Trascrizione della conferenza in versione italiana integrale tenuta in lingua tedesca da Julius Evola, nella sezione di Scienza della Civiltà del Kaiser Wilhelm Institut, a Palazzo Zuccari in Roma, il 7/12/1940, e pubblicata nel 1941, a cura della casa editrice viennese Scholl, con il titolo: «Die arische Lehre von Kampf und Sieg». Edizione del Gruppo di Ar.
00:00 - Prima parte (Il tramonto dell'Occidente)
08:32 - Grande e piccola Guerra Santa
18:48 - Seconda parte
29:02 - Significato delle tradizioni eroiche primordiali
32:52 - Conclusioni
La mentalità corrente è solita credere che l’irrealismo parolaio e patriottardo a sfondo romantico o vitalistico da una parte, e la retorica pacifista di stampo umanitario dall’altra, siano posizioni inconciliabili e antitetiche. In realtà il patriota e il disfattista concordano sul pregiudizio di fondo, tipicamente moderno, secondo cui la guerra sarebbe priva di ogni significato superiore, spirituale; essa viene in-fatti considerata da entrambi come un bruto fatto materiale (la coreografia idealistica non tragga in inganno), che il primo giustificherà ed esalterà come un episodio utile alla «grandezza della nazione», e il secondo condannerà come una «inutile strage». È così che, mentre alcuni, sulla base di un rozzo irrazionalismo biologistico, hanno esaltato la guerra come sbocco per la manifestazione di istinti prepersonali, dal medesimo punto di vista altri la hanno potuta condannare in quanto fattore di selezione biologica alla rovescia. È evidente che, al di là della valutazione – positiva o negativa – dell’esperienza bellica, il giudizio moderno sulla guerra è, in fondo, sempre lo stesso, dato che essa viene equiparata a un conflitto animalesco. (D’altronde, non può essere diversamente, in una civiltà che riduce l’uomo a una semplice varietà zoologica).
Le cose stanno in modo ben diverso, se considerate alla luce della Tradizione.
Nella concezione dell’antico mondo ario, ad esempio, la guerra è il simbolo, la continuazione sensibile di una lotta metafisica: è l’effetto di uno scontro fra le potenze celesti del Kosmos, della forma, della luce, e quelle del caos, della natura scatenata, della tenebra.
Così, per quanto concerne l’eroismo, ciò che veramente conta per l’uomo della Tradizione non è una generica capacità di lanciarsi nella lotta, di disprezzare il pericolo, di affrontare la morte, bensì il significato secondo cui tutto ciò viene sperimentato; e il combattimento riveste, per un tale uomo, valore e dignità di rito, di «via» che conduce, attraverso la vittoria e la gloria, al superamento della condizione umana e alla conquista dell’immortalità.
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