domenica 23 luglio 2023

Un fascio di note. La Musica alternativa di Destra in Italia (vista da Sinistra) cap. 1 | POLITICA

Un fascio di note. La Musica alternativa di Destra in Italia (vista da Sinistra)

La Musica Alternativa di Destra, vista da una ricercatrice di Sinistra, è un'analisi di un fenomeno artistico, musicale e culturale nascosto nei meandri della storia ufficiale. Riportiamo per le lettrici ed i lettori de Lo Schiaffo 321, divisa in più puntate, "Un fascio di note. La musica alternativa di Destra in Italia", una dettagliata analisi di Guerrieri, utile anche per aprire le "vedute" dell'avversario. Immancabile il riferimento al Campo Hobbit di Montesarchio del 1977.

Buona lettura.

1. Gli antesignani

1.1 Il Bagaglino, Europa Civiltà e il Movimento integralista

Nella primavera del 1980 “L’Espresso” attraverso la penna di Roberto Gatti, lancia l’allarme che i giovani di destra si stanno appropriando della musica pop, essendo – evidentemente – convinti che un fenomeno così importante non debba essere lasciato esclusivamente alla sinistra. Così – si dice – si sta dipingendo di “nero” quello che è stato sempre colorato di “rosso(1)

L’autore dell’articolo si riferisce al fatto che un “certo” mondo si sta avvicinando, ormai da tempo, ad un fenomeno musicale che non sembrerebbe essere stato di suo appannaggio. Nei mesi precedenti, infatti, una serie di articoli è stata pubblicata su un periodico della cosiddetta Nuova Destra, “Linea”, che dimostra che è presente un sempre più marcato interesse per questo genere musicale nell’ambiente giovanile di Destra (2).

Al di là dell’analisi di questo dibattito specifico, l’esistenza di questa diatriba dimostra che anche all’interno di “quel mondo” è presente una certa attenzione verso la musica rock. In realtà, l’interesse è per la musica in generale, anzi verso un modo di far musica che vuole essere “alternativo” non solo rispetto al panorama musicale e culturale della Sinistra, ma anche rispetto al repertorio tradizionale della destra politica. 

Gli antesignani di questo genere, che prende il nome di musica alternativa di destra, la quale si sviluppa negli anni Settanta, sono i componenti de Il Bagaglino, un circolo teatrale di Roma che ha le sue origini nel 1965. I fondatori de Il Bagaglino sono Luciano Cirri, il presidente del comitato direttivo e in quegli anni redattore capo de “Il Borghese”, Gianfranco Finaldi, Pierfrancesco Pingitore e Pietro Palombo, che ricoprono il ruolo di vicedirettore, redattore capo e redattore del settimanale “Lo Specchio”. Inoltre, vi sono anche Raffaele Della Bona, redattore de “Il Secolo d’Italia”, Mario Castellacci, giornalista della Rai e autore di una delle più famose canzoni scritte durante l’esperienza della Repubblica Sociale Italiana, L’amore coi fascisti (conosciuta anche come Le donne non ci vogliono più bene) (4), e Dimitri Gribanovski, un musicista che ha combattuto nell’Armata bianca contro i bolscevichi (5)
Gli artisti che si avvicendano sul palco de Il Bagaglino sono: Oreste Lionello, Pippo Franco, Pino Caruso (come primo attore e regista), Enrico Montesano, Toni Santagata, Gabriella Ferri, Tony Cucchiara, Pat Stark – moglie di Luciano Cirri – e soprattutto il cantante Leo Valeriano. I brani recitati e le canzoni proposte negli spettacoli de Il Bagaglino hanno l’obiettivo, in chiave satirica, di contrastare quella che viene percepita come l’omologazione culturale e musicale di sinistra. Basti pensare alla scelta di cantare nella serata del debutto, il 23 novembre 1965, da parte di tutta la compagnia, un brano, che può essere considerato la canzone manifesto di questo circolo teatrale, Bella Miao. Questo motivo è in un certo senso un biglietto da visita, poiché mette in luce l’intento di proporre una rielaborazione “altra”, in uno stile pungente e satirico, della celeberrima Bella Ciao, che da sempre simboleggia l’epopea partigiana, un qualcosa, appunto, di completamente estraneo a “quel mondo(6).

