lunedì 24 ottobre 2022

M. le parole del figlio del secolo - Il discorso di Napoli (24 ottobre 1922) | STORIA#2


M.le parole del figlio del secolo

Esattamente cento anni fa, il 24 ottobre 1922, a Napoli si fecero le prove generali in vista della Marcia su Roma prevista il 28 ed ormai alle porte della Storia d'Italia e d'Europa. Infatti, solo quattro giorni dopo l'adunata in Campania, le Camicie Nere saranno protagoniste della Rivoluzione. “Siamo venuti a Napoli – disse il Duce iniziando il discorso sul palco del Teatro San Carlo – da ogni parte d’Italia a compiere un rito di fraternità e amore. Sono qui con noi i fratelli della sponda dalmatica tradita, sono qui i fascisti di Trieste, dell’Istria, della Venezia tridentina, di tutta l’Italia settentrionale; sono qui anche i fascisti delle isole, della Sicilia e della Sardegna". Nonché, aggiungiamo noi, le Coorti della Valle Caudina, guidate da Clino Ricci. Tratteremo l'argomento in uno speciale a sé. Ecco a Voi, care lettrici e cari lettori de Lo Schiaffo321, la seconda e ultima parte del famoso "Discorso di Napoli", antipasto corposo del 28 Ottobre.

Buona lettura.

IL DISCORSO DI NAPOLI

Abbiamo chiesto precisamente il Ministero degli Esteri quello della Guerra quello della Marina quello del Lavoro e quello dei Lavori Pubblici. Io sono sicuro che nessuno di voi troverà eccessive queste nostre richieste. Ed a completarvi il quadro aggiungerò che in questa soluzione legalitaria era esclusa la mia diretta partecipazione al Governo e dirò anche le ragioni che sono chiare alla mente quando pensiate che per mantenere ancora nel pugno il Fascismo io debbo avere una vasta elasticità di movimento anche ai fini dirò così giornalistici e polemici.

Che cosa si è risposto? Nulla! Peggio ancora si è risposto in un modo ridicolo. Malgrado tutto nessuno degli uomini politici d'Italia ha saputo varcare le soglie di Montecitorio per vedere il problema del Paese. Si è fatto un computo meschino delle nostre forze si è parlato di ministri senza portafogli come se ciò dopo le prove più o meno miserevoli della guerra non fosse il colmo di ogni umano e politico assurdo. Si è parlato di sottoportafogli: ma tutto ciò è irrisorio. Noi fascisti non intendiamo andare al potere per la porta di servizio; noi fascisti non intendiamo rinunciare alla nostra formidabile primogenitura ideale per un piatto miserevole di lenticchie ministeriali
Perché noi abbiamo la visione che si può chiamare storica del problema di fronte all'altra visione che si può chiamare politica e parlamentare.

      Non si tratta di combinare ancora un Governo purchessia più o meno vitale: si tratta di immettere nello Stato liberale — che ha assolti i suoi compiti che sono stati grandiosi e che noi non dimentichiamo — di immettere nello Stato liberale tutta la forza delle nuove generazioni italiane che sono uscite dalla guerra e dalla vittoria. Questo è essenziale ai fini dello Stato non solo ma ai fini della Storia della Nazione. Ed allora?

Allora o signori il problema non compreso nei suoi termini storici si imposta e diventa un problema di forza. Del resto tutte le volte che nella storia si determinano dei forti contrasti d'Interessi e d'idee è la forza che all'ultimo decide. Ecco perché noi abbiamo raccolte e potentemente inquadrate e ferreamente disciplinate le nostre legioni: perché se l'urto dovesse decidersi sul terreno della forza la vittoria tocchi a noi. Noi ne siamo degni; tocchi al popolo italiano che ne ha il diritto che ne ha il dovere di liberare la sua vita politica e spirituale da tutte quelle incrostazioni parassitarie del passato che non può prolungarsi perennemente nel presente perché ucciderebbe l'avvenire.

      E allora si comprende perfettamente che i governanti di Roma cerchino di creare degli equivoci e dei diversivi; che cerchino di turbare la compagine del Fascismo e cerchino di formare una soluzione di continuità tra l'anima del Fascismo e l'anima nazionale; che ci pongano di fronte a dei problemi. Questi problemi hanno il nome di monarchia di esercito di pacificazione.

      Credetemi non è per rendere un omaggio al lealismo assai quadrato del popolo meridionale se io torno a precisare ancora una volta la posizione storica e politica del Fascismo nei confronti della monarchia.

