giovedì 15 giugno 2023

La Valle Caudina, il Piano Kalergi, l'Ucraina e la misteriosa operazione di ingegneria sociale "Pan-Europa" | POLITICA (pt2)

Riceviamo e coraggiosamente pubblichiamo un'analisi politica eretica che mette la nostra Valle Caudina all'interno di una articolo che dividiamo in due parti.
Il riferimento al Campo Hobbit di Montesarchio in Valle Caudina è un passaggio molto importante ed utile per uno studio, aperto a 360 gradi e senza paraocchi. Ringraziamo il puntiglioso lettore che ci ha segnalato l'interessante punto di vista, abbastanza articolato come la sua lettera elettronica lusinghiera. Ribadiamo, altresì, la nostra totale apertura al dialogo e alla discussione intelligente e costruttiva mirata ed oculata.
Lo Schiaffo 321 è per lo scontro culturale!
Buona lettura.

Vediamo quindi dalla fine degli anni ’60 un neofascismo artefatto, artificiale, già manipolato dalle élites cripto-europeiste, secondo suggestioni verso cui i fascismi originari degli anni ’30 furono molto più impermeabili (del resto la contraddizione in termini fra un fascismo dottrina dello Stato-nazione e le idee dei neo e postfascismi di superamento dell’idea di nazione è così evidente da non lasciare dubbi sul fatto che fra le due dimensioni non vi sia veruna continuità reale!)

In questo modo veniva a crearsi un consenso europeista in tutte le aree politiche dalla sinistra comunista (che in quegli anni si staccava dal PCUS per creare l’eurocomunismo), fino all’estrema destra neofascista che gradualmente verrà “redenta”, in cambio della disponibilità ad edulcorarsi, e gradualmente cooptata in area parlamentare e di governo come abbiamo visto accadere grazie alle svolte di cui fu principale artefice Gianfranco Fini, con l’esperienza del centro-destra italiano. 

Nasce quindi quello che oggi sappiamo essere il “PUDE”:  “Partito Unico dell’Euro”. In questo scenario vediamo che alcune formazioni neo- o post-fasciste (o non si sa più cosa, visto il polimorfismo ideologico che vi si manifesta, in cerca di sempre nuove “sintesi”) difendono la costruzione europea come necessaria e ineluttabile, pur pretendendo di criticarne alcuni aspetti come l’orientamento economico liberal-capitalistico che queste dichiarano, senza neppure credervi, di poter riformare dall’interno e di trasformare poi in qualcosa di “più consono” alla propria visione.  

È scontato che a ciò non potranno arrivare, ma in cambio i loro dirigenti verrebbero compensati con agibilità politica, visibilità, possibilità di scrivere sui giornali ed altre regalie di questo livello. Opposizione fittizia che a volte non si nasconde e si traduce in manifesto sostegno: se si accede al sito www.oswaldmosley.com, alla voce ‘Europe a Nation’ compare in bella vista la scritta “United State of Europe” sullo sfondo della bandiera dell’attuale Unione Europea!

Un altro esempio di una sospetta filiazione para-kalergiana lo si può trovare nel recente “1° congresso Paneuropa”, tenutosi nell’ottobre del 2018 in Ucraina: con la sigla “Paneuropa” il gruppo banderista ucraino, atlantista e russofobo, “Corpi nazionali dell’Azov” cerca il gemellaggio con diverse sigle neofasciste europee e italiane. La sigla si associa immancabilmente con il simbolo della celtica gialla di Kalergi (quella con le braccia che non escono dal cerchio) peraltro sul fondo blu scuro dell’Unione Europea, diverso dall’azzurro chiaro dei colori nazionali ucraini. 

