Alcuni, che senza dubbio non si sono presi la briga di leggere i nostri libri, hanno creduto di doverci rimproverare di aver detto che tutte le dottrine tradizionali sarebbero di origine orientale, e che la stessa antichità occidentale, in tutte le epoche, avrebbe ricevuto sempre le sue tradizioni dall’Oriente; ora, noi non abbiamo mai scritto nulla di simile, per la semplice ragione che sappiamo benissimo che è falso.
In effetti, sono proprio i dati tradizionali che si oppongono nettamente ad una asserzione del genere: ovunque si ritrova l’affermazione formale che la tradizione primordiale dell’attuale ciclo è venuta dalla regioni iperboree, si sono poi avute numerose correnti secondarie, corrispondenti a dei periodi diversi, e di cui una delle più importanti, quantomeno fra quelle le cui vestigia sono ancora riconoscibili, si è volta incontestabilmente da Occidente ad Oriente.
Ma tutto questo si riferisce a delle epoche molto lontane, di quelle che comunemente vengono dette «preistoriche», e non è certo questo che abbiamo in vista; ciò che noi sosteniamo è che, in primo luogo, da tantissimo tempo ormai il deposito della tradizione primordiale è stato trasferito in Oriente, ed è qui che si trovano adesso le forme dottrinali che ne sono derivate più direttamente; e in secondo luogo che, allo stato attuale delle cose, il vero spirito tradizionale, con tutto ciò che esso implica, è solo in Oriente che mantiene dei rappresentanti autentici.
Per completare questa messa a punto dobbiamo anche spiegarci, almeno brevemente, su certe idee di restaurazione di una «tradizione occidentale» che sono comparse in diversi ambienti contemporanei; il solo interesse che esse presentano, in fondo, è quello di mostrare che alcuni animi non sono più soddisfatti della negazione moderna e provano il bisogno di qualcosa di diverso da quello che offre loro la nostra epoca, rivelando che costoro intravedono la possibilità di un ritorno alla tradizione, sotto una forma o un’altra, come l’unico mezzo per uscire dalla crisi attuale.
Sfortunatamente, il «tradizionalismo» non è affatto la stessa cosa del vero spirito tradizionale; esso non può essere altro, e molto spesso lo è in effetti, che una semplice tendenza, un’aspirazione più o meno vaga che non presuppone alcuna conoscenza reale; e nel disordine mentale dei nostri tempi, tale aspirazione provoca soprattutto, è bene dirlo, delle concezioni fantasiose e chimeriche sprovviste di ogni serio fondamento.
Non trovando alcuna tradizione autentica a cui appoggiarsi, si arriva fino ad immaginare delle pseudo-tradizioni che non sono mai esistite e che sono sprovviste di principi esattamente come ciò che dovrebbero sostituire; tutto il disordine moderno si riflette in costruzioni siffatte e, quali che siano le intenzioni dei loro autori, il solo risultato che ottengono è di apportare un nuovo contributo allo squilibrio generale.
Fra le cose di questo tipo, a titolo informativo, ci limiteremo solo ad accennare alla pretesa «tradizione occidentale» fabbricata da certi occultisti con l’aiuto degli elementi più disparati, e destinata soprattutto a far concorrenza ad una «tradizione orientale» non meno immaginaria, che è quella dei teosofisti;
di queste cose abbiamo parlato a sufficienza in altra sede e preferiamo passare subito all’esame di qualche altra teoria che può sembrare più degna di attenzione, perché almeno vi si trova il desiderio di richiamarsi a delle tradizioni che hanno avuto una esistenza reale.
Alludiamo alla corrente tradizionale venuta dalle regioni occidentali; i racconti degli antichi, relativi ad Atlantide, ne indicano l’origine; dopo la sparizione di questo continente, sparizione che rappresenta l’ultimo dei grandi cataclismi avvenuti nel passato, sembra non vi siano dubbi che i resti della sua tradizione siano stati trasferiti in diverse regioni, ove si sono mescolati con altre tradizioni preesistenti, principalmente con dei tronconi della grande tradizione iperborea; ed è molto probabile che le dottrine dei Celti, in particolare, siano state uno dei prodotti di tale fusione.
