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La tradizione vuole che la domenica di Pasqua l’agnello imbandisca la nostra tavola; il perché questa carne dal gusto così particolare sia mangiata proprio quel giorno, è da ricercare in tempi antichissimi, quando il piccolo di Ovis aries (Linnaeus, 1758) era considerato un animale sacrificale.
Nel II millennio a.C., il popolo mesopotamico degli Ittiti immolava un agnello ogni qual volta necessitasse di una grazia o invocasse il perdono della divinità (Furlani, 1932). La vittima sacrificale «non può essere toccata da una persona impura, né può subire violenza alcuna da parte di un impuro» (Furlani, 1932). Per questo la cerimonia era svolta dai bārū (divinatori) che, mentre un aiutante teneva l’animale per la fronte, recitava uno dei tanti ikribu (preghiere), invitando gli dei ad accettare benignamente il dono o di rispondere alla domanda mantica. Terminato tale rituale, l’agnello era ucciso recidendone le vene del collo.
Per gli Ittiti era fondamentale presentare alla divinità un animale perfettamente in salute e integro. Per questo qualsiasi «atteggiamento brusco, ostile verso la vittima, come colpi di bastone» non era ammesso all’interno del rituale poiché con «tali atti la vittima cesserebbe di essere perfetta e quindi non costituirebbe più un dono adatto a un dio» (Furlani, 1932).
L’idea della vittima senza difetto si conserva nella tradizione ebraica. Il popolo di Israele infatti, ricevette da Dio il compito di scegliere tra gli agnelli o i capretti «una pecora perfetta, maschio di un anno» (Esodo 12, 6-15).
L’animale doveva essere preservato fino alla prima notte di luna piena di primavera, cioè il quattordicesimo giorno del mese di Nissan (tra marzo e aprile), che rappresenta la Pasqua ebraica. In quell’occasione veniva sgozzato. Gli ebrei donavano l’agnello integro alla divinità proprio come gli Ittiti, ma a differenza di questi ultimi, l’atto sacrificale era svolto senza sacerdote e avveniva una sola volta l’anno in una data ben precisa. La carne del sacrificio pasquale veniva consumata dalla comunità ebraica rigorosamente arrostita. Nulla doveva avanzare, nemmeno la testa e le interiora. Nel caso accadesse una tale eventualità, i resti dovevano essere bruciati, senza frantumare le ossa, entro il mattino seguente.
L’episodio narrato nell’antico testamento introduce la Pasqua cristiana che, pur perdendo l’atto sacrificale, conserva l’agnello come simbolo di sacrificio, assimilandolo alla figura di Gesù. Assente nei vangeli sinottici, la corrispondenza agnello-Cristo si trova nel vangelo di Giovanni, nel passo in cui Giovanni Battista lo identifica come «l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Giovanni 1,29). L’identificazione di Gesù come agnello ha reso questo animale il simbolo della Pasqua cristiana e di conseguenza, il piatto più prelibato di questa festa.
La tradizione culinaria dell’agnello a Napoli è legata al popolo, essendo il cibo più consumato del «povero in primavera e in està» perché, nonostante la carne sia più tenera di quella di montone, è meno nutriente (Spatuzzi e Somma, 1863). La consistenza tenera della carne, si conserva fino all’età di un anno ma, essendo molto umida, è consigliabile cuocerla arrosto e condita con rosmarino, aglio, salvia e chiodi di garofano per addolcirne il sapore (Pisanelli, 1589).
I napoletani inoltre distinguono l’agnello vernereccio da quello curdisco. Il primo è l’agnello concepito nel vernus, in particolare dalla metà di maggio fino a giugno. Dei nati la maggior parte sostituisce le pecore morte del gregge o servono per la riproduzione, la restante è venduta (Soppelsa, 2016). «Gli allievi cordeschi sono tutti venduti» (Gasparrini, 1845) e utilizzati nella preparazione di piatti pasquali. Infatti, essendo tardivi, cioè nati tra gennaio e aprile, hanno una carne molto tenera e perciò più prelibata.
