Dictator reipublicae constituendae, assunto il cognome Felix, spartì tra i suoi veterani le terre confiscate in Italia, portò a 600 il numero dei senatori e annullò la potenza politica dei cavalieri, in quanto ceto, ammettendo i cavalieri stessi al senato. Diminuì di molto l'importanza dei censori e limitò gravemente i poteri costituzionali dei tribuni della plebe; stabilì un più rigido controllo sui funzionari e al governo delle province provvide per lo più ricorrendo a promagistrati; riordinò in maniera efficiente l'amministrazione della giustizia criminale.Ma sebbene alcuni dei suoi provvedimenti andassero incontro alle necessità dei tempi nuovi, attirò su di sé con le stragi indiscriminate e la dittatura (deposta nel 79) un odio tenacissimo che, ancora vivo lui, sembrò potesse esplodere in aperta rivolta. Negli ultimi tempi attese alla ricostruzione del tempio di Giove Capitolino, che era stato distrutto dall'incendio dell'83. Morì, a soli sessant'anni, in Campania. Aveva scritto un'autobiografia in 22 libri (Commentarii rerum gestarum), che fu terminata dal suo liberto Epicadio e della quale non possediamo che frammenti.
GUERRA SOCIALE
Nel 90 a.C. scoppiò la guerra sociale, da intendersi come guerra che gli alleati di Roma condussero nei confronti di quest'ultima per ottenere un rapporto più paritetico. Ovviamente, tra i popoli insorti contro Roma, non poterono mancare Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri animati da un mai assopito sentimento patriottico e antiromano.
I Romani, dopo aver subito varie sconfitte, furono costretti a concedere la cittadinanza agli alleati. Tra gli illustri combattenti di parte romana nel bellum sociale si possono annoverare Cicerone e Pompeo, entrambi militanti nell'esercito di Strabone.
SILLA ODIA
Lucio Cornelio Silla, acerrimo nemico di Caudini, Irpini, Carricini e Pentri, fu designato come comandante dell'esercito che avrebbe dovuto fronteggiare Mitridate in Oriente. Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri ripresero però le armi nell'83 a.C., anno in cui Silla ritornò in Italia dall'Oriente ove era stato a combattere vittoriosamente contro Mitridate VI Eupatore, ovvero il re che era riuscito a far ribellare a Roma la provincia d'Asia.
Silla, al suo ritorno in Italia, doveva riconquistare l'opinione pubblica e sfruttò, a tale scopo, lo spauracchio sannita: Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri erano i nemici tradizionali di Roma e lui, Silla, si elevò a paladino che avrebbe risollevato Roma e i Romani dall'eterna minaccia di Caudini, Irpini, Carricini e Pentri. L'avversario di Silla era Caio Mario; questi aveva diretto la guerra contro Giugurta e Silla aveva combattuto come legato al suo fianco. Silla e Mario erano entrati in conflitto in quanto il primo appoggiava gli aristocratici mentre il secondo conduceva una politica di parte popolare. La guerra civile romana dell'83-82 a.C. vide il conflitto tra la fazione degli optimates, guidata da Lucio Cornelio Silla, e quella dei populares, o mariani perché seguaci del sette volte console Gaio Mario morto nell'86 a.C. Quest'ultima fazione era guidata dal giovane Gaio Mario, figlio del grande generale, e da Gneo Papirio Carbone; alla fazione democratica si unirono anche le agguerrite milizie Sannite e Lucane che temevano dalla vittoria dei sillani la perdita dei diritti civili ottenuti dopo la guerra sociale.
La guerra civile, costellata di battaglie dall'esito alterno, di repressioni e di efferati massacri, venne combattuta in Italia, in Sicilia, in Spagna e in Africa, e si concluse con la completa vittoria di Silla e con la morte o l'esilio dei principali capi della fazione democratica.
Ricordiamo, infatti, che Mario fu autore di una importante riforma dell'esercito che prevedeva l'arruolamento di persone di qualsiasi ceto sociale. In tal modo, una persona con difficoltà economiche trovava nell'esercito una fonte di guadagno.
Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri si schierarono a fianco dei mariani (sostenitori di Caio Mario), ben consapevoli che Silla era avverso alla loro causa, ma furono sconfitti dalle truppe di Silla a Porta Collina, nelle vicinanze di Roma.
Silla punì i suoi avversari con le proscrizioni; coloro che venivano proscritti perdevano ogni diritto civile; chiunque poteva ucciderli e impadronirsi dei loro beni ed era passibile della pena di morte chiunque desse loro ospitalità. In realtà, molte persone vennero uccise a causa di inimicizie private, che non avevano nulla a che fare con Silla, ed egli lo permise per compiacere i suoi fautori.
Caudini, Irpini, Carricini, Pentri e gli Etruschi ebbero un elevato numero di proscritti e le terre ad essi confiscate vennero distribuite a più di 120.000 soldati di Silla. A chi gli rimproverava di essersi spinto troppo oltre nelle punizioni, Silla rispondeva che dall'esperienza aveva appreso che mai uno solo dei Romani avrebbe potuto vivere in pace fino a che i Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri avessero costituito una comunità a sé.
In realtà, Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri scamparono al genocidio, ma da allora la loro storia confluì in quella di Roma e si identificò con essa. Le confische sillane non fecero altro che continuare un processo iniziato secoli prima di modo che, nel I secolo a.C., la geografia del Sannio era profondamente mutata. La crescente diffusione di municipia romani, l'emigrazione di Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri verso zone che offrivano più confortevoli condizioni di vita e l'insediamento, per volere di Augusto, di suoi veterani nel territorio tra Beneventum e Venusia, contribuì a rafforzare l'elemento non osco in territorio sannita.
Ciò nonostante, almeno nei distretti più remoti, la lingua osca riuscì a conservarsi, anche se maggiormente sottoforma di dialetto contadino. Difatti, ad esclusione del greco, essa fu l'ultima lingua non latina d'Italia a scomparire; anche in una comunità così romanizzata come Pompei, l'osco non era ancora completamente scomparso nel 79 d.C., anno in cui la città fu inghiottita dall'eruzione del Vesuvio. E' ragionevole assumere che, come oggi un napoletano è anzitutto un italiano, a prescindere da ogni possibile ricordo o memoria storica del Regno delle due Sicilie, così un Caudino, Irpino, Carricino e Pentro del I o II secolo d.C. doveva essere più cosciente di essere un cittadino di Roma che uno del Sannio.
Strabone - Lucio Cornelio Silla e i Caudini, gli Irpini, i Frentani, i Carricini e i Pentri. (82 a.C.)
Scrisse Strabone: “Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri, dopo una serie di incursioni nel Lazio fino ad Ardea, e dopo aver devastato la Campania, estesero grandemente il loro dominio. I Campani, che già erano abituati ad essere comandati in modo dispotico, obbedirono ai loro ordini. Al giorno d’oggi, tuttavia, essi sono stati quasi del tutto sterminati da vari generali romani, e da ultimo da Silla, che deteneva il potere più grande a Roma. Silla, dopo aver sedato in varie battaglie la rivolta italica, osservò che i Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri, senza quasi eccezione, rimanevano uniti ed avevano un unico scopo, e che perciò marciavano contro Roma stessa.Di conseguenza, combatté contro di loro - secondo Strabone -sotto le mura della città, e, poiché aveva dato ordine di non fare prigionieri, molti di loro furono fatti a pezzi sul campo di battaglia, mentre i sopravvissuti – circa 4000 uomini che avevano gettato le armi – furono portati alla Villa Pubblica nel Campo Marzio e là rinchiusi; tre giorni dopo vi furono mandati soldati che li uccisero tutti. E quando compilò le sue liste di proscrizione, non si dette pace finché non annientò o scacciò dall’Italia chiunque portasse un nome Caudino, Irpino, Frentano, Carricino e Pentro.