Noi siamo ben lungi dal contestare queste cose, ma invitiamo a riflettere sul seguente aspetto del problema: la forma propriamente «atlantidea» è scomparsa ormai da migliaia di anni, insieme alla civiltà alla quale apparteneva, e la cui distruzione non può essersi prodotta che in seguito ad una deviazione che, per certi aspetti, si può forse paragonare a quella che constatiamo ai giorni nostri, anche se con una notevole differenza relativa al fatto che l’umanità non era ancora entrata nel Kali-Yuga; peraltro, tale tradizione corrispondeva solo ad un periodo secondario del nostro ciclo, e sarebbe un grave errore pretendere di identificarla con la tradizione primordiale da cui sono derivate tutte le altre, tradizione primordiale che è l’unica che persisterà dall’inizio alla fine.
Ora, in questa sede, sarebbe fuori luogo esporre tutti i dati che giustificano queste affermazioni, pertanto ci limiteremo alla conclusione e cioè alla impossibilità di far rivivere attualmente una tradizione «atlantidea» o perfino di riallacciarsi ad essa più o meno direttamente; d’altronde, vi è un bel po’ di fantasia in tentativi di tal fatta.
Certo, è altrettanto vero che sarebbe interessante ricercare l’origine degli elementi che si riscontrano nelle tradizioni successive, posto che lo si faccia con tutte le precauzioni necessarie atte ad evitare certe illusioni; ma queste ricerche non possono in alcun caso sfociare nella resurrezione di una tradizione che non sarebbe adatta ad alcuna delle condizioni attuali del nostro mondo.
Altri vorrebbero ricollegarsi al «celtismo» e, siccome si appellano a qualcosa che è meno lontano nel tempo, si può avere l’impressione che i loro propositi siano meno irrealizzabili; tuttavia ci chiediamo: ove trovare oggi il «celtismo» allo stato puro ed ancora dotato di una vitalità sufficiente perché sia possibile assumerlo come punto d’appoggio?
Evidentemente non ci riferiamo a delle ricostruzioni archeologiche o semplicemente «letterarie», come quelle che già si conoscono, ma è di ben altra cosa che si tratta. Che degli elementi celtici molto riconoscibili ed ancora utilizzabili siano giunti fino a noi tramite diversi intermediari, è vero; ma questi elementi sono ben lontani dal rappresentare una tradizione integrale; la cosa sorprendente è che, negli stessi paesi ove è esistita, questa tradizione è oggi completamente ignorata, molto più di quanto vi si ignorino gli elementi di molte altre civiltà che furono ad essi estranee; non ci si trova al cospetto di qualcosa che dovrebbe far riflettere, quantomeno coloro che non sono del tutto dominati da un’idea preconcetta?
Ma diremo di più: in tutti i casi come questo, ove si ha a che fare con delle vestigia di civiltà scomparse, è possibile comprenderle realmente solo tramite la comparazione con quanto vi è di simile nelle civiltà tradizionali ancora viventi; e si può dire altrettanto per lo stesso Medio Evo, ove si riscontrano parecchie cose il cui significato è andato perduto per gli Occidentali moderni.
Questa presa di contatto con le tradizioni il cui spirito sussiste ancora, è perfino il solo mezzo per rivivificare ciò che è ancora suscettibile di esserlo; ed è proprio questo, come abbiamo avuto modo di dire molto spesso, uno dei più grandi servigi che l’Oriente possa rendere all’Occidente.
Noi non neghiamo la sopravvivenza di un certo «spirito celtico», che può ancora manifestarsi sotto forme diverse, come è già accaduto in epoche diverse; ma quando ci si viene ad assicurare che esistono ancora dei centri spirituali che conservano integralmente la tradizione druidica, non possiamo che aspettare che ce lo si dimostri, e, fino a prova contraria, ciò ci appare molto dubbio se non addirittura inverosimile.
La verità è che gli elementi celtici che sussistono, per la maggior parte sono stati assimilati, nel Medio Evo, dal Cristianesimo: la leggenda del «Santo Graal», con tutto ciò che vi è connesso, ne è un esempio particolarmente probante e significativo.
Peraltro, pensiamo che una tradizione occidentale, qualora arrivasse a ricostituirsi, prenderebbe necessariamente una forma esteriore religiosa, nel senso più ristretto del termine, e che questa forma non potrebbe essere che quella cristiana, poiché, per un verso, le altre forme possibili sono ormai da troppo tempo estranee alla mentalità occidentale, e per l’altro, è solo nel Cristianesimo, e più esattamente nel Cattolicesimo, che si trovano, in Occidente, i resti dello spirito tradizionale ancora sopravviventi. Ogni tentativo «tradizionalista» che non tenesse conto di ciò sarebbe inevitabilmente votato all’insuccesso, perché mancherebbe di fondamento; è fin troppo evidente che ci si può appoggiare solo a qualcosa che esiste in maniera reale, e che, là ove la continuità viene a mancare, non possono aversi che delle ricostruzioni artificiali che non possono essere praticabili;
se ci si obbietta che lo stesso Cristianesimo, ai nostri giorni, non è più nemmeno compreso veramente e secondo il suo significato profondo, rispondiamo che esso ha almeno conservato, nella sua stessa forma, tutto quello che è necessario per servire da fondamento a ciò di cui si tratta.