      Ho già detto che discutere sulla bontà o sulla malvagità in assoluto ed in astratto è perfettamente assurdo. Ogni popolo in ogni epoca della sua storia in determinate condizioni di tempo di luogo e di ambiente ha il suo regime.

      Nessun dubbio che il regime unitario della vita italiana si appoggia saldamente alla monarchia di Savoia. Nessun dubbio anche che la monarchia italiana per le sue origini per gli sviluppi della sua storia non può opporsi a quelle che sono le tendenze della nuova forza nazionale. Non si oppose quando concesse lo Statuto non si oppose quando il popolo italiano — sia pure in minoranza una minoranza intelligente e volitiva — chiese e volle la guerra. Avrebbe ragione di opporsi oggi che il Fascismo non intende di attaccare il regime nelle sue manifestazioni immanenti ma piuttosto intende liberarlo da tutte le super-strutture che aduggiano la posizione storica di questo istituto e nello stesso tempo comprimono tutte le tendenze del nostro animo?

Inutilmente i nostri avversari cercano di perpetuare l'equivoco. Il Parlamento o signori e tutto l'armamentario della democrazia non hanno niente a che vedere con l'istituto monarchico. Non solo ma si aggiunga che noi non vogliamo togliere al popolo il suo giocattolo (il Parlamento). 

Diciamo «giocattolo» perché gran parte del popolo italiano lo stima per tale. Mi sapete voi dire per esempio perché su undici milioni di elettori ce ne sono sei che se ne infischiano di votare? Potrebbe darsi però che se domani si strappasse loro il giocattolo se ne mostrassero dispiacenti. Ma noi non lo strapperemo. In fondo ciò che ci divide dalla democrazia è la nostra mentalità è il nostro metodo.

La democrazia crede che i principi siano immutabili in quanto siano applicabili in ogni tempo in ogni luogo in ogni evenienza. Noi non crediamo che la storia si ripeta noi non crediamo che la storia sia un itinerario obbligato noi non crediamo che dopo la democrazia debba venire la super-democrazia!

      Se la democrazia è stata utile ed efficace per la Nazione nel secolo XIX può darsi che nel secolo XX sia qualche altra forma politica che potenzi di più la comunione della società nazionale. Nemmeno adunque lo spauracchio della nostra antidemocrazia può giovare a determinare quella soluzione di continuità di cui vi parlavo dianzi.

      Quanto poi alle altre istituzioni in cui si impersona il regime in cui si esalta la Nazione — parlo dell'Esercito — l'Esercito sappia che noi manipolo di pochi e di audaci lo abbiamo difeso quando i ministri consigliavano gli ufficiali di andare in borghese per evitare conflitti!

      Noi abbiamo creato il nostro mito. Il mito è una fede è una passione. Non è necessario che sia una realtà. È una realtà nel fatto che è un pungolo che è una speranza che è fede che è coraggio. Il nostro mito è la Nazione il nostro mito è la grandezza della Nazione! E a questo mito a questa grandezza che noi vogliamo tradurre in una realtà completa noi subordiniamo tutto il resto.

Per noi la Nazione è soprattutto spirito e non è soltanto territorio. Ci sono Stati che hanno avuto immensi territori e che non lasciarono traccia alcuna nella storia umana. Non è soltanto numero perché si ebbero nella storia degli Stati piccolissimi microscopici che hanno lasciato documenti memorabili imperituri nell'arte e nella filosofia.

      La grandezza della Nazione è il complesso di tutte queste virtù di tutte queste condizioni. Una Nazione è grande quando traduce nella realtà la forza del suo spirito. Roma è grande quando da piccola democrazia rurale a poco a poco allaga del ritmo del suo spirito tutta l'Italia poi si incontra con i guerrieri di Cartagine e deve battersi contro di loro. È la prima guerra della storia una delle prime. Poi a poco a poco porta le aquile agli estremi confini della terra ma ancora e sempre l'Impero Romano è una creazione dello spirito poiché le armi prima che dalle braccia erano puntate dallo spirito dei legionari romani. 

Ora dunque noi vogliamo la grandezza della Nazione nel senso materiale e spirituale. Ecco perché noi facciamo del Sindacalismo.  Noi non lo facciamo perché crediamo che la massa in quanto numero in quanto quantità possa creare qualche cosa di duraturo nella storia. Questa mitologia della bassa letteratura socialista noi la respingiamo. Ma le masse laboriose esistono nella Nazione. Sono gran parte della Nazione sono necessarie alla vita della Nazione ed in pace ed in guerra. Respingerle non si può e non si deve. Educarle si può e si deve; proteggere i loro giusti interessi si può e si deve!

