Non incolpate il passato dei mali del presente
A vedere, leggere e ascoltare le furenti reazioni, i rabbiosi riti accusatori, la perdita assoluta di lucidità e l’esplosione di odio che ha innescato la barbara uccisione di Giulia, hai l’impressione di un contagio barbarico. L’odio si rivolge contro il maschio in generale, si accentua verso il maschio che non si vergogna di essere tale, quindi esplode contro chi non si riconosce nella lettura tardofemminista, radicale, progressista e maniacale che viene imposta senza possibilità di ragionare.
Avevo osato twittare respingendo la chiave “patriarcale” dei delitti: sono stato aggredito da uno sciame di imbecilli incancreniti, tra insulti e invettive, e con l’accusa di sostenere l’assassino, a cui avrei voluto fornire alibi assolutori e attenuanti culturali.
Proviamo a non scomporci, a non seguire i vaniloqui di chi ci accusa di sproloqui, e a ragionare, sapendo di non avere in mano nessun monopolio di verità e nessuna presunzione di certezza.
Dunque, volete attribuire al mondo passato e a volte trapassato, i mali evidenti di oggi, nati in seno alla decomposizione della società presente. E volete attribuire alla famiglia, naturale e tradizionale, gli effetti barbarici che risalgono piuttosto alla sua dissoluzione nel presente. Perfino il gesto criminale di un ragazzo di 22 anni che non è figlio della società patriarcale, non l’ha vissuta, ma è figlio del nostro tempo, come voi ripetete in ogni altra analisi, viene ricondotto alla società patriarcale. Non sono i morti che uccidono i vivi. Voi usate sempre le etichette del passato per spiegare le infamie e le barbarie del presente: si veda l’uso improprio e anacronistico dell’epiteto di fascisti o nazisti applicato a movimenti, ideologie, gruppi terroristici e atti barbari che hanno tutt’altra genesi e appartengono alla nostra epoca.
Da dove nascono i femminicidi e le violenze del nostro tempo? Le storie divergono, le cause sono molteplici, ma la matrice prevalente non è la società patriarcale, semmai la società egoista ed egocentrica, individualista e narcisista del presente; la società dei diritti concepiti come desideri illimitati, senza doveri, in cui quel che conta è ciò che io voglio, non si accettano dinieghi e limiti. I femminicidi non nascono dalla forza del machismo e del maschilismo ma sono una reazione isterica alla propria debolezza e inettitudine.
Nella gran parte dei casi, il femminicida (espressione che aborro e uso solo per farmi capire) reagisce a una donna che li ha lasciati, che non vuole più stare con lui; la follia barbara della reazione criminale mostra la dipendenza, l’incapacità di vivere senza di lei, sentirsi annullati e perduti. E’ un egocentrismo malato, puerile e degradato, che a volte si accanisce anche sui propri figli e spesso si conclude contro se stessi; se mi abbandoni, muoia Sansone con tutti i Filistei. Una patologia dell’amore come unicità, insostituibilità della persona amata; invece la vita continua, nel mondo ci sono altri e c’è altro. Dietro il delitto c’è tutta la fragilità, l’insicurezza, la psicolabilità, il narcisismo malato e ferito di oggi.
La traccia più virulenta della mentalità patriarcale è tra i migranti di religione islamica e c’è una parola precisa a indicarla, che molti non vogliono riconoscere: sottomissione. La donna dev’essere sottomessa; Saman viene uccisa perché non si è sottomessa ai dettami della famiglia. Quella è la società islamica patriarcale.
Ma il femminicidio, che è più diffuso nelle popolazioni del nord Europa rispetto ai popoli latini, e in Italia è più diffuso tra le giovani generazioni, appartiene alla nostra società di famiglie disfatte, di solitudini ringhiose e autocentrate, che negano ogni senso morale e religioso, incapaci di sacrificarsi o di accettare i propri limiti, gli altrui rifiuti, il proprio destino…
Il contrario dell’orizzonte di valori della società patriarcale. Che è impraticabile nel presente, ma non era solo quell’orrore di cui si dice: la memoria delle nostre famiglie originarie può confermare quanta dedizione, spirito di sacrificio, gioia della vita insieme, reciproca cura vi fosse.
Per un pater familias orco c’erano cento genitori che davano l’anima per la famiglia e per ciascun suo componente. Ma è un altro mondo, irripetibile, nel bene e nel male, ne convengo; per la stessa ragione, non potete attribuire a un modello sepolto le miserie feroci dell’oggi.
Questa chiave di lettura, che propongo senza alcuna arroganza, sapendo di poter sbagliare, non nasconde alcuna indulgenza verso chi compie questi crimini. Spiegare diversamente il crimine non significa giustificarlo, non comporta alcuna attenuante; non cambia la pena, per lui e per noi. Semmai il patriarcato o l’indole maschile possono diventare alibi per attenuare le responsabilità personali di un gesto criminale come quello, attribuendole a un fatto sociale o un vizio congenito, naturale.
Se poi i maschi sono in ogni caso figli della società patriarcale anche se non l’hanno vissuta, allora il problema che ponete è genetico, è connaturato ai maschi; allora che si fa, castrazione chimica, lobotomia psichica, analisi forzate di massa?
Più seria è invece l’obiezione di chi nota: come mai sono rari i maschicidi, perché le donne non uccidono come i maschi? Potremmo dire che sono diventate più resistenti, più sicure dei maschi, sanno vivere con più indipendenza, mentre i maschi patiscono gli effetti perversi del mammismo e della mammocrazia (variante moderna della società matriarcale). Dietro quella disparità di reazioni c’è la decadenza maschile e l’ascesa femminile.
D’altra parte non vi rendete conto che più gridate questi slogan e queste ricette, sorretti da quell’impianto ideologico contro la famiglia patriarcale, e più si diffondono comportamenti violenti e casi di femminicidi? Come intendete rimediare, con i campi di rieducazione sul modello della rivoluzione culturale cinese? Innalzando barriere di sospetto tra maschi e femmine, suggerendo che i maschi devono andare con i maschi e le femmine con le femmine? E se provaste a dubitare dei vostri anatemi e delle vostre ricette?
Scritto da Marcello Veneziani
Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321".
Immagini tratte dalla rete. Fonte: Arianna Editrice
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