Difficile evitare di pensare a messaggi impliciti, del resto non sarà un caso se si parlò sin da subito di Euromaidan, dove già il nome tradisce il tentativo dell’Unione Europea, per conto della Nato, di reclutare il nazionalismo ucraino nella propria sfera di influenza e contro la Russia

Come all’inizio non ci si sforza di nascondere certe filiazioni – filiazioni comunque ignorate dai gregari e dai quadri, ma forse non ignote ai dirigenti – anche se oggi, a differenza dei tempi di Thiriart, la conoscenza della provenienza politica di quel simbolo si è resa evidente. È anche comprensibile che chi dirige certe meccaniche sociali usi questo apparato simbolico secondo la scienza dei simboli, conoscendo l’uso subliminale di essi. 

Oggi, che le opere di Kalergi sono note ad una platea più vasta, si sarà costretti a non abbandonare questo apparato simbolico, pena la perdita delle posizioni di potere psichico acquisito. La metodica che verrà tentata sarà a questo punto quella di riscoprire Kalergi, superando l’imbarazzo di farlo entrare nel novero dei pensatori di riferimento, sminuendone comunque l’importanza, oppure magari criticandone localmente alcune idee, allo scopo di “normalizzare” l’impatto psicologico derivato dalla scoperta dell’influsso che la sua organizzazione ha realmente esercitato. Insomma si cercherà di stendere un cordone sanitario per prevenire ogni possibile “teoria del complotto”. 

Torniamo ora indietro, prima che fosse concluso il disastro della guerra e si imponesse la necessità di ricominciare con altri regimi e un'altra classe politica. Si tenga conto che, ufficialmente, il Terzo Reich mise al bando Paneuropa, ma parliamo di un’organizzazione che associava aristocratici, ex diplomatici, banchieri, industriali: non mancavano quindi i contatti per tenere in piedi la struttura in regime di clandestinità, anche dopo l'Anschluss

Non a caso, curiosamente, Evola si trova a Vienna (fu la capitale degli Asburgo patria di Kalergi, nel frattempo riparato in Svizzera) alla fine della guerra nel '45 quando fu ferito. Cosa ci facesse Evola è un mistero (il gossip evoliano dice che fosse a lavorare per conto della Ahnenerbe sulla “decifrazione” di documenti massonici ma è poco credibile: le SS lo sorvegliavano, era un individuo da controllare, non un collaboratore; e il non essere massone rende l'idea che fosse impiegato come studioso del settore praticamente inverosimile). 

Giulio Evola

Non va dimenticato poi che Evola negli anni prima della guerra si occupava di svolgere, per sua ammissione, alcuni incarichi “diplomatici” (vedasi suoi viaggi in Ungheria, Romania etc.), non si sa per conto di chi e su questo la biografia di Evola mostra delle reticenze. Non dobbiamo perdere di vista alcuni dati essenziali: a Paneuropa aderivano tutte figure importantissime ma una in particolare, il politico proto-europeista Ottone di Asburgo-Lorena, che sarebbe stato erede al trono dell’impero asburgico se esso non fosse caduto nel 1918 e che poteva disporre ancora di un notevole patrimonio economico personale, oltre che di una rete di contatti fedeli, per potere finanziare e contribuire in modo sostanziale alla costruzione di cui Kalergi fu solo uno dei divulgatori. 

Otto von Habsburg

E nel 2004, alla morte dell’eminenza grigia Otto von Habsburg, già parlamentare europeo della CSU nella sua longeva parabola personale, ai suoi funerali il feretro fu accompagnato non solo dalle bandiere imperiali della Casa d’Asburgo, ma anche da quelle dell’associazione Paneuropa, con la Croce celtica rossa su cerchio giallo e sullo sfondo blu stellato dell’Unione Europea. 