Fra tutte le ricette napoletane con protagonista l’agnello, è famoso il curdisco di Sant’Anastasia che, a dispetto della tradizione, non è arrostito ma al forno. Sull’Appennino Campano-Lucano invece si preparano gli ammugliatielli, involtini di interiora di agnello, chiamati così perché ricordano un gomitolo sia per la forma sia perché per prepararli devono essere avvolti come si fa con la lana. Sono imbottiti con aglio, prezzemolo, peperoncino e formaggio, si mangiano per lo più arrostiti ma si preparano anche in altri modi.
Bibliografia
Giuseppe Furlani, Il sacrificio nella religione dei Semiti di Babilonia e Assiria, Atti della Reale Accademia nazionale dei Lincei, in Memorie della classe di scienze morali, storiche e filologiche, CCCXXIX, serie VI, vol. IV, fasc. III, 1932, pp. 105-370.
Guglielmo Gasparrini, Breve ragguaglio dell’agricoltura e pastorizia del regno di Napoli di qua del faro, Napoli, Tipografia del Filiatre-Sebezio, 1845.
Bibbia, La Bibbia di Gerusalemme, Trento, LEGO, 2013.
Bibbia, La Bibbia dei LXX. 1. Il Pentateuco, Roma, Edizioni Dehoniane, 1999.
Baldassarre Pisanelli, Trattato della natura dei cibi, et del bere, Carmagnola, Marc’ Antonio Bellone, 1589.
Ottavio Soppelsa, Dizionario Zoologico Napoletano, Napoli, D’Auria, 2016.
Achille Spatuzzi, Luigi Somma, Saggi igienici e medici sull’alimentazione del popolo minuto di Napoli, in Sull’alimentazione del popolo minuto in Napoli, a cura dell’Accademia Pontaniana di Napoli, Stamperia della Real Università, 1863
Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Immagini tratte dalla rete. Fonte: asciacatascia.it
Va bene Marinetti, però a ben guardare l’assalto più deciso alla morale corrente lo sferra Valentina de Saint Point (Anna-Gianna-Valentina-Marianna Desglans de Cessat-Vercell, nipote di Lamartine) con il suo Manifesto della Donna futurista (Milano, Direzione del Movimento Futurista, 1912).
Valentina bellissima vive fra Parigi e il Cairo facendo ammattire gli intellettuali e gli artisti d’Europa e d’Africa, modella e amante di Mucha e Rodin non si fa mancare niente, divorzia da un uomo che disprezza, seduce Marinetti e Ricciotto Canudo, sosterrà con ogni mezzo – come Nelson Morpurgo – gli indipendentisti della mezza luna contro l’imperialismo europeo. Il suo manifesto lo legge in anteprima il 3 giugno 1912 alla Galerie Georgio Giroux di Bruxelles, durante la mostra «Les peintres futuristes italiens», in risposta al “disprezzo della donna” professato da Marinetti nel primo Manifesto del Futurismo:
“E’ assurdo dividere l’umanità in donne e uomini; essa è composta soltanto di femminilità e di mascolinità… Un individuo esclusivamente virile non è altro che un bruto; un individuo esclusivamente femminile non è altro che una femmina… Ciò che manca di più alle donne come agli uomini è la virilità… Donne, per troppo tempo sviate fra le morali e i pregiudizi, ritornate al vostro istinto sublime: alla violenza e alla crudeltà” (Manifesto della donna futurista, 1912).
E sia pure che all’epoca ne era l’amante, ma era sacrosanto che il disprezzo di Marinetti si rivolgesse alle donne tanto quanto agli uomini, per la loro morale ipocrita e l’atteggiamento codardo in amore come in qualsiasi manifestazione della vita.
In perfetta sintonia con questo pensiero, l’anno successivo Valentina rincara la dose con un altro scandaloso Manifesto futurista della Lussuria (Milano, Direzione del Movimento Futurista, 1913), che reca come sottotitolo: «Risposta ai giornalisti disonesti che mutilano la frasi per render ridicola l’Idea; alle donne che pensano quello che ho osato dire; a coloro pei quali la Lussuria non è ancora altro che peccato; a tutti coloro che nella Lussuria raggiungono solo il Vizio, come nell’Orgoglio raggiungono solo la Vanità»:
“Distruggiamo i sinistri stracci romantici, margherite sfogliate, duetti sotto la luna, tenerezze pesanti, falsi pudori ipocriti. Che gli esseri, avvicinati da un’attrazione fisica, invece di parlare esclusivamente della fragilità dei loro cuori, osino esprimere i loro desideri, le preferenze dei loro corpi, e presentire le possibilità di gioia o di delusione della loro futura unione carnale… Bisogna fare della lussuria ciò che un essere raffinato e intelligente fa di se stesso e della propria vita; bisogna fare della lussuria un’opera d’arte” (Manifesto futurista della Lussuria, 1913).