Altri precursori di quella che sarà la musica alternativa di Destra sono anche due formazioni politiche, Europa civiltà e il Movimento integralista, che sviluppatisi intono alla fine degli anni Sessanta, danno vita non solo ad esperienze politiche, ma anche artistiche (7).

Il Movimento integralista è stato il primo movimento ad adattare testi moderni alle musiche militari tedesche e italiane della seconda guerra mondiale, arrivando a creare, così, nuovi “inni” e “marce(8). Dalle marce del Movimento integralista, si passa a vere e proprie ballate attraverso l’esperienza di Europa civiltà, all’interno della quale nasce un’autentica produzione artistica originale, fatta di racconti, canti, poesie. Nei testi prodotti da Europa civiltà, vengono raccontate delle circostanze specifiche, ma vengono descritte come se fossero vissute in prima persona. I testi scritti da questa formazione, nella maggior parte dei casi, non sono circolati all’esterno Dell’ambiente politico di provenienza e sono rimasti inediti. Qualche volta, sono stati incisi e musicati negli anni successivi dai gruppi musicali di destra (9).

Come per esempio, il brano, Io credo, inciso per la prima volta solo nel 1977 dal gruppo veronese Zpm e pubblicato nel loro album Una voce controvento. La canzone è stata scritta e musicata da uno dei nomi di maggior rilievo all’interno di Europa civiltà, ossia la figura poliedrica di Carmine Asunis, che è stato un artista completo (poeta, musicista, pittore e scultore).

Questo componimento, dedicato a Jan Palach, che il 16 gennaio 1969 a Praga si è dato fuoco per protesta, con questo gesto estremo, contro la repressione attuata dal regime sovietico durante la cosiddetta Primavera di Praga, ricalca lo stile della struttura delle canzoni prodotte in Europa civiltà. L’autore, infatti, in un primo momento parla in terza persona, come se cercasse un dialogo con il protagonista della canzone:

So di te unicamente che sei morto,

so di te unicamente che hai lottato.

Eppure io ti conosco meglio di chiunque altro.

Ora che due metri di terra hanno ricoperto le tue ossa,

ora che l’ipocrisia inutile dei discorsi si è spenta,

ora che sei un ricordo, ora ti voglio parlare.

Poi successivamente sembra immedesimarsi direttamente in Palach, facendosi vessillo di una lotta compiuta per qualsiasi “uomo”, appunto, l’«uomo qualunque»:

Io combatto anche per te, uomo qualunque,

ma tu non mi ascolti;

io muoio anche per te, uomo qualunque,

e tu mi disprezzi.

Perché?

Non importa!

I miei occhi malinconici,

la mia splendente giovinezza,

il mio caldo sangue color rubino

io te lo dono, uomo qualunque.

Io non ho le tue ricchezze,

non voglio per me il tepore accogliente della tua casa.

Tutto ti lascio, anche la mia vita.

Io credo, non importa che cosa (10)!

Altri protagonisti di Europa e civiltà, insieme ad Asunis, sono Mario Polia, Massimo Forte, Pino Tosca. Ad Asunis presta la sua voce anche Stefania Vicinelli che in quegli anni collabora con Claudio Baglioni (11).

1.2 Il giardino dei supplizi

Nell’autunno del 1967, Luciano Cirri e Gianna Preda (ex ausiliaria della Repubblica Sociale Italiana e vice-direttrice del “Il Borghese”), uscendo da Il Bagaglino, formano Il Giardino dei supplizi, a cui si uniscono dopo breve tempo altri artisti allontanatisi anch’essi dal circolo teatrale originario: Pierfrancesco Pingitore, Dimitri Gribanovski, Pino Caruso (12), Oreste Lionello, Pat Stark, Gianfranco Funari (13).

