Ma ritorniamo per un istante sul fatto di introdurre le abitudini alla discussione in ambiti ove essa non ha niente a che fare, e diciamo chiaramente che: l’attitudine «apologetica» è, di per sé, un’attitudine estremamente debole, perché essa è puramente «difensiva», nel senso giuridico del termine; non a caso è designata con un termine che deriva da «apologia», il cui significato proprio è quello di arringa da avvocato, e in una lingua come l’inglese ha finito con l’assumere comunemente l’accezione di «scusa»; l’importanza preponderante accordata all’«apologetica» è, dunque, il marchio incontestabile di una regressione dello spirito religioso.
Questa debolezza si accentua ancora quando l’«apologetica» degenera, come abbiamo detto poco fa, in discussioni che sono del tutto «profane» in quanto al metodo ed al punto di vista, discussioni in cui la religione è posta sullo stesso piano delle teorie filosofiche e scientifiche, o pseudo-scientifiche, fra le più contingenti e le più ipotetiche, ed in cui si arriva, per mostrarsi «concilianti», fino ad ammettere in una certa misura delle concezioni che sono state inventate solo per rovinare ogni religione; quelli che agiscono così forniscono loro stessi la prova che non hanno assolutamente coscienza del vero carattere della dottrina di cui si credono i rappresentanti più o meno autorizzati.
Coloro che sono qualificati per parlare in nome di una dottrina tradizionale non devono discutere con i «profani» né devono fare della «polemica»; devono solo esporre la dottrina così com’è, per quelli che possono comprenderla, e devono denunciare l’errore ovunque esso si trovi, facendolo apparire tale col proiettare su di esso la luce della vera conoscenza; il loro compito non consiste nell’ingaggiare una lotta compromettendovi la dottrina, ma nel portare il giudizio che hanno il diritto di formulare se effettivamente possiedono i principi che devono ispirarli infallibilmente.
Il dominio della lotta è quello dell’azione, vale a dire il dominio individuale e temporale; il «motore immobile» produce e dirige il movimento senza esservi coinvolto; la conoscenza illumina l’azione senza partecipare alle sue vicissitudini; lo spirituale guida il temporale senza confondervisi; così che ogni cosa rimane nel suo ordine, al rango che le appartiene nella gerarchia universale; ma, nel mondo moderno, dov’è che si trova ancora la nozione di una vera gerarchia?
Niente e nessuno è più nel posto ove dovrebbe normalmente essere; gli uomini non riconoscono più alcuna autorità effettiva nell’ordine spirituale, né alcun potere legittimo nell’ordine temporale; i «profani» si permettono di discutere delle cose sacre, di contestarne il carattere e peno la stessa esistenza; è l’inferiore che giudica il superiore, l’ignorante che impone dei limiti alla saggezza, l’errore che anticipa la verità, l’umano che si sostituisce al divino, la terra che prevale sul cielo, l’individuo che si fa misura di ogni cosa e pretende di dettare all’universo delle leggi tratte interamente dalla propria ragione relativa e fallibile.
«Guai a voi, guide cieche» è detto nel Vangelo, e in effetti oggi si vedono dappertutto dei ciechi che conducono altri ciechi, e che, se non saranno fermati in tempo, finiranno fatalmente per condurli nell’abisso, ove gli uni periranno con gli altri.
Scritto da René Guénon
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