Lo Schiaffo 321, in occasione del Centenario della Marcia su Roma, ha deciso di approfondire il tema storico con le parole pronunciate dai protagonisti diretti e l'analisi delle vicende sul territorio Caudino, Irpino e Sannita. Lo studio della Storia Contemporanea viene facilitato, a nostro avviso, dal tuffo nei documenti originali, essenzialmente perché spesso le interpretazioni sono legate alle emozioni degli studiosi, alle esigenze delle case editrici o alle reazioni comunitarie post-belliche. Intanto, cento anni fa a Napoli, il 24 ottobre 1922 iniziò la Marcia su Roma.
Fascisti! Cittadini!
Può darsi anzi è quasi certo che il mio genere di eloquenza determini in voi un senso di delusione in voi che siete abituati alla foga immaginosa e ricca della vostra oratoria. Ma io da quando mi sono accorto che era impossibile torcere il collo alla eloquenza mi sono detto che era necessario ridurla alle sue linee schematiche ed essenziali.
Siamo venuti a Napoli da ogni parte d'Italia a compiere un rito di fraternità e di amore. Sono qui con noi i fratelli della sponda dalmatica tradita ma che non intende arrendersi; sono qui i fascisti di Trieste dell'Istria della Venezia Tridentina di tutta l'Italia settentrionale; sono qui anche i fascisti delle isole della Sicilia e della Sardegna tutti qui ad affermare serenamente categoricamente la nostra indistruttibile fede unitaria che intende respingere ogni più o meno larvato tentativo di autonomismo e di separatismo.
Quattro anni fa le fanterie d'Italia maturata a grandezza in un ventennio di travaglio faticoso le fanterie d'Italia fra le quali erano vastamente rappresentati i figli delle vostre terre scattavano dal Piave e dopo avere battuto gli austriaci con l'ausilio assolutamente irrisorio di altre forze si slanciavano verso l'Isonzo; e solo la concezione assurdamente e falsamente democratica della guerra poté impedire che i nostri battaglioni vittoriosi sfilassero sul ring di Vienna e per le arterie di Budapest!
Un anno fa a Roma ci siamo trovati in un momento avviluppati da un'ostilità sorda e sotterranea che traeva le sue origini dagli equivoci e dalle infamie che caratterizzano l'indeterminato mondo politico della capitale. Noi non abbiamo dimenticato tutto ciò. Oggi siamo lieti che tutta Napoli questa città che io chiamo la grande riserva di salvezza della Nazione ci accolga con un entusiasmo fresco schietto sincero che fa bene al nostro cuore di uomini e di italiani; ragione per cui esigo che nessun incidente neppure minimo turbi la nostra adunata poiché oltre che delittuoso sarebbe anche enormemente stupido: esigo che ad adunata finita tutti i fascisti che non sono di Napoli abbandonino in ordine perfetto la città.
L'Italia intera guarda a questo nostro convegno perché — lasciatemelo dire senza quella vana modestia che qualche volta è il paravento degli imbecilli — non c'è nel dopo guerra europeo e mondiale un fenomeno più interessante più originale più potente del Fascismo italiano.
Voi certamente non potete pretendere da me quello che si costuma chiamare il grande discorso politico. Ne ho fatto uno a Udine un altro a Cremona un terzo a Milano. Ho quasi vergogna di parlare ancora. Ma data la situazione straordinariamente grave in cui ci troviamo ritengo opportuno fissare con la massima precisione i termini del problema perché siano altrettanto nettamente chiarite le singole responsabilità. Insomma noi siamo al punto in cui la freccia si parte dall'arco o la corda troppo tesa dell'arco si spezza!
Voi ricordate che alla Camera italiana il mio amico Lupi ed io ponemmo i termini del dilemma che non è soltanto fascista ma italiano: legalità o illegalità? Conquiste parlamentari o insurrezione? Attraverso quali strade il Fascismo diventerà Stato? Perché noi vogliamo diventare Stato! Perché il giorno 3 ottobre io avevo già risolto il dilemma.
La richiesta partiva da me ma partiva anche da un partito che ha masse organizzate in modo formidabile e che raccoglie tutte le generazioni nuove dell'Italia tutti i giovani più belli fisicamente e spiritualmente che ha un vasto seguito nella vaga ed indeterminata opinione pubblica.Ma c'è di più o signori. Questa richiesta avveniva all'indomani dei fatti di Bolzano e di Trento che avevano svelato ad oculos la paralisi completa dello Stato italiano e che avevano rivelato d'altra parte la efficienza non meno completa dello Stato fascista. Occorreva o signori affrettarsi verso di me perché io non fossi più ancora agitato dal dilemma interno.
L'impostazione del problema è fatalmente errato. Degli uomini politici domandano che cosa desideriamo. Noi non siamo degli spiriti tortuosi e concitati. Noi parliamo schiettamente facciamo del bene a chi ci fa del bene del male a chi ci fa del male.
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Fonte http://www.adamoli.org/benito-mussolini/pag0164-.htm
Prima parte - Speciale storico 1922-2022 ad uso didattico, scientifico e culturale.
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