Uno dei cantanti più rappresentativi de Il Giardino dei supplizi è Leo di Giannantonio, che userà lo pseudonimo di Leo Valeriano e che sarà anche attore e doppiatore. Valeriano può essere considerato uno dei più importanti “ispiratori” della musica alternativa di destra, perché affronta alcune tematiche legate ai riferimenti ideali dei giovani della destra neofascista di quegli anni e le sue canzoni rappresenteranno un punto di riferimento imprescindibile per quei giovani artisti. Le sue esibizioni, inoltre, sono spesso accompagnate da episodi clamorosi e simbolici.

Per esempio, il 31 dicembre del 1965 al Check Point Charlie (uno dei punti in cui si può attraversare il muro di Berlino) canta davanti alla polizia popolare tedesca la canzone Berlin che simboleggia un «vero e proprio inno alla libertà»(14). Alcuni versi della canzone recitano:

Berlin oh mein Berlin, Berlin,

Cantava nel sole ogni ragazzo

Che è morto per te.

E mentre il mondo invoca la pace

Sulle tue strade muore ogni giorno la libertà.

Fate parlare la Friederichstrasse….

Fate parlare la Brandeburger Tor.

Racconteranno di Seidel,

racconteranno di Fechter

e vi diranno le pene della mia bella città.

In questo brano, la Friederichstrasse è una strada tagliata dal muro su cui attraverso il punto di passaggio, Check Point Charlie, si passa da Berlino est a Berlino ovest; Brandeburger Tor è la Porta di Brandeburgo che è uno dei simboli della città divisa; Enrico Seidel, un ex campione di ciclismo, condannato all’ergastolo nel 1962 per aver aiutato a fuggire molte persone dalla Repubblica Democratica Tedesca attraverso dei tunnel sotterranei; Pietro Fechter nell’agosto del 1962 muore dopo un’ora di agonia perché cade a seguito delle raffiche sparate dalle guardie comuniste di frontiera mentre tenta di fuggire verso Berlino ovest attraverso il muro.

Budapest 1956

Un altro componimento significativo del cantante lucano con il quale, tra l’altro, è solito chiudere ogni sera lo spettacolo al cabaret, Il Giardino dei supplizi, è Budapest, scritto nel 1968. Il pezzo, dedicato alla rivolta degli ungheresi del 1956 e scritto e musicato dallo stesso Valeriano, è composto da brani cantati insieme ai versi originali di un poeta magiaro anonimo, consegnati all’artista da un profugo ungherese (15). I versi in poesia sono recitati dall’attore e doppiatore, Sandro Pellegrini. La canzone rappresenta un’accusa non tanto verso l’Urss, ma contro l’Occidente che sembrerebbe essere stato indifferente davanti al grido di aiuto del popolo Magiaro.

Tu borghese d’occidente,

tu hai moglie, figli e amante,

le tue case sono calde

e non ti va di rischiare per Budapest.

Tu borghese d’occidente

Hai raccolto sacchi d’oro

nati dal sangue magiaro

e poi ci hai incatenati

al gigante dell’Est.

Oh Budapest oh, Budapest!

[parlato]

E accuso!

E non accuso te, orda enorme d’Asia;

te orso brutale di Mosca che non riuscisti

ad essere europeo.

E non accuso te canaglia vile,

che hai voluto la nuova invasione dei Tartari per salvare così la tua esistenza.

Ma accuso te Occidente, che non hai ascoltato il nostro ultimo grido di aiuto.

Ti accuso! Occidente, che hai preferito l’Asia lontana al popolo di Santo Stefano.

Occidente non hai guadagnato tempo soltanto una mezz’ora!