E pensare che ancora oggi c’è chi discute sul futurismo che non è femminismo, sull’erotismo brutale in assenza di orpelli e sfumature, di amore alto e amore basso, come non fossero così simili e vicini orgasmo e fedeltà, contemplazione e furia, come non risiedesse proprio in queste contraddizioni – nel corpo e nel sesso – la ragione che fonda le famiglie e le comunità, la possibilità di ogni convivenza e relazione umana. (Arengario.it)
PALESTINA - Il bilancio dopo il 171° giorno di attacchi sale a 32.226 morti, 15mila dei quali minori, 75mila feriti e 10mila dispersi
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) ha approvato lunedì, con una schiacciante maggioranza di 14 voti a favore e l’astensione degli Stati Uniti, che questa volta non pongono il veto, una risoluzione che chiede un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. Il Consiglio, tuttavia, non è riuscito ad approvare un emendamento alla risoluzione, proposta dalla Russia, che chiedeva un cessate il fuoco permanente.
La risoluzione, avanzata dai dieci membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza, chiede un cessate il fuoco immediato per il mese di Ramadan, il rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi e “l’urgente necessità di espandere il flusso” di aiuti verso Gaza. Gli Stati Uniti avevano posto il veto a tre precedenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedevano il cessate il fuoco a Gaza, due di loro avevano chiesto un cessate il fuoco immediato.
Sul testo, presentato dai membri non permanenti, si è temuto fino all’ultimo il veto Usa, che invece si sono astenuti. A favore tutti gli altri Paesi: Francia (che ha chiesto anche un “cessate il fuoco permanente dopo il Ramadan”), Gran Bretagna, Algeria, Giappone, Malta, Slovenia, Svizzera, Ecuador, Guyana, Mozambico, Sud Corea e Sierra Leone. Cina e Russia hanno proposto – senza esito – di sostituire il termine “durevole” con “permanente” per “il cessate il fuoco immediato”. Il termine è stato cambiato all’ultimo minuto per evitare il blocco Usa ma per Mosca questo “annacqua il testo e lascia spazio alle interpretazioni, permettendo a Israele di riprendere le operazioni militari in qualsiasi momento”.
Dal 7 ottobre a ieri, lunedì 25 marzo, sono 32.226 le vittime, 15mila dei quali minori, 75mila feriti e 10mila dispersi. (infopal.it)
tratto da Alimenti e malattie, di Roberto Andreoli
VALLE CAUDINA - BANDE DI LADRI IN AZIONE MESSI IN FUGA DALLE "RONDE CAUDINE 2.0"?
In Valle Caudina continuano le scorribande di ladri e ladruncoli. Nessuna cittadina Caudina è stata risparmiata negli ultimi tempi, nonostante la crescita dei controlli del territorio. Purtroppo, le notizie di saccheggi e tentati furti sono all'ordine del giorno. L'ultima vicenda ad arrivare in "prima pagina" è il doppio fallimentare colpo di due bande di ladri a Cervinara.
L'area presa di mira è quella periferica di Via San Leucio e dintorni. Stando a quanto riportato da Il Caudino e da Edizione Caserta l'azione dei malviventi è stata fermata dalla reazione di alcuni cittadini che avrebbero messo in fuga questi sciacalli. Le ronde delle tenebre avrebbero intercettato le due bande di ladri che alla vista delle torce nel buio hanno preferito darsi alla fuga.
Una situazione molto delicata, ma le Forze dell'Ordine, grazie ai circuiti di videosorveglianza e alla collaborazione dei cittadini volontari, potrebbero assicurare alla giustizia gli eredi di Arsenio Lupin e della Banda Bassotti. Bisogna continuare a mantenere il sangue freddo ed avere fiducia nelle Istituzioni perché solo con l'unità d'intenti si possono affrontare battaglie del genere, capaci di minare la tradizionale tranquillità della Valle Caudina.
