel 1925 per la rivista Novella, sotto il titolo che lo definiva Caffeina d’Europa:
“A che pro presentarmi al pubblico? – Diranno i miei amici… Marinetti è presentato a tutti i pubblici d’Europa, che lo conoscono perfettamente in tutti i suoi svariati atteggiamenti, sorprendenti, spavaldi, temerari, ma sempre sinceri… Ringrazio le forze che presiedettero alla mia nascita e alla mia adolescenza, perché mi hanno, fino ad oggi, evitata una delle peggiori disgrazie che possano capitare: la Monotonia. Ebbi una vita tumultuosa, stramba, colorata. Cominciai in rosa e nero; pupo fiorente e sano fra le braccia e le mammelle color carbone coke della mia nutrice sudanese. Ciò spiega forse la mia concezione un po’ negra dell’amore e la mia franca antipatia per le politiche e le diplomazie al lattemiele”. (F.T. Marinetti, Scatole d’amore in conserva, Roma, Edizioni d’Arte Fauno, 1927; p. 8).
I racconti che seguono hanno in comune un certo disprezzo, appunto, per le complicazioni, e l’ironia corrode insieme alle abitudini del bel mondo i moralismi di ogni risma.
Una donna si fa sedurre da un uomo di colore e poi lo fa linciare; torna il lieto ricordo di tre amanti tedesche, ognuna con la sua specifica sensualità; un uomo vorrebbe comprarsi i favori della più bella donna d’Oriente, scoppia una rissa nello scompartimento di un treno, una allegra brigata di monaci si dedica a orge gastronomiche; in un albergo superattrezzato la bella gente di tutto il mondo va a contemplare beata scene di vera guerra, ben più avvincenti degli incontri di Rollerball.
La provocazione di Marinetti è all’insegna del tradizionalismo:
“Mi divertii due notti. Poi dissi ancora una volta: basta! E fui senza dubbio giudicato un uomo troppo semplice e brutale in amore, che non comprendeva le complicazioni“.
A questa semplicità corrisponde la perfetta rappresentazione del suo amore per la moglie Benedetta, nella tavola parolibera che si trova nel libro, un’equazione in cui la somma di Marinetti e Benedetta dà come prodotto Vittoria, la prima figlia nata il 28 giugno 1927: come si può dichiarare il senso di un autentico amore se non in questa sintesi? L’amore non è soltanto fare figli ma certamente i figli sono la realtà sensuale dell’amore, vicina al mistero della vita e della morte.
Il figlio nasce dall’amore e da nient’altro di deciso mai: “domani faccio un figlio”, “ho tanta voglia di diventare mamma”, queste sono cazzate mostruose per cui i figli nascono giocattoli.
Io preferisco l’equazione secca e sintetica di Marinetti, che lui intitola Autoritratto, significando con questo che Marinetti non era più Filippo Tommaso e basta ma Benedetta e Vittoria insieme, che lui non poteva più nemmeno immaginare la propria immagine divisa da quella della moglie e delle figlie (perché poi arriveranno anche Ala e Luce).
Ma per venire alle questioni bibliofile: il libro è cercato con la sua sovraccopertina perché è la prima icona pop nella storia dell’arte, anticipando Andrea Warhol di 35 anni. La bella scatola a colori sgargianti sta lì e potrebbe essere stata concepita negli anni Sessanta, con l’esplodere della Pop Art. Ma chi è l’autore? Pochissimi lo sanno.
C’è chi ha detto Ivo Pannaggi, e io fra quelli. No, Pannaggi è l’autore dei disegni (esclusa la tavola parolibera che è di Marinetti). C’è chi affidandosi alla dichiarazione al frontespizio ha detto Carlo Petrucci, e questa è una ingenuità. Petrucci, ultratradizionalista, è l’autore della copertina (quella che è uguale in tutti i volumi della collana, col fauno al centro su fondo beige) non della sovraccopertina.
Dunque chi è il creatore di questa immagine? Non un pirla qualsiasi: è il fiorentino Piero Bernardini, uno dei più importanti illustratori italiani, autore fra l’altro del logo stilizzato del Fauno Giallo che intitola la collana e si vede in copertina in alto a sinistra. Per la delizia degli eruditi non resta che l’indice:
- Autoritratto, versione definitiva dell’Autobiografia già apparsa ne Il delizioso pericolo (1920), e con il titolo Caffeina d’Europa in NOVELLA, Anno VII n. 1, gennaio 1925.
- Consigli a una signora scettica, già pubblicato con varianti ne Gli amori futuristi, 1922 col titolo Il nero.
- Cuori complicati, brano autobiografico tratto da Come si seducono le donne, 1917.
- Cacce arabe, già pubblicato ne Il delizioso pericolo col titolo Un ruffiano arabo.
- Matrimonio ad aria compressa, già pubblicato con varianti ne Gli amori futuristi col titolo L’uva matura.
- Una favolosa indigestione, brano tratto da Le roi Bombance, 1905
- Grande albergo del pericolo, inedito. (Arengario.it)
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