      Si dice: «Volete dunque perpetuare questo stato di guerriglia civile che travaglia la Nazione?». No. 

In fondo i primi a soffrire di questo stillicidio rissoso domenicale con morti e feriti siamo noi. Io sono stato il primo a tentare di buttare delle passerelle pacificatrici tra noi ed il cosiddetto mondo sovversivo italiano. Anzi ultimamente ho firmato un concordato con lieto animo: prima di tutto perché mi veniva richiesto da Gabriele d'Annunzio; in secondo luogo perché era un'altra tappa o ritengo che sia un'altra tappa verso la pacificazione nazionale. 

Ma noi non siamo d'altra parte delle piccole femminucce isteriche che vogliono ad ogni minuto allarmarsi di quello che succede. Noi non abbiamo una visione apocalittica catastrofica della storia. Il problema finanziario dello Stato di cui molto si parla è un problema di volontà politica. I milioni e i miliardi li risparmierete se avrete al Governo degli uomini che abbiano il coraggio di dire no ad ogni richiesta. Ma finché non porterete sul terreno politico anche il problema finanziario il problema non potrà essere risolto.

      Così per la pacificazione. Noi siamo per la pacificazione noi vorremmo vedere tutti gli italiani adottare il minimo comune denominatore che rende possibile la convivenza civile; ma d'altra parte non possiamo sacrificare i nostri diritti gli interessi della Nazione l'avvenire della Nazione a dei criteri soltanto di pacificazione che noi proponiamo con lealtà ma che non sono accettati con altrettanta lealtà dalla parte avversa. Pace con coloro che vogliono veramente pace; ma con coloro che insidiano noi e soprattutto insidiano la Nazione non ci può essere pace se non dopo la vittoria!

      Ed ora fascisti e cittadini di Napoli io vi ringrazio dell'attenzione con la quale avete seguito questo mio discorso. Napoli dà un bello e forte spettacolo di forza di disciplina di austerità. È bene che siamo venuti da tutte le parti a conoscervi a vedervi come siete a vedere il vostro popolo il popolo coraggioso che affronta romanamente la lotta per la vita che non crea un argine per il fiume ed il fiume per un argine ma vuole rifarsi la vita per conquistare la ricchezza lavorando e sudando e portando sempre nell'animo accorato la potente nostalgia di questa vostra meravigliosa terra che è destinata ad un grande avvenire specialmente se il Fascismo non tralignerà.


Né dicano i democratici che il Fascismo non ha ragione di essere qui perché non c'è stato il bolscevismo. Qui vi sono altri fenomeni di tristizia politica che non sono meno pericolosi del bolscevismo meno nocivi allo sviluppo della coscienza politica della Nazione.

      Io vedo la grandissima Napoli futura la vera metropoli del Mediterraneo nostro — il Mediterraneo ai mediterranei — e la vedo insieme con Bari (che aveva 16 mila abitanti nel 1805 e ne ha 150 mila attualmente) e con Palermo costituire un triangolo potente di forza di energia di capacità e vedo il Fascismo che raccoglie e coordina tutte queste energie che disinfetta certi ambienti che toglie dalla circolazione certi uomini che ne raccoglie altri sotto i suoi gagliardetti.

      Ebbene o alfieri di tutti i Fasci d'Italia alzate i vostri gagliardetti e salutate Napoli metropoli del Mezzogiorno regina del Mediterraneo! (fine)



Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Le immagini sono tratte dalla rete. Questo è un documentario a fini didattici, scientifici e culturali. La diffusione dei contenuti soddisfa i requisiti legali del "giusto utilizzo" o dell'insieme enumerato delle possibili difese contro un'azione per l'infrazione del diritto esclusivo ai sensi delle leggi vigenti sui diritti d'autore. Le norme nazionali ed internazionali permettono. altresì, la divulgazione di parti  singole o di opere intere, citando la fonte, per la ricerca e studio personale o a scopo culturale, didattico, scientifico, assolutamente non ai fini commerciali tramite pubblicità per conto di terzi. Articolo 70 – Legge 633/1941 sul diritto d’autore.

Fonte http://www.adamoli.org/benito-mussolini/pag0164-.htm

  1. Prima partehttp://www.loschiaffo321.com/2022/10/m-il-figlio-del-secolo-il-discorso-di.html
  2. Seconda e ultima parte - Speciale storico 1922-2022 ad uso didattico, scientifico e culturale.

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