ESEMPIO
L'Unione dei Comuni della Valle Caudina potrebbe prendere come faro nella tempesta l'interessante progetto, tra i tanti in Italia, messo in campo nei comuni reggiani di Castelnovo di Sotto, Cadelbosco di Sopra e di Bagnolo in Piano. La loro Unione dei servizi, denominata Terre di Mezzo, nel 2019 ha messo in campo un progetto unitario per contrastare l'impennata di furti e la crescita di ladri con annessi ricettatori e grassatori vari. Sul sito ufficiale dell'ente intercomunale ci sono le informazioni dettagliate sull'iniziativa da analizzare. La partecipazione al progetto denominato “Controllo di Vicinato” ha come elementi caratterizzanti due punti di rilievo:
Linee guida per partecipare al progetto “Controllo di Vicinato”:
Controllo di Vicinato
Il CdV Caudino potrebbe essere adattato al contesto locale ed abbracciare capillarmente tutti i comuni della Nuova Caudium, ossia Airola, Arpaia, Bucciano, Bonea, Cervinara, Forchia, Moiano, Montesarchio, Pannarano, Paolisi, Roccabascerana, Rotondi e San Martino Valle Caudina, che potrebbero fare quadrato a difesa del territorio con un'organizzazione ben articolata e quindi predisposta a contrastare questo fenomeno in crescita a causa di più fattori determinanti.
In attesa dell'Unione, si potrebbe fare affidamento alle preghiere verso San Leucio, molto gettonato per risolvere questioni complicate, più volte colpito dai "mariuoli" e da tempo trascurato nell'immaginario Cattolico dei Caudini, sovrastato da San Pio da Pietrelcina, la Madonna Addolorata e San Gennaro da Benevento.
esorcista
Il primo vero miracolo di San Leucio, ricordiamo alle lettrici ed ai lettori de Lo Schiaffo 321, fu la storia di un esorcismo. La vicenda narra di un etiope da poco convertitosi alla fede cristiana. Il demonio annidato nel suo corpo tentò in tutti i modi di strapparlo dalla luce divina fino ad indurlo a comportamenti nefandi e miserevoli.
San Leucio si adoperò per liberare l'etiope dal maligno. Un po' come potrebbe fare, al più presto, per liberare dal male i viscidi topi d'appartamento che attaccano le abitazioni ed i negozi dei cittadini Caudini e non solo. Il Codice Cassinese parlò del miracolo riportando perfino le parole pronunziate da San Leucio; esse hanno il tono grave e solenne d'una pagina degli esorcismi del battesimo, il cui incipit ha più o meno questa impostazione:
<<Taci, o spirito diabolico, ed allontanati da questa creatura di Dio, né osare più oltre di abitare in essa, ma costretto ed umiliato esci da questa creatura entro la quale sei entrato, portato dalla tua invidia e, per questo, fino ad ora lo hai tenuto legato con le tue pessime catene…>>.DEMONIO
Ma il demonio, non volendosi arrendere come i "Mariuoli", subisce una serie di trasformazioni. Prima assunse le sembianze di un serpente, uccidendo chiunque lungo il suo cammino, provocando tempeste, alluvioni e terremoti. In un secondo momento prese le sembianze di un dragone e placò la sua ira solo nel momento in cui si gettò nei fondali marini. San Leucio scorgendo lungo i bordi delle strade centinaia di corpi senza vita invitò i fedeli a raccogliere dell'acqua e, dopo averla benedetta, la cosparse sui corpi senza vita, invocando il Padre Celeste. Così restituì la vita ai poveri sfortunati. Con questo miracolo sorprese molti, tanto che quel giorno vennero battezzati più di tremila uomini.
Brano: Bolide Rosso
Anno: 1936
Walter Chiari, pseudonimo di Walter Michele Armando Annicchiarico (Verona, 8 marzo 1924 – Milano, 20 dicembre 1991), è stato un attore, comico, cabarettista, conduttore televisivo italiano ed è stato uno dei più noti comici dello spettacolo italiano. Esponente di spicco della commedia all'italiana, grande mattatore sul piccolo schermo, è stato uno dei protagonisti del varietà televisivo dagli albori fino alla fine degli anni Sessanta. Walter Chiari nella Decima Mas durante il fascismo aveva militato davvero. Dopo, non sopportò l’egemonia culturale della sinistra.
