Il 13 novembre del 1860 La Gala assalì il carcere di Cicciano liberando Ferrara Alessio di Taurano, Del Mastro Francesco, Guerriero Giuseppe di Baiano e Colucci Domenico di Domicella (13)
Nel mese di giugno del 1861 in tarda serata Cipriano (qualche altra fonte parla di Antonio Caruso di Avella) con diciassette uomini della sua banda travestiti da Guardia Nazionale, si presentarono alle porte del carcere di Caserta accompagnati da diversi mastini napoletani dicendo che dovevano consegnare due briganti. Nessuno ebbe dubbi del tranello, furono loro consegnate le chiavi.
In pochi attimi furono liberati 56 detenuti di cui 34 aderirono la stessa notte alla banda, erano Giona (fratello di Cipriano La Gala), Domenico Gentile, Domenico Sparano, Alessandro Greco, Antonio Fiorilli, Giovanni Iandola, Filippo Luri, Giovanni D'Avanzo, Giuseppe Barone, Nicola Maturo, Giuseppe Basilicata, Raffaele Chiavitto, Giuseppe Tartaglia, Nicasio Penna, Francesco De Nardo, Stanislao Picasio, Giovanni Perone, Angelantonio Rinaldi, Angelomaso Marino, Pellegrino Petrillo, Vincenzo Lo Duca, Salvatore Villani, Raffaele Santoro, Francesco Novelli, Giuseppe La Manna, Vito Stolfa, Francesco e Andrea Cerrito, Giovanni De Cesare, Luigi Spera, Francesco e Vincenzo Casilla, Saverio Caccavale e Alessandro Rossi. (14)
Dai tanti episodi si rileva che se per le autorità politiche e giudiziarie del Regno d'Italia Cipriano La Gala era un bandito, un assassino, un “camorrista”, per il popolo invece Cipriano era considerato un liberatore.
Nel processo la difesa sostenne che “Cipriano è da considerarsi un partigiano del Borbone e basta. Quanto poi alle buone azioni in difesa degli umili, basta far riferimento ai numerosi contadini che spontaneamente hanno voluto fare testimonianza, onde rendere di pubblico dominio le restituzioni di denaro e suppellettili, nonchè il rilascio di molte persone”. (15)
Cipriano non negò gli addebiti, ma dichiarò di avere agito per motivi politici e che gli si attribuivano colpe non sue ma di altri capibanda che agivano nella zona. A sua discolpa, chiese al giudice di mettere a verbale i nomi dei capibanda che scorrazzavano sul Taburno nel 1861, attribuendo a costoro, che agirono durante la sua latitanza, tutte le azioni delittuose. Anzi “sempre che mi occorse incontrarmi non mancai di dolermi con loro delle tante grida che dappertutto si levavano per gli atti obbrobriosi ai quali si lasciavano andare, e di esortarli a impedire ogni eccesso”. (16)
Nomi dei Capibanda e degli altri briganti che trafficavano sui Monti di Cervinara: Domenico Bello di Cervinara, Pasquale Martone, Antonio Caruso di Avella. Domenico il Calabrese, Antonio Zappatore, Antonio Pungolo. Capibanda che esistevano tra monti e contorni di Cancello: Giuseppe Tiniero di Arienzo, Antonio Pipolo, Napoli o Marigliano. Lisco Fabiano di Marigliano, Donato Pizza dì Cicciano, Felice di Marigliano, Angelo Pascarella alias Angiolillo di Messercola. Luigi Esposito di Marigliano, Francesco Liberato di Camposano. Capibanda che stavano pe' monti di Taburno: i fratelli Giovanni e Tommaso Romano di Limatola, il nipote del Generale Bosco a nome Giuseppe, Luciano Martino di Casalduni, Padresanto di Guardia Sanframondi, Cosimo di Cerreto, Giuseppe Gallo di Casalduni, Vincenzo alias Pelorosso di Cerreto. Un Maggiore borbonico che portava 180 persone, il nipote del generale Vial, il tenente ed altri che venivano da Benevento, Michele Caruso di Benevento (16). Capibanda de' dintorni di Nola: Crescenzo Gravina di Palma, Angelo Bianco di Baiano, altro a nome La Vecchia di Monteforte, Pasquale D'Avanzo di Avella, Antonio Del Mastro di Avella, Giuseppe Santaniello della parte di Palma e Benedetto D'Avanzo di Avella o Mugnano.
Nelle udienze successive i testimoni si mostrano reticenti, non riconobbero gli imputati, caddero in contraddizioni e il Pubblico Ministero si lamentò di così spiccata perdita di memoria. Alcuni arrivarono ad affermare, con suo sommo dispetto, che era proprio così; “avevano subito tali violente emozioni, da esserne restati davvero scimuniti”. I cronisti riferirono che la paura chiuse la bocca di tutti “e non c'è verso di provare l'effettiva presenza degli imputati ai fatti”. (17)
Il generale piemontese Giuseppe Govone che interrogato alla Camera nel dì 13 luglio del 1863 sul perché le popolazioni meridionali sostenessero i briganti, ebbe a dire:
“I cafoni veggono nel brigante il vindice dei torti, che la società loro infligge”. Per i contadini Cipriano Della Gala non era un delinquente, un uomo pericoloso, no, era addirittura un uomo che dava la libertà”.(18)
Note
Fonte: Alle radici del brigantaggio di Pietro Zerella Parte XX
Monte Taburno base dei reazionari Cipriano La Gala (qualche altra fonte Cipriano DELLA Gala)
(13) ASC, Alta Polizia, f. 3863.
(14) Sentenza Sezione di Accusa della Corte di Appello di Napoli del 4 luglio 1863.
(15) Processi Celebri – Reggio Emilia –Tipografia della Gazzetta 1864.
(16) Cipriano La Gaia da Noia (Napoli) non sa leggere né scrivere.
(17) Michele Caruso non è nato a Benevento, bensì a Torremaggiore provincia di Foggia - Ha invero operato nel beneventano.
(18)- Luisa Sangiuolo da: "Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880" De Martino, Benevento, 1975
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