Il tentativo meno chimerico, persino il solo che non si scontri con delle impossibilità immediate, sarebbe dunque quello di considerare la restaurazione di qualcosa di paragonabile a ciò che è esistito nel Medio Evo, con le differenze richieste dal mutamento delle circostanze; mentre, per tutto ciò che è interamente perduto in Occidente, occorrerebbe richiamarsi alle tradizioni che si sono conservate integralmente, come abbiamo fin qui indicato, per poi procedere ad un lavoro di adattamento che potrebbe essere svolto solo da un’élite intellettuale saldamente costituita.
Tutto ciò l’abbiamo già detto, ma è opportuno insistervi ulteriormente, perché attualmente circolano troppe fantasticherie inconsistenti, ed anche perché occorre ben comprendere che, se le tradizioni orientali, nella loro specifica forma, possono sicuramente essere assimilate da un’élite che, per definizione, dev’essere in qualche modo al di là delle forme, indubbiamente queste stesse tradizioni non potrebbero mai essere assimilate dalla generalità degli Occidentali, a meno di trasformazioni impreviste, proprio perché esse non sono state costituite per quest’ultimi.
Se si arriverà a formare un’élite occidentale, affinché questa possa svolgere la sua funzione, è indispensabile che abbia una conoscenza vera delle dottrine orientali, per i motivi che abbiamo appena indicato; ma coloro che avranno solo da trar profitto dal suo lavoro, e che saranno la stragrande maggioranza, potranno benissimo non aver alcuna coscienza di questo fatto, e non per questo l’influenza che ne riceveranno, per così dire senza sospettarlo e in ogni caso tramite dei mezzi che sfuggiranno loro interamente, sarà meno reale e meno efficace.
Non abbiamo mai detto niente di diverso; ma abbiamo ritenuto opportuno doverlo ripetere nella maniera più chiara possibile, perché, se dobbiamo aspettarci che non sempre possiamo essere interamente compresi da tutti, ci teniamo che almeno non ci si attribuiscano delle intenzioni che non sono assolutamente le nostre.
Ma, a questo punto, lasciamo da parte ogni anticipazione, poiché dobbiamo occuparci soprattutto dello stato attuale delle cose, e ritorniamo ancora un istante sulle idee di restaurazione di una «tradizione occidentale», così come possiamo osservarle intorno a noi.
Una sola osservazione basterà a mostrare che queste idee non sono affatto «nell’ordine», se così si può dire: in effetti esse sono quasi sempre concepite con uno spirito di ostilità, più o meno manifesto, nei confronti dell’Oriente.
Perfino coloro che vorrebbero appoggiarsi al Cristianesimo, è necessario dirlo, sono talvolta animati da tale spirito; sembra che per prima cosa essi cerchino di scoprire delle opposizioni che, in realtà, sono completamente inesistenti; ed è così che abbiamo sentito formulare l’assurda opinione che, seppure le stesse cose si ritrovano contemporaneamente nel Cristianesimo e nelle dottrine orientali, espresse da una parte e dall’altra in una forma quasi identica, non avrebbero tuttavia lo stesso significato ed avrebbero perfino un significato opposto!
Coloro che formulano affermazioni del genere, quali che siano le loro pretese, provano, per ciò stesso, che non sono andati molto avanti nella comprensione delle dottrine tradizionali, poiché non sono riusciti ad intravedere l’identità fondamentale dissimulata sotto tutte le diverse forme esteriori, e perfino là ove questa identità diviene del tutto apparente si ostinano ancora a disconoscerla.
Così facendo, costoro considerano lo stesso Cristianesimo solo in maniera del tutto esteriore, tale da non poter corrispondere alla nozione di una vera dottrina tradizionale che offra in tutti gli ordini una sintesi completa; è il principio che manca a costoro, ed in questo sono affetti, molto più di quanto possano pensare, da quello stesso spirito moderno contro il quale vorrebbero invece reagire;
ed allorquando capita loro di usare il termine «tradizione» essi non lo concepiscono certo con lo stesso significato che gli diamo noi.
Scritto da René Guénon.
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