Il primo romanzo futurista pubblicato è un libro erotico: Mafarka le futuriste. Marinetti lo dedica ai “grandi poeti incendiari”, i fratelli futuristi Gian Pietro Lucini, Paolo Buzzi, Federico De Maria, Enrico Cavacchioli, Corrado Govoni, Libero Altomare, Aldo Palazzeschi.
Finito di stampare nel dicembre 1909 esce a Parigi per Sansot nel gennaio del 1910. L’edizione italiana segue nell’aprile dello stesso anno nelle neonate Edizioni Futuriste di Poesia e viene immediatamente sequestrata dalla questura di Milano per oltraggio al pudore. Il Tribunale condanna Marinetti a due mesi di carcere.
Il libro inizia con la dettagliata descrizione dello stupro di quattromila nere da parte della soldataglia drogata di haschish, a cui Mafarka assiste suo malgrado col fratello Magamal. Questa a dire la verità è la parte meno delirante:
il resto è un miscuglio meraviglioso e imprevedibile di fantasie sessuali e mitologiche: sadomasochismo e reminiscenze omeriche, esibizionismo e africanismo, priapismo e pulsioni di morte, c’era di che atterrire benpensanti e intellettuali, borghesi e proletari: un pene di 10 metri suscita invidia, e il cavallo evirato del Demonio va ancora cercando il suo, urlando. Vergini infinite affollano il letto dell’eroe, mentre cani rabbiosi del deserto affrontano giraffe meccaniche. Follia uxoricidio antropofagia.
Ma il culmine è la creazione del figlio, insieme prodotto del lavoro e della volontà esteriorizzata, che Mafarka partorisce senza il concorso della donna, Gazurmah «uccello invincibile e gigantesco, che ha grandi ali flessibili fatte per abbracciare le stelle»: Mafarka gli dona la vita baciandolo sulla bocca e muore felicemente. Fantascienza e pornografia, Metal Hurlant e Bergson, classici greci e divinità africane: geniale erotomane Marinetti.
In una lettera del 23 agosto 1910 indirizzata a Luigi Bertolotti, Marinetti scrive: “Vi mando «Mafarka il Futurista», la mia opera capitale, la più sincera e la più ispirata che io abbia scritto, ed anche la più significativa, come ebbero a giudicare parecchi illustri critici di Parigi, dove l’edizione francese (originale) non sequestrata è giunta in sei mesi al dodicesimo migliaio. Vi sarò infinitamente grato se vorrete consacrare un vostro articolo a questo romanzo, tanto più che fra due o tre mesi si svolgerà a Milano il processo, con un formidabile collegio di difesa e di perizie”.
Dopo il sequestro e prima del processo d’appello Marinetti pubblica in italiano e francese un volantino che riproduce l’articolo di Rachilde su Mafarka, pubblicato l’1 luglio 1910 sul «Mercure de France»: “Vi ripeto che ho trovato veramente bello questo romanzo perché F.T. Marinetti è veramente riuscito a farmi vedere il suo enorme sogno. Ora, se uno scrittore mi fa vedere realmente un’esistenza pazza, riesce realmente a darmi la visione dello stravagante, io non domando di più per trovare in lui del genio…“.
L’Italia non è la Francia. L’8 ottobre 1910 inizia il processo d’appello. Perito della difesa è Luigi Capuana che tiene “un discorso sulla libertà letteraria, citando i Promessi Sposi, la letteratura classica e il verismo. Conclude sostenendo che l’opera di Marinetti è forse sovrabbondante ma morale. Fra il pubblico sono presenti molti futuristi, che alla sentenza di assoluzione inscenano una manifestazione” (Archivi del Futurismo, vol. I , pag. 473).
Marinetti viene assolto e per l’occasione pubblica il volantino La Clamorosa assoluzione di Marinetti che fa la cronaca del processo.
Il testo delle arringhe e della sentenza verranno invece pubblicati nel gennaio 1911 col titolo Il processo e l’assoluzione di Mafarka il Futurista col discorso di F.T. Marinetti, la perizia di Luigi Capuana e le arringhe dell’On. Salvatore Barzili, di Innocenzo Cappa e dell’Avv. Cesare Sarfatti, nella prima edizione italiana di Distruzione. Ma poco dopo, il 29 gennaio 1911, l’opera verrà definitivamente condannata in Cassazione, come documenta un altro volantino: Un procès contre le Futurisme. Le Poète Marinetti condamné à deux mois de prison, in cui si invitano gli intellettuali a scrivere sulle riviste a proposito del processo per Mafarka, e sottoscritto da una lunga lista di poetes, peintres e musiciens futuristes.
