BRIGANTAGGIO IN VALLE CAUDINA - La Banda La Gala per la restaurazione di Francesco II sul trono di Napoli?
La montagna del Taburno, in Valle Caudina, solenne ed austera per il colore bianco-grigio della pietra calcarea, al tempo di Carlo III di Borbone, era diventata nelle ampie spianate tra i 1000 e 1100 metri altimetrici, deposito estivo dei cavalli stalloni dell'esercito. All'improvviso, tra la fine del 1860 e l'inizio del 1861 se ne scopre l'importanza strategica, compresa com'è nella catena degli Appennini, per i cui i valichi i briganti possono scorrazzare attraverso la Campania, le Puglie e la Basilicata, nel tentativo di riconquistare Napoli ed impedire all'esercito piemontese le comunicazioni tra il Tirreno e l'Adriatico.
La fitta abetaia e il terreno accidentato, ben si prestano alla guerriglia. Cipriano La Gala, qui fissa il suo quartiere generale, di qui manovra ben trecento uomini organizzandoli in commando di non più di dieci persone, in continue sortite contro i territori di Cancello, Nola, Caserta, Limatola, Durazzano, Arpaia, Sant'Agata dei Goti, Cervinara. Obiettivo di Cipriano è la restaurazione di Francesco II sul trono di Napoli; arruola gli uomini pagandoli con il danaro che il comitato centrale borbonico gli invia tramite messi fidati; quando però le sovvenzioni non arrivano più, è costretto a provvedere da sé. Ricorre al sistema delle grassazioni e il 23 maggio 1861 estorce denaro in Avella, confinante con Cervinara a Michele Abate, Francesco Biancardi, Aniello d'Avanzo e Martino de Lucia.
Nello stesso giorno, sempre in Avella, sequestra un bambino di undici anni Vincenzo d'Avanzo; chiede e ottiene dal padre un riscatto in ragione di Lire 204, provviste di pasta, sale e tabacco. Il fanciullo si mostra docile; in pochi giorni di prigionia conquista la fiducia dei carcerieri, quindi col pretesto di raccogliere per loro fragole nel bosco, se la dà a gambe. Al processo testimonierà a favore di Cipriano, illustrando la buona indole del brigante, ma il La Gala negherà di averlo mai visto.
Un mese dopo, sull'imbrunire assalta 1'Ufficio del Ricevitore della Ferrovia di Cancello, portando via dalla cassa 314 lire e 50 centesimi. Indi procede ad una spedizione punitiva: l'uccisione del caffettiere Ferrara che ha fatto la spia contro di lui. Il brigante Antonio Pipolo lo fa legare ed incita gli altri a sparargli addosso. Dopo qualche esitazione, quattro colpi partono. Il Ferrara rotola su se stesso, mentre riceve il colpo di grazia all'orecchio. Il 27 luglio l'assalto alla corriera sulla strada di Cimitile (Na), si conclude con un tragico bilancio: muoiono Bartolo Cuminelli e Pietro Brocchieri Carabinieri di scorta; è ferito il postiglione, derubato il passeggero genovese Preve.
I BRIGANTI LA GALA: CAMORRISTI, STUPRATORI E CANNIBALI
Parliamo di una delle maggiori bande del Brigantaggio postunitario, quella dei fratelli La Gala, attiva in Valle Caudina oltre che in altre aree campane. Il suo capo e fondatore Cipriano La Gala, delinquente riconosciuto dal 1846, quando era stato condannato dalla magistratura delle Due Sicilie per furti e rapine.
Il 24 aprile 1855 la Gran corte criminale di Terra di Lavoro lo aveva condannato per omicidio a vent’anni di galera assieme al fratello Giona. Durante la sua permanenza in prigione egli era stato affiliato alla Camorra. Evase nell’agosto del 1860 dalla prigione di Castellammare di Stabia assieme a molti altri galeotti, con cui formò una sua grossa banda. Nel 1861 assaltò il carcere in cui era detenuto il fratello e lo fece fuggire con altri galeotti. La sua banda era praticamente un raggruppamento di bande, in cui si trovavano moltissimi evasi dal carcere e camorristi.