E poi sulle rovine di Parigi, di Londra, di New York

Marceranno i nostri carri armati del nostro tiranno.

Ricorda allora tutto sarà compiuto,

anche la maledizione del magiaro da te abbandonato.

Ed io ti accuso Occidente,

domani anche tu piangerai

come il magiaro sconfitto

da te abbandonato a Budapest.

A Budapest…a Budapest!

Per questa canzone a Valeriano è stato consegnato un riconoscimento da parte dell’Associazione Scrittori Ungheresi (16). Inoltre, Tibor Tollas, poeta e dirigente del Movimento anticomunista ungherese Nemtezor, gli dedica una poesia, scritta appositamente per lui, dal titolo Roma (17).

note

  1. Roberto Gatti, Rock, rock, alalà!, in “L’Espresso”, 26 aprile 1980.
  2. Si vedano Claudio Fossati, Et voilà le Rock, in “Linea”, n. 21, 1 febbraio 1980; Claudio Fossati, Avanti March, in “Linea”, n. 22, 15 febbraio 1980; Telphone et voilà le rock!, in “Linea”, n. 23, 1 marzo 1980; Claudio Fossati, Rosso o Nero? È solo questione di….rock, in “Linea”, n. 26, 15 aprile 1980. Anche su altre riviste di area appaiono in quel periodo altri articoli che denotano l’interesse verso quel genere musicale, cfr., Maurizio Cabona, Il tuo disco è come un rock, 21 febbraio 1980.
  3. Il Bagaglino avrebbe dovuto chiamarsi il Bragaglino in onore di Anton Giulio Bragaglia, il futurista fondatore de il Teatro sperimentale degli indipendenti, ma gli eredi del regista e critico cinematografico non hanno fornito l’autorizzazione, così il Bragaglino, nel suo nome, perde la “r”, in Luciano Lanna, Filippo Rossi, Fascisti immaginari. Tutto quello che c’è da sapere sulla destra, Firenze, Vallecchi, 2003, p. 49.
  4. Alcune strofe della canzone recitano così: «Le donne non ci vogliono più bene/ perché portiamo la Camicia Nera/ ci hanno detto che siamo da catene, / ci hanno detto che siamo da galera./ L’amore coi fascisti non conviene,/ Meglio un vigliacco che non ha bandiera,/ uno che non ha sangue nelle vene,/ uno che serberà la pelle intera./ Ce ne freghiamo! La Signora Morte,/ fa la civetta in mezzo alla battaglia,/ si fa baciare solo dai soldati./ […]. Lasciate l’altre donne agl’imboscati». A questa canzone vi è stata la risposta delle donne con un brano (anonimo per il testo e per la musica) dal titolo, La risposta delle donne: «Le donne non vi vogliono più bene/ perché portate la camicia nera./ Non vi cucciate: cosa da galera/ fu giudicato Cristo, e da catene./ A voi fascisti, a voi non vi si conviene/ che rinnegò la Patria e la Bandiera,/ che donò al nemico tutta intera,/ chi ha stoppa in capo ed acqua nella vene./ Voi che correte il palio della morte, / la Patria onora e premio alla battaglia/ è il mirto che fiorisce pei soldati./ E un cuor di donna vi farà la corte/ che vi seguito sotto la mitraglia,/ un cuore che disprezza gli imboscati, in Dal risorgimento al fascismo. Due secoli di storia nei canti del popolo, Roma, edizioni Wage, 1985, pp. 129-130.
  5. In un’Informativa del questore di Roma, era scritto che il circolo teatrale de Il Bagaglino si era costituito per «stimolare negli associati un maggior interesse per il teatro e, al tempo stesso, per offrire loro un “ambiente sano” dove potersi ritrovare e trascorrere una buona serata», in Archivio Centrale dello Stato (Acs), Pubblica Sicurezza, Categoria G (1944-1986), busta 148, fascicolo 100/53, Informativa del questore di Roma, 24 novembre 1965.