Saranno numerose le traduzioni all’estero, in Russia (1916 e 1917), Spagna (1921), Argentina (1927), Messico (1927) ecc. In Italia verrà ristampato solo nove anni dopo ma con numerosi tagli: Mafarka il Futurista. Romanzo processato. Nuova edizione, Milano, Casa Editrice Sonzogno, s.d. (1920). (Arengario.it)
CONCLUSIONE
L’invasione piemontese del pacifico Stato delle Due Sicilie fu ben più di una semplice sconfitta militare e si può affermare che essa ha tanto inciso sulla nostra vita sociale ed economica che ancora oggi viviamo nell’atmosfera creata da quell’evento, dal quale sono nati tutti i nostri mali presenti. Gli effetti di una sconfitta militare, infatti, per quanto terribili, col tempo vengono sanati se il territorio e la popolazione non vengono annessi a quelli del vincitore.
Per le Due Sicilie, invece, a causa della particolare posizione geografica, senza soluzione di continuità territoriale con il resto della penisola italiana, l’annessione ha prodotto effetti così devastanti che la coscienza del popolo stesso ne è stata alterata. La storia più che millenaria del Sud, ricca di immense glorie e di immani tragedie, prima dell’occupazione piemontese era stata la storia di un popolo che non aveva mai perso, nel bene e nel male, la propria identità nazionale. È stata, dunque, questa perdita, causata dalla forzata unione con gli altri popoli della Penisola, il più grave danno inferto al Popolo Duosiciliano.
Il Regno delle Due Sicilie proprio nel 1860 si stava trasformando in un grande Stato moderno. C’erano tutte le premesse, perché allora era una tra le più progredite nazioni d’Europa, ma la delittuosa opera delle sette che governavano la Francia e l’Inghilterra e la sete di conquista savoiarda ne distrussero i beni e le tradizioni, compiendo un vero e proprio genocidio umano e spirituale.
Come fu precisato da Lemkin, che definì per primo il concetto di genocidio, esso "non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione; esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali.
Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali, e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui, non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
Noi Duosiciliani abbiamo subíto entrambi i soprusi, ma fortunatamente, per la nostra storia di quasi tremila anni, il nostro inconscio collettivo ci ha salvati in parte dalla distruzione della nostra identità nazionale. La principale causa del crollo delle Due Sicilie va, senza dubbio, inquadrata nel marciume generato dalla corruzione massonica.
Esso era dappertutto: nelle articolazioni statali, nell’esercito, nella magistratura, nell’alto clero (fatta salva gran parte dell’episcopato), nella corte del Re, vera tana di serpenti velenosi.
Infatti, come ha esattamente analizzato Eduardo Spagnuolo: "addebitare ai piemontesi le colpe del nostro disastro è vero solo in parte e contrasta anche con i documenti dell’epoca. La responsabilità della perdita della nostra indipendenza e della nostra rovina è per intero della classe dirigente Duosiciliana, che si fece corrompere in ogni senso. Non a caso le bande guerrigliere più motivate, come quella del Generale Crocco e del Sergente Romano, si muovevano per colpire, innanzitutto, i collaborazionisti e gli ascari delle Guardie nazionali".
L’opposizione armata, tuttavia, fu soltanto un aspetto della più vasta resistenza all’invasione piemontese, perché la resistenza si sviluppò per anni in modo civile. Numerose furono le proteste della magistratura e dei militari, le resistenze passive dei dipendenti pubblici e i rifiuti della classe colta a partecipare alle cariche pubbliche.
Moltissime le manifestazioni di malcontento della popolazione, soprattutto nell’astensione alla partecipazione ai suffragi elettorali, e la diffusione, ad ogni livello, della stampa legittimista clandestina contro l’occupazione piemontese. Mai, nella sua storia, lo Stato delle Due Sicilie aveva subito una così atroce invasione. Quante ricchezze, inoltre, furono distrutte insensatamente, che avrebbero potuto fare veramente grande l’Italia.
