La Sacra Sindone venne nascosta nella vecchia Caudium? La clamorosa "perla" spunta fuori dal profilo pubblico di Arturo Bascetta, fondatore della prestigiosa casa editrice ABE.
quale Caudium?
Il noto editore, nonché giornalista d'assalto, afferma da tempo che la nostra Valle Caudina non è quella ufficiale, citata negli scritti di Virgilio, ospite di Cocceo nell'attuale Bonea. Sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso alcuni studiosi vennero da queste parti ed effettuarono un’ambiziosa campagna di scavi archeologici per riesumare gli inestimabili resti dell'antica Caudio, la bellicosa capitale dei Caudini, sepolti dal tempo.
Incredibilmente furono rinvenute alcune cisterne dell'epoca ed una statua custodita nel Museo Nazionale di Napoli, oltre a qualche frammento di vetro. Le strutture murarie riemerse vennero associate alla villa di Cocceio, l'importante architetto dell’Imperatore Romano Ottaviano Augusto. La storia della nostra Valle Caudina, alla luce delle ricerche Bascettiane, conosciuta nel mondo accademico anche per la celebre sosta di Orazio e Virgilio nel 37 avanti Cristo, è tutta da riscrivere?
Un nuovo e sonoro schiaffo alla Nuova Caudium che deve affrontare, periodicamente, i feroci attacchi revisionisti da parte di esperti del settore. Qualcuno sostiene che la reale collocazione dell'area, menzionata da Tito Livio per la celebre battaglia della Forche Caudine del 321 dopo Cristo, sia senza dubbio altrove nel Molisannio.
Secondo Bascetta la vera Caudium sarebbe collocata appunto in Molise, tra Isernia e Campobasso. Si parla quindi di una roccaforte inespugnabile nei secoli dei secoli. Questa caratteristica territoriale spinse gli Angioini nel 1300 a nascondere la Sacra Sindone esattamente dove sorgeva Caudium.
La clamorosa rivelazione, però, ha anche un precedente storico, altrettanto misterioso e poco conosciuto. La stessa Sacra Sindone, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, venne occultata presso l’Abbazia di Montevergine in provincia di Avellino, ad uno schioppo di chilometri dalla Valle Caudina. Mistero nel mistero perché il Regno d'Italia avrebbe impugnato le armi solo nel giugno 1940, mentre lo spostamento risale addirittura al 7 settembre 1939. Fu il futuro papa Paolo VI a contattare l’abate Ramiro Marcone per comunicargli la decisione visti i rischi di eventuali bombardamenti nemici. Poco dopo, il 25 settembre, la reliquia delle reliquie fu portata in Irpinia all'interno di una semplice cassettina. Il Sacro telo venne poi messo sotto l’altare del Coretto da notte del cenobio fino alla fine del sanguinoso conflitto.
Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon) e indicava un ottimo tessuto di lino d'India. Anticamente il termine "sindone" era generico e non collegato alla sepoltura, ma oggi il termine è ormai diventato sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù. Secondo la tradizione religiosa, la σινδών avrebbe avvolto il corpo del Cristo deposto nel sepolcro dopo la crocifissione. In Irpinia arrivò di nascosto ripiegata dentro una sacra cassa d’argento.
Riportiamo per le lettrici ed i lettori de Lo Schiaffo 321 le graffianti parole di Arturo Bascetta, come al solito senza fronzoli e senza peli sulla lingua. Ricordiamo, per la cronaca, che l'amico Arturo ha sfornato, in decenni di accurata e massiccia attività, centinaia e centinaia pubblicazioni a firma della casa editrice ABE. Per l'esattezza ben oltre 750.
«Anche la Sindone era Napoletana! Nel 1338 i Castigliani - scrive l'editore di ABE - invasero le coste e occuparono il Monte Reale della Valle Regale del Bosco Reale fra Salerno e Napoli, sul Monte Marcone dove sedettero la Vedova Regina Sancia nella vecchia reggia del Santissimo Salvatore delle monache di Santa Chiara facendo rinascere Partenope in Costiera, ad Atrani. La Sacra Sindone fu salvata dagli Angioini in ritirata che la nascosero sotto l'Arca Magna nel bosco delle tre Marie, a Santa Maria della Cripta del Monteregale vicino Santa Maria del Monteverdi fra Isernia e Campobasso, sui ruderi de luogo più imprendibile di tutti i tempi: Caudium».
«Ma il terremoto del 1348 - precisa Bascetta - distrusse quelle antiche Chiese di Campobasso site lungo il fiume delle Forche Caudine, fra Via Francigena e la Via Latina, attuale Molise. Tutto andava ricostruito iniziando con una prima Marca del Regno di Dio. Così il la Regina di Napoli scappò in Savoia e il Papa ad Avignone. Da qui elevò a Marchese d'Italia, in nome della Chiesa, Amedeo di Savoia che ebbe l'ordine di liberare dalle macerie il sacro telo e di portarlo al sicuro insieme alle carte nelle terre della Regina Giovanna, come si legge nei suoi diari. Perciò alla Sacra Sindone fu data nuova dimora in una Chiesa col nuovo nome di Santa Maria del Monte Regalis a Mondovì. Dunque, cari professori da 5000 euro al mese, avere scritto, fino ad oggi, un sacco di panzanate».
ETà DELLA PIETRA?
Questo nuovo mistero Caudino potrebbe far riemergere un importante pezzo di storia sacra, nascosto nei meandri del tempo e forse nelle Diocesi del territorio. Dove venne nascosto il telo dal valore inestimabile? In quale Caudium, quella presunta del Molise o quella "classica" situata in Valle Caudina?
Bascetta non usa mezze parole, anzi replica con durezza ad un commento scritto in totale antitesi con la tesi revisionista, ora al centro della discussione storiografica anche sulla Via Francigena. In passato abbiamo ospitato su queste colonne digitali alcuni punti di vista alternativi, naturalmente rispettando la diversità di vedute.
La storiografia, sia chiaro, è una delicata disciplina scientifica che si occupa della descrizione della storia e comprende tutte le forme di interpretazione, di trattazione e trasmissione di fatti e accadimenti della vita degli individui e delle società del passato storico. Chi ha messo in dubbio la linea bascettiana sulla reale collocazione geografica di Caudium, come era prevedile, si è beccato una secca risposta alla Bascetta:
«Siete rimasti all'Età della pietra, anzi, delle "pietre antiche", visto che in Valle Caudina, non ce n'è nemmeno una. In verità, prima del 1348, non c'era nemmeno una mulattiera. Tanto è vero che - sottolinea l'irriducibile scrittore - la Regina Isabella, nel 1501, dovette scendere fuori Benevento per imboccare, a dorso di mulo, la via di Tufara Valle, onde risalire per Arpaia e finalmente raggiungere Acerra, dove era attesa. Figurati cosa ci potesse essere prima del 1500. Non oso immaginare: acquitrini, paludi e cipolle, tante cipolle, coltivate nei campi di Airola.
Per quanto riguarda Vico (Montesarchio) e Bonea, sulla via di Sant'Agata e della Valle di Maddaloni, è un'altra storia che risale al Principato del 1093 su un'ex Vico e che non c'entra con l'Appia Antica, tantomeno con l'immaginaria Via Francigena dei Franchi (quelli della Villa Franca del Castello di Arechi II, vicario di Carlo Magno, in Castelvetere dei Magni, capitale dell'Apulia), fra le tombe romane e lungo il Candelaro, come attestano le carte, fino a raggiungere la Chiesa di Santa Sofia in Canosa (ex Civitate Regina vicaria imperiale dei Capetingi e già di Costantinopoli)».
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