  6. L. Lanna e F. Rossi, Fascisti immaginari, cit., p. 50.
  7. Gli antesignani, in Agenda 2007. La storia del 1977, Monza, Associazione Culturale Lorien, 2007, p. 32.
  8. Movimento integralista, in Associazione Culturale Lorien, visto il 30/09/2020.
  9. Ibidem.
  10. Agenda 2007, cit., p. 11.
  11. Europa Civiltà, in Associazione Culturale Lorien, visto il 30/09/2020.
  12. Una delle canzoni che Pino Caruso canta durante gli spettacoli de Il Giardino dei supplizi è Il mercenario di Lucera (scritta da Pingitore e musicata da Gribanovki). Il brano, molto intimista, è dedicato ai fascisti che nel secondo dopoguerra, decidendo di non deporre le armi, hanno lasciato l’Italia per cercare la “bella morte” in Africa. Racconta la storia di un mercenario italiano morto nel Congo dilaniato dalla guerra anticolonialista e dalle lotte tribali. Alcuni versi della canzone recitano così: «Son morto nel Katanga, venivo da Lucera,/ avevo quarant’anni e la fedina (camicia) nera./ Di me la gente dice ch’ero coi mercenari/ soltanto per bottino, soltanto per denari./ […] Amavo un’entraîneuse di razza congolese,/ ma l’ho perduta ai dadi con Jimmy l’irlandese./ Salvai monache e frati dal rogo del ribelle,/ ma l’Onu se ne frega se brucia la mia pelle./ E la mia pelle brucia perché sono mercenario,/ ma il Papa se ne frega e sgrana il suo rosario. / Evviva la morte mia. Viva la gioventù […]. Il lato “B” del disco, che contiene questa canzone, riporta un brano dedicato a Che Guevara, Addio Che, scritto anch’esso da Pingitore dopo la notizia della morte del rivoluzionario, e cantato da Gabriella Ferri. Ispirata all’eroe argentino è stata scritta anche un’altra canzone, C’era un ragazzo dalla barba nera, composta da Mario Castellacci insieme a Domenico Modugno e Silvano Spadaccino, in L. Lanna e F. Rossi, Fascisti immaginari, cit., p. 89. Sul rapporto fra il mito di Che Guevara e la destra si veda, Mario La Ferla, L’altro Che. Ernesto Guevara mito e simbolo della destra militante, Viterbo, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2009.
  13. Le origini: dal cabaret a Hobbit, in Agenda 2007, cit., p. 32. Il nuovo locale, situato a piazza Rondanini a Roma, prende il nome dalla rubrica di arte e cultura che Leo Longanesi ha creato, fin dal primo numero de “Il Borghese” dandole il medesimo titolo del romanzo erotico di O. Mirbeau, in L. Lanna e F. Rossi, Fascisti immaginari, cit., p. 51.
  14. Una voce italiana sul Muro di Berlino, in “Roma”, 11 luglio 1966.
  15. Leo Valeriano, C’era una volta il cabaret, Roma, Associazione Culturale Aurora Mediterranea, 2014 [1^ edizione 1996], p. 48.
  16. Cristina Di Giorgi, Ippolito Edmondo Ferrario, Il nostro canto libero. Il neofascismo e la musica alternativa: lotta politica e conflitto generazionale negli Anni di Piombo, Roma, Castelvecchi, p. 272.
  17. L. Valeriano, C’era una volta il cabaret, cit., pp. 61-62.

Le opinioni espresse nei contributi degli ospiti riflettono esclusivamente l'opinione del rispettivo autore e non corrispondono necessariamente a quelle della redazione de Lo Schiaffo 321. tratto da: Un fascio di note. La musica alternativa di destra in Italia, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 50, no. 5, dicembre 2020, doi:10.48276/issn.2280-8833.5381

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