La loro attività preferita erano rapine ed estorsioni, in puro stile camorristico, ma compivano anche altri reati. La banda dei La Gala il 18 novembre 1861 assaltò una masseria a Sant’Agata dei Goti, rapinando i lavoratori e violentando tre contadine: le sorelle Maddalena e Lucia Di Giovanni e Orsola Nuzzo. Tutte e tre testimoniarono al processo contro i briganti. Maddalena de Lucia fu bendata, derubata con accurata perquisizione dei miseri beni personali (addirittura dei fazzoletti!) infine stuprata. Le altre due contadine furono denudate, picchiate e violentate a turno
L’episodio più famigerato dei La Gala è quello in cui si mangiarono un nemico personale. Molti briganti, fin dal 1799, furono infatti cannibali, come spiega il saggio del professor Luca Addante. Tornando ai La Gala, questi vollero così vendicarsi di un loro nemico personale, che era colpevole soltanto di aver litigato con loro quando erano tutti in carcere per reati comuni. De Cesare fu attirato in trappola dai briganti che dissero di volerlo incontrare in nome della vecchia amicizia, che egli credeva esistesse ancora.
De Cesare fu ammazzato, poi gli tagliarono parte di una gamba, la cucinarono e se la mangiarono. L’antropofagia dei briganti ebbe molti testimoni. Testimoniarono al processo contro i fratelli La Gala due loro vecchi briganti, Cosmo Matera e Antonio Sarracino complici dell’omicidio stesso, ed un sacerdote che era stato rapito dai briganti, con Alessandro Ruotolo. Altri testimoni furono don Pasquale De Cesare e Antonia Matera. Persino l’avvocato difensore di Cipriano La Gala, Ottavio Cecaro, ammise nella sua arringa finale che tutti i banditi avevano arrostito e mangiato il cadavere.
De Cesare fu anche castrato, non si sa se da vivo o da morto, ed un brigante della banda, soprannominato La Vecchiarella, si mise al collo come ciondolo i testicoli del cadavere.
Il pranzo in cui l’intera banda La Gala, senza esclusioni, pranzò con la carne di Francesco De Cesare non fu neppure l’unico suo atto d’antropofagia. In un’altra occasione fu tagliato un orecchio a un sacerdote sequestrato, don Giacomo Viscusi, secondo consuetudine in uso ai briganti meridionali per sollecitare il pagamento del riscatto dei rapiti, azione rimasta poi uguale nella ‘ndrangheta. Un membro della banda, il brigante Pasquale Papa, mangiò parte dell’orecchio, dicendo ad un altro brigante che la carne dei preti era buona. Viscusi si mise a pregare, sentendosi rispondere con una bestemmia.
Questi sarebbero stati gli “eroi guerriglieri del Re” di cui farneticano i revisionisti del Risorgimento! Orde di camorristi, stupratori, cannibali. Il capobrigante Cipriano La Gala disse a un avvocato da lui sequestrato per ottenere un riscatto, che cercava d’essere rilasciato dicendosi borbonico: «Tu hai studiato, sei avvocato, e credi che noi fatichiamo per Francesco II?».
Scritto da Peppino Contrariosi
Le opinioni espresse nei contributi degli ospiti riflettono esclusivamente l'opinione del rispettivo autore e non corrispondono necessariamente a quelle della redazione de Lo Schiaffo 321. Immagini tratte dalla rete. Per replicare scrivere a caudiumpatrianostra@gmail.com
fonti
- P. Cicchella, Il brigantaggio post-unitario nella campagna acerrana. Il brigante Curcio tra storia e leggenda, ristampa in formato digitale a cura della rivista “Artéria” <http://www. rivista-arteria.it/assets/applets/cicchella_brigantaggio_ad_acerra.pdf>
- G.C. Gallotti, Processo dei quattro briganti dell’Aunis. Cipriano La Gala e compagni innanzi alla Corte d’Assise di Santamaria Capuavetere., Nobile, Napoli 1864
- F. Barra, Il brigantaggio in Campania, in “Archivio storico per le provincie napoletane”, 101 (1983), pp. 65-168
- https://libro.cafe/libro/66419/un-banchetto-di-carne-umana-storia-criminale-dei-briganti-la-gala/
Nessun commento:
Posta un commento