Il capitalismo rimane sempre quella roba lì che tutto mercifica in funzione del profitto, e del potere, che aumenta in relazione al primo. Mercificazione che rende strumentale i rapporti umani al punto di capovolgerli di senso.
Per cui, diventa sempre più complicato distinguere la sincerità dall’inganno, visto che tutto è inquinato dall’etica del profitto. Ma oggi la relazione capitalismo-profitto, nei mercati più “evoluti”, passa sempre meno per la vendita del prodotto in sé, che deve conquistarsi la domanda attraverso la “bontà” declamata. Il capitalismo odierno ha bisogno di conquistare il cuore e la mente dei consumatori, ha bisogno di imporre il suo “punto di vista”.
Un punto di vista capace sì di predisporre all’acquisto della merce proposta, ma che introduca nella testa del consumatore l’idea che quella sia la cosa “giusta” da fare. Il cosiddetto capitalismo della sorveglianza è tutto qua: pilotarci al punto da farci credere di essere noi i timonieri.
Che si tratti di manipolare le coscienze, per renderle compatibili alle nuove esigenze di mercato, ce lo spiega bene Boni Castellane oggi, nel suo articolo “Nel nuovo capitalismo l’industria vende dottrine, non prodotti”, dove lo spunto è offerto dai licenziamenti decisi da Musk per Twitter. In Twitter lavoravano schiere di dipendenti il cui compito principale era quello di misurare e selezionare i contenuti degli utenti, valutandone la cifra di “woke” contenuta in essi. “Lavorare” in Twitter consisteva, dice il nostro Castellane, nel vagliare e censurare ciò che gli utenti scrivevano e questo ben oltre la naturale funzione di moderazione e di limitazione per i trasgressori delle regole. Esclusivamente i contenuti in linea con i capisaldi della cultura “woke” potevano contare non solo sull’impunità ma sul più convinto sostegno.
Castellane conclude il suo articolo affermando che nella società della fine del lavoro il compito principale dei marchi mondiali di vertice non è quello di vendere prodotti: i social non producono niente, al massimo fanno pubblicità, le case di moda non vendono a un vasto pubblico, e ciò perché l’unica cosa che conta davvero è il messaggio politico, l’indottrinamento culturale, la definizione di bene e di male, gli stili di vita suggeriti.
Ciò che si vende è essenzialmente messaggio culturale, perché la mente del consumatore deve essere plasmata, quella è la vera finalità dei mercati più avanzati, i quali servono per mostrare come bisogna vivere, cosa pensare, quali limiti oltrepassare, in che modo e in che momento. A quel punto vendere un prodotto è l’ultimo dei problemi. Bravo Castellane!
D’altronde come non rendersi conto come, per esempio, che nell’attuale campionato mondiale in Qatar l’oggetto non sia il calcio, ma come i calciatori, nonostante gli accordi Fifa-Qatar, riescano a far passare il messaggio che sembra essere diventato la ragione di vita del nuovo capitalismo: la dottrina Lgbt. Tutto il resto è noia.
Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Immagini tratte dalla rete.
Fonte:ariannaeditrice.it
Nessun commento:
Posta un commento