#EROTICAUDIUM#1
Come al solito farfuglio una richiesta incomprensibile e di certo inaudibile nel fracasso dell’affollato treno serale, il caro vecchio ammasso di ferraglie Via Valle Caudina che mi avrebbe riportato a casuccia dopo una movimentata giornata a Napoli. Non sono mai riuscito a impossessarmi di un sedile vacante senza chiederne il permesso. Per qualche ragione, l’autorizzazione a occupare uno spazio contiguo ad un altro viaggiatore mi è sempre stata indispensabile. Timidezza? Forse. Misantropia? Può essere. Educazione? Senza ombra di dubbio.
Stavolta c'è un posticino, lato finestrino, con il sedile accoltellato da qualche ignoto passeggero nervoso per qualche ritardo. C'è una compagna di viaggio in partenza dalla Capitale del Mediterraneo. La signora non risponde, non accenna né approvazione né diniego, gli occhi invisibili dietro gli occhiali neri, piuttosto inappropriati visto che il sole partenopeo ci ha salutato da un pezzo. Pian piano ci allontaniamo dal Vesuvio direzione Rotondi. Mi accomodo, non proprio sul sedile di fronte a lei, ma su quello a lato.
Apro il mio telefono e mi immergo nella lettura, vagamente consapevole delle chiacchere degli altri viaggiatori e dello sferragliare apocalittico del treno. I bagni erano puliti, ma gli inservienti avevano esagerato con quei prodotti chimici di dubbia provenienza. Alzo gli occhi dal cellulare solo quando sento il controllore, evento raro, ma non molto ben accetto. Intanto, sono scesi quasi tutti alle stazioni precedenti e il treno prosegue la sua corsa semivuoto.
Nella mia carrozza siamo rimasti io, la silenziosa signora e, all’estremità del vagone, un ambulante di Acerra con cassetta di cianfrusaglie al seguito, auricolari e stufato di maiale con i peperoni, tutto cotto a vapore. La signora siede immobile e sembra dormire, anche se le lenti scure mi impediscono di esserne certo. Rassicurato dalla sua indifferenza, la scruto attentamente. Il profumo di peperoni è inconfondibile, ma l'acerrano divora il pasto in pochi concitati minuti. Prima di scivolare via.
Capelli castano chiaro ricci, rossetto evidente, canotta attillata, centinaia di tatuaggi e gazzelle ai piedi. Non è una ragazzina, ma la pelle lievemente abbronzata è liscia e tonica. Dalla minigonna non scozzese spuntano gambe fasciate di nylon, piene di disegni, colori e ben tornite. Le labbra sono così lucide che vi scorgo il riflesso dei tubi usurati della carrozza.
Ma dalla canotta immacolata fa capolino un guizzo rosa del reggiseno, che magnetizza il mio sguardo. Mi chiedo, come faccio sempre, se anche le mutandine siano dello stesso colore. Comincio a sentirmi a disagio e leggermente accaldato. La signora è dannatamente affascinante. Ad un tratto il suo viso si anima, si guarda intorno. Ora sembra fissarmi dagli abissi oscuri dei suoi occhiali neri. Ha visto il mio telefono mentre leggevo il Kamasutra Caudino su Lo Schiaffo 321.
La sua mano destra, elegante e adorna di un paio di vistosi fascioni, si posa sul nylon del ginocchio. Le sue gambe non sono più accavallate ora e la mano si muove lentamente sulla coscia, scostando e increspando la stoffa della gonna. Non è un gesto distratto, non è un prurito passeggero. La mano si muove deliberatamente avanti e indietro, la carezza sempre più ampia. La signora indossa calze scure e giarrettiere nere.
Intravedo il rosa delle mutandine tra la pelle ambrata delle cosce. La guardo in viso per un attimo e mi accorgo che mi sta fissando ancora. Le labbra si schiudono, per un attimo credo che voglia parlarmi, ma è solo la sua lingua che scivola languidamente sulle labbra. Il frastuono del treno martella la mia testa, che si fonde con il ritmo accelerato del mio cuore. Il battito mi rimbomba nei timpani.
Non mi sto chiedendo perché la signora si stia esibendo dinanzi a me e sono convinto che io non abbia alcuna parte né ruolo in tutto questo. So, dentro di me, di essere solo spettatore fortuito e non ispiratore agognato. Non importa, resto seduto immobile e silenzioso, temendo che ogni mio movimento possa… cosa? Spaventare la signora, farla fuggire come un cerbiatto, un porno-bambi? Quasi non respiro.
La signora si accarezza i seni con la mano sinistra, allargando le coppe di pizzo rosa. Si inumidisce le dita e comincia a massaggiare e pizzicare i capezzoli, scuri ed eretti. Sento, come un suono che filtra indenne attraverso lo sferragliare del treno, un gemito sospirato, che si ripete ancora e ancora. Avverto un profumo lieve e speciale, segreto e tenace, che mi provoca un leggero capogiro. La signora è eccitata, bagnata e bellissima.
Sono così nervoso da provare una vaga sensazione di nausea, la mia emozione schiacciata dentro i jeans mi fa un male d’inferno. Sopporto stoicamente. La signora ha sollevato una coscia, ha scostato le mutandine e le sue dita frugano veementi la sua passione lucente di umori, entrando e uscendo senza sosta. Si interrompe solo per portare la mano alla bocca e assaggiare golosa il proprio sapore dalle falangi. L’altra mano accarezza, rudemente, seni e capezzoli.
Ora geme con forza, e il suo corpo trema e sussulta. L’orgasmo arriva forte e inevitabile, il suo corpo si inarca sul sedile e ricade, le mani rallentano fino a fermarsi, il respiro laborioso e ansimante. Io sono attonito e sbalordito, così pieno di meraviglia che la mia emozione si avvizzisce leggermente.
La signora si alza, si ravviva i capelli, si aggiusta un po' e si liscia la gonna sgualcita. Si avvicina e lascia cadere qualcosa di impalpabile sulle mie mani. La guardo come ipnotizzato dal Mago di Arcella, vorrei vedere i suoi occhi ora che ho visto tutto il resto, ma gli occhiali scuri restano al loro posto. Se ne va via, camminando con grazia. Il treno F/BN si ferma e lei scompare in un istante.
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