L’economia dell’Italia meridionale, poi, ebbe un crollo verticale non solo perché il centro propulsore fu spostato al Nord, che ne venne privilegiato, ma anche perché la concezione dogmatica del liberoscambismo imposto dal Piemonte, impedì in seguito di porvi dei ripari. Il miope colonialismo dei piemontesi, come poi si rivelò l’occupazione dei "liberatori", divenne una vera e propria tragedia, che dura ancora ai nostri giorni e che solo il conciliante e forte temperamento della gente del Sud ha impedito che divenisse una catastrofe irreversibile.
Gli abitanti delle Due Sicilie furono usati, prima come carne da cannone per le altre guerre coloniali dei Savoia, poi come mercato per i prodotti delle industrie del Nord e come serbatoio di voti per quei ciechi politici meridionali, spesso solo servi sciocchi delle lobby del cosiddetto "triangolo industriale". La classe dirigente meridionale, inoltre, allo scopo di conservare piccoli vantaggi domestici, ha fiancheggiato sempre tutti i governi che si sono avvicendati in Italia dall’inizio dell’occupazione, governi che pur definendosi "italiani", hanno curato solo e sempre gli interessi di alcuni, i quali per questo mantengono eterna la "questione meridionale".
Il Popolo delle Due Sicilie, in tutta la sua lunghissima storia, non ha mai fatto una guerra d’aggressione contro altre genti. Ha dovuto, invece, sempre difendersi dalle aggressioni degli altri popoli, che lo hanno assalito con le armi o con le menzogne. Ancora oggi dal Nord dell’Italia, per una congenita ignoranza, alimentata continuamente dalla propaganda risorgimentale avallata dallo Stato "italiano", siamo ancora puerilmente aggrediti con violenze verbali, con luoghi comuni sui "meridionali".
I Duosiciliani veraci, tuttavia, sanno di far parte di un paesaggio unico e inconfondibile, sanno che il loro animo è immutabile e viscerale, proprio per questo, dovunque si troveranno, si porteranno sempre dietro questa loro contraddizione: quella di essere diventati forzatamente "italiani".
BREVE STORIA DELLE DUE SICILIE - prima parte | CULTURA
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Scritto da Antonio Pagano
Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Immagini tratte dalla rete. Fonte: Sociale (Pocobello)
I vari scenari critici in essere nello scenario internazionale ed il tema agricoltura – con gli effetti diretti che i primi vanno a riversare sulla seconda - sono stati oggetto di un intervento posto in essere nella giornata di ieri, in Aula di Palazzo Madama, dal Senatore di Fratelli d’Italia Domenico Matera nel contesto della discussione generale sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 Marzo.
Soffermandosi sulla questione della crisi in Medio Oriente, Matera ha evidenziato come il Parlamento abbia impegnato il Governo a “perseguire ogni sforzo per il raggiungimento, in prospettiva, di una soluzione di pace basata sulla formula dei ‘due Stati’, che vivano uno accanto all'altro in pace e in reciproca sicurezza” e come, in questo momento, l’Italia, che ha la Presidenza del G7, possa e debba insistere in tale ruolo di mediazione. Come prima accennato, però, la connessione è stretta con il tema agricoltura. Non a caso, proprio tale punto è stato inserito, dopo molto tempo, all’ordine del giorno del Consiglio europeo proprio grazie alle istanze dell’Italia.
“La chiusura parziale degli approvvigionamenti dal canale di Suez sono tutti tasselli di una situazione drammatica che si riverbera direttamente sulle nostre produzioni – ha osservato Matera che, sempre con riferimento alla medesima questione, ha fatto ampio riferimento anche alla questione russo-ucraina - È importante quindi che l'Europa torni a parlare di Agricoltura, come prevedono i trattati europei, poiché è una politica centrale per lo sviluppo economico della nostra Europa tesa alla sicurezza alimentare".
“Abbiamo impegnato il Governo - ha concluso Matera tramite il comunicato di Settantotto Press- ad agire affinché l’agricoltura, che rappresenta una risorsa strategica per il nostro Paese, ottenga a livello europeo la giusta attenzione in termini di riduzione degli oneri che gravano sul settore, di rafforzamento dell’efficacia della Politica agricola comune e di una più efficiente risposta europea ai fenomeni di concorrenza sleale da parte di Paesi terzi”.
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