Evola nutriva una vera infatuazione per gli Asburgo e il modello imperiale, e chissà che non abbia fatto da ponte per qualche organizzazione clandestina che sotto la veste paneuropea non operasse per la restaurazione del potere asburgico, sia pure in una veste ormai sinarchica e tecnocratica

La nostra è, in questo caso, una semplice ipotesi. L’imperialismo evoliano  e la sua critica al nazionalismo e all’idea di nazione (in quanto “moderna” e “giacobina”) tesi che già compare in quegli anni in Rivolta contro il mondo moderno, fu un vero booster per tutti i successivi movimenti neo-fascisti che, in contrasto con il Fascismo autentico, nazional-rivoluzionario, si muovevano già in un ottica paneuropea e anti-nazionalistica e rifiutavano il modello giuridico e politico tecnicamente e autenticamente fascista

La lettura evoliana fu una vera fortuna per le derive paneuropee del neo-fascismo, dopo che Evola provò negli anni ’30, piuttosto infruttuosamente, ad influenzare i movimenti e i governi fascisti dell’epoca. In realtà non sappiamo che posizione avesse Evola rispetto al “Paneuropeismo” di Kalergi, osserviamo però che a quanto risulta non si espresse mai negli ultimi decenni di vita, nei suoi articoli su giornali e riviste, in merito all’allora in corso progetto di integrazione europea. 

Un silenzio assordante e, forse, reticente…  

La nostra ipotesi è che Paneuropa sia nata come tentativo, dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale – prima tentando per via politica ufficiale, poi con il lobbying – di ricostruire il potere imperiale asburgico ed anzi estenderlo, sia pure nella forma di un nuovo ordine europeo, azzerando il processo di autodeterminazione dei popoli affermato attraverso i risorgimenti nazionali di cui la Grande Guerra fu il culmine. Così i “vinti torvi imperi” della canzone del Piave, trovarono modo di ri-organizzarsi in un nuovo modello politico. A conferma di ciò rileviamo che il nome di Magna Europa (la versione latina di Paneuropa) è ripreso anche da Alleanza Cattolica, formazione tradizionalista di estrema destra, attualmente presieduta da Massimo Introvigne, il cui organo ufficiale, Cristianità (n. 261, 2011) in un articolo in occasione dei funerali di Ottone d’Asburgo presentava Kalergi come il rifondatore del Sacro Romano Impero distrutto dalla Grande Guerra

Il tentativo iniziale di infiltrazione da parte di Paneuropa verso i fascismi non fu possibile, in primis per la naturale opposizione che questo modello avrebbe trovato presso l’ideologia fascista (che è invece l’espressione più sistematica dello Stato Nazione come principio), in secundis per il fatto che l’organizzazione fu messa al bando dal Terzo Reich. Di fatto, malgrado un certo successo presso Mosley e uno più timido nel fascismo italiano ormai prossimo alla capitolazione, la Paneuropa di Kalergi non riscontrò grossi entusiasmi presso i governi fascisti. 

Il fatto che poi questi regimi furono spazzati via dalla Guerra tolse ogni prospettiva ad una futura apertura, ma il proteo paneuropeo era comunque in azione, e presto si sarebbe rivolto alla nuova classe politica antifascista e ai più vicini collaboratori, quelli “del Manifesto di Ventotene”, la corrente liberale dello stesso comune progetto autoritario e sinarchico dello Stato europeo. 

Le élites hanno giocato su più tavoli, perché questa era ragionevolmente la strategia più vincente. Il neo-fascismo fu un veicolo marginale (non era un movimento di massa né di governo, tuttavia poteva diventarlo e in chiave strategica era necessario manovrarlo). E mentre l’estrema sinistra era meno incline a subire questa manipolazione essendo ancorata alla monolitica ortodossia marxista, per il neofascismo che si dimostrò subito un laboratorio di varie ibridazioni politiche la cosa fu molto più semplice, mercé anche un imprinting che alcune figure di spicco dell’area avevano già ricevuto (esemplare il caso di Mosley, probabilmente morso dal ragno di Kalergi e sarebbe interessante scoprire se vi fossero anche contatti diretti fra i due) e anche perché l’estrema destra non ebbe una vera ortodossia essendo stata ricettacolo di vari filoni, da quello autenticamente nazional-rivoluzionario, giacobino, a reazionario, ultracattolico, conservatore, difensore del feudalesimo e delle strutture giuridiche premoderne, di cui Evola, pur non cattolico ma incline ad accostate con il potere asburgico, fu certamente uno dei più energici interpreti. 