A coloro che - chiude Strabone - lo rimproveravano per la sua ferocia, egli rispondeva di aver imparato che nessuno dei Romani sarebbe potuto vivere in pace finché anche un solo tra Caudini, Irpini, Carricini, Frentani e Pentri fosse sopravvissuto. Ed infatti, ad oggi, le loro città sono ridotte a villaggi e alcune, anzi, sono scomparse del tutto: Bovianum, Aesernia, Panna, Telesia vicino a Venafro e altre simili, nessuna delle quali è degna di essere considerata città”-
Proponiamo per le lettrici ed i lettori de Lo Schiaffo 321 il testo in greco antico:
Σαυνῖται δὲ πρότερον μὲν καὶ μέχρι τῆς Λατίνης τῆς περὶ Ἀρδέαν ἐξοδίας ποιούμενοι, μετὰ δὲ ταῦτα αὐτὴν τὴν Καμπανίαν πορθοῦντες πολλὴν ἐκέκτηντο δύναμιν· καὶ γὰρ ἄλλως δεσποτικῶς ἄρχεσθαι μεμαθηκότες ταχὺ ὑπούργουν τοῖς προστάγμασι. νυνὶ δ᾽ ἐκπεπόνηνται τελέως ὑπό τε ἄλλων καὶ τὸ τελευταῖον ὑπὸ Σύλλα τοῦ μοναρχήσαντος Ῥωμαίων, ὃς ἐπειδὴ πολλαῖς μάχαις καταλύσας τὴν τῶν Ἰταλιωτῶν ἐπανάστασιν τούτους σχεδόν τι μόνους συμμένοντας ἑώρα καὶ ὁμοίως ὁρμῶντας, ὥστε καὶ ἐπ᾽ αὐτὴν τὴν Ῥώμην ἐλθεῖν, συνέστη πρὸ τοῦ τείχους αὐτοῖς, καὶ τοὺς μὲν ἐν τῇ μάχῃ κατέκοψε κελεύσας μὴ ζωγρεῖν, τοὺς δὲ ῥίψαντας τὰ ὅπλα, περὶ τρισχιλίους ἄνδρας ἢ τετρακισχιλίους φασίν, εἰς τὴν δημοσίαν ἔπαυλιν τὴν ἐν τῷ Κάμπῳ καταγαγὼν εἷρξε· τρισὶ δὲ ὕστερον ἡμέραις ἐπιπέμψας στρατιώτας ἅπαντας ἀπέσφαξε, προγραφάς τε ποιούμενος οὐκ ἐπαύσατο πρὶν ἢ πάντας τοὺς ἐν ὀνόματι Σαυνιτῶν διέφθειρεν ἢ ἐκ τῆς Ἰταλίας ἐξέβαλε· πρὸς δὲ τοὺς αἰτιωμένους τὴν ἐπὶ τοσοῦτον ὀργὴν ἔφη καταμαθεῖν ἐκ τῆς πείρας, ὡς οὐδέποτ᾽ ἂν εἰρήνην ἀγάγοι Ῥωμαίων οὐδὲ εἷς, ἕως ἂν συμμένωσι καθ᾽ ἑαυτοὺς Σαυνῖται. καὶ γάρ τοι νυνὶ κῶμαι γεγόνασιν αἱ πόλεις, ἔνιαι δ᾽ ἐκλελοίπασι τελέως, Bοϊανόν, Αἰσερνία, Πάννα, Τελεσία συνεχὴς Οὐενάφρῳ καὶ ἄλλαι τοιαῦται, ὧν οὐδεμίαν ἄξιον ἡγεῖσθαι πόλιν.
fonti:
https://www.treccani.it/enciclopedia/lucio-cornelio-silla/
http://www.tregliaonline.it/origini/origini3_6.htm
https://www.francescoperri.com/lucio-cornelio-silla-la-domenica-del-corriere-1934/
http://www.umbrialeft.it/editoriali/atroci-vendette-dei-dittatori
https://www.arcait.it/lista-documenti/l-cornelio-silla-sanniti-82-c-strabo/
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