Questo coacervo trasversale ed incoerente, che si muoveva sul rifiuto più o meno diretto della “Dottrina fascista dello Stato” (troppo moderna, giacobina e illuministica) fu un naturale campo di sperimentazione ideologica. 

Ciò che serviva era creare un deposito ideologico anti-nazionale, funzionale al processo di devoluzione degli Stati nazionali, che ovviamente era un vero tradimento dell’ideologia fascista, anzi questa manipolazione sembra addirittura una vera e propria “inversione” della direzione politica originaria di quell’area. Per ottenere una tale completa manipolazione speculare a sinistra, ci volle molto più tempo, la crisi dell’URSS e dell’ideologia marxista fu il passo necessario perché ciò potesse avere pieno compimento. Riteniamo comunque che ci sia un evento speculare a sinistra: l’imporsi della Scuola di Francoforte, nata in un arco piuttosto lungo, ma la cui affermazione come ampio modello culturale cominciò anche qui nello stesso periodo in cui nascevano i prodromi della Nouvelle Droite, gli anni ’60-’70. 

Nasceva ora il nucleo di una sinistra post-marxista, ‘liberal’, decostruzionista, che non aveva più una classe sociale popolare di riferimento e che, come stiamo vedendo, si presta benissimo ad integrare l’agenda politica delle élites liberiste in America ed ordoliberali in Europa: è il ‘Marxismo culturale’ la corrente di sinistra funzionale alle centrali di potere globaliste, o se vogliamo l’ideologia della corrente progressista di queste élites, così come l’ala conservatrice ha le sue. 

Tale tradimento funzionale del ‘Marxismo culturale’ fu ampiamente denunciato ad esempio dal filosofo marxista Costanzo Preve che ne denunciò l’impostura ideologica. E forse ci riserviamo di trattare l’evoluzione della sinistra post-comunista in un altro scritto. 

È stata una sventura che a destra non vi sia mai stato nessun Preve in grado di denunciare pubblicamente le manipolazioni che specularmente avvenivano nel “neo-fascismo”. Ma qui il tradimento è più circoscritto: il neo-fascismo tradisce il prototipo originario meno sul piano socio-economico (in realtà la Nouvelle Droite si limita ad una critica sociale al capitalismo mondialista, sulla scia dello stesso fascismo), perché il suo tradimento è solo verso l’ormai rifiutato nazionalismo e il modello giuridico dello Stato nazionale, essendo tale neofascismo funzionale alla struttura neo-imperiale dell’Europa tecnocratizzata

Per il resto la natura autoritaria, anti-democratica e anti-rappresentativa del Progetto europeo si sposa bene con l’aspetto formale del gerarchismo di tali correnti che hanno sempre visto negativamente le democrazie rappresentative, un po’ meno invece con l’ala del “fascismo-movimento” che potrebbe rifarsi a un’idea quasi “Corridoniana” di partecipazione popolare come democrazia diretta (poco compatibile con il modello tecnocratico dell’Unione Europea). 

Da questa analisi dei simboli, delle idee e dei programmi emerge quindi la natura “strumentale” di tali neofascismi sintetici, veri e propri prodotti di laboratorio geneticamente modificati.

Filippo Corridoni

Rimangono delle considerazioni a margine, ma di importanza centrale. Il fatto che il progetto europeista, sorto come per magia già bello e formato, con un’intera classe politica disposta ad accettarlo e attuarlo, deve far sorgere più di un dubbio a chi si interroga sulla terza dimensione della Storia. È difficilmente negabile che si è in presenza di un “piano”, a cui hanno aderito più generazioni come per un tacito accordo praticamente unanime, fatta eccezione per le relative resistenze di De Gaulle, che infatti ostacolò l’attuazione del “piano”, proponendo modelli di cooperazione alternativi e non federali. 

Si può quindi supporre la presenza di un gruppo di cui Paneuropa non era  altro che il messaggero o rappresentante esterno come spesso succede per le società segrete. Solo da pochi anni l’esistenza di Paneuropa – sebbene non fosse un’organizzazione clandestina – è giunta alla conoscenza di un pubblico più vasto, essendo in realtà nota per lo più ai dirigenti politici europei. Ci viene fatto di pensare che tale organizzazione fosse solamente una cerniera esterna di gruppi di potere più occulti, che lavorassero allo stesso fine su più livelli. 

Già prima che si parlasse pubblicamente dell’influsso del semisconosciuto Kalergi sul progetto europeista, vi era chi raccoglieva informazioni su queste forze occulte che, sotto il nome generico di “Struttura”, lavoravano per preparare il terreno per questo avveniristico progetto politico. Ci riferiamo ai memoriali raccolti da Paolo Rumor, figlio dell’esponente di punta della DC, Giacomo Rumor, ed esposti nel suo libro L’Altra Europa, recentemente ristampato ed ampliato in collaborazione con Loris Bagnara e Giorgio Galli (Panda Edizioni). 

Vi si parla delle trattative segrete che portarono alla stipula dei Trattati di Roma (1957) ma sullo sfondo di un progetto unionista sostenuto da un’organizzazione segreta in piedi da più di un secolo, e che già dalla Prima Guerra Mondiale incontrò il sostegno degli Stati Uniti e la mediazione del Vaticano. L’organizzazione indicata come “Struttura” nei memoriali di Rumor, risaliva almeno al 1870 (stando alla lettera del Card. Spellman a Rumor), si basava su un documento fondativo (“Protocolli dei Priori”) e godette da un certo punto in poi dell’appoggio di una importante casata (che a questo punto noi suggeriamo, con il senno di poi, potessero essere forse gli Asburgo). Secondo i memoriali di Rumor, il programma politico contenuto in questi Protocolli sarebbe stato utilizzato, almeno in parte, per l’impostazione delle prime fasi dell’integrazione europea ai tempi di Schumann.

Il quadro che ne emergeva sembrava essere quello di un progetto politico illuminista e dirigista per una costruzione radicalmente laica, in cui l’elemento delle identità nazionali sarebbe stato fatto gradualmente retrocedere, e la cui dirigenza avrebbe avuto dei caratteri fortemente elitari. Sono tratti che troviamo senza dubbio nell’attuale Unione Europea.

Senza entrare oltre nella questione dei memoriali Rumor, ma unendovi in modo incrociato i dati sui movimenti di Kalergi – che doveva essere uno degli esecutori esterni più entusiasti ed originali di questo progetto, ma che al tempo stesso era solo l’“ufficiale di collegamento” e non certo l’ideatore di nulla, come ingenuamente ci attribuiscono gli anti-cospirazionisti – emerge comunque un quadro perfettamente coerente: quello di una struttura di potere ramificata, occulta, che non ha una precisa identità ideologica (se non la propria, oligarchico-elitista),  ma che sa perfettamente servirsi di tutte le ideologie, infiltrandole e manipolandole, per renderle disponibili ad assecondare i proprio scopi: 
Kalergi e moglie
un’organizzazione che provò ad influenzare, senza successo i movimenti fascisti, che ci riprovò nel dopoguerra con le forze antifasciste ormai al governo, ma anche creando, da un certo momento in poi, la struttura artificiale di un neo-fascismo del tutto modificato che proponeva un progetto politico sostanzialmente identico a quello che le élites stavano già attuando, quindi trasformando dei potenziali resistenti nei futuri pretoriani del potere. 

Ne emerge la visione di un establishment di potere tecnocratico, che sta mettendo fuori gioco la democrazia rappresentativa, che ha sconfitto le due grandi ideologie del Novecento, il Fascismo e il Comunismo, e che si è servito dei loro cadaveri vuoti, applicando in modo esemplare uno dei Trentasei stratagemmi del classico strategico cinese:

“Prendi a prestito un cadavere per risuscitarne lo spirito”.

Scritto da Gianluca Fabbri


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