Partiamo da una piccola curiosa riflessione, di natura simbolica, che come tale ha un suo preciso ed importante significato da non sottovalutare.
Sarà un caso che negli anni Trenta ogni movimento nazional-rivoluzionario aveva il suo simbolo (svastica, fascio, falange, croci frecciate, o il simbolo di Vichy, il tricolore francese con l'ascia bipenne) e poi nel secondo dopoguerra da un certo punto in poi la "celtica" si affermò come unico simbolo trans-nazionale? E così anche lo slogan Europa Nazione? Chi è che reggeva le fila di questo processo? La celtica già era simbolo di Paneuropa (o Unione Paneuropea), l’associazione fondata dal conte Coudenhove-Kalergi, già dal 1923!
Una forma di croce celtica compariva in tutte le opere di Kalergi, sul frontespizio del libro, come “segno di appartenenza”.
pan-manifesto
In questo articolo formuliamo l’ipotesi che nel dopoguerra fu creato un certo filone per influenzare tutti i movimenti di estrema destra del dopoguerra ed orientarli in modo che non ostacolassero o magari favorissero la creazione di un unico Super-Stato europeo, come del resto anche i partiti di governo, ma in maniera diversa.
Anzi riteniamo che l’estrema destra – con le sue trasformazioni ideologiche – si dimostrò un cavallo di Troia di particolare importanza: questo mondo non doveva più opporre resistenza al processo di integrazione europea tramite il nazionalismo; infatti da un certo momento in poi il nazionalismo verrà criticato o "superato" nella Destra radicale, come nucleo ideologico, e sostituito da identitarismi vari, regionalismo invece che nazionalismo, e a volte anche derive separatiste (vedasi la Lega Nord), o con riprese dell'evergreen mito "imperiale".
Il rigetto dell'idea di nazione come "centro di riferimento" fu il segnale del "contrordine camerati”:
lo Stato nazionale non andava più bene e cominciava ad essere criticato, da un certa corrente, come idea superata. La tendenza del pensiero della Destra radicale, negli ultimi due o tre decenni sembrava tendere a sfasciare dall'interno gli Stati nazionali, risvegliando identitarismi locali o regionali.
Disgregare gli Stati nazionali in stati regionali più piccoli e poi federarli nel Superstato europeo.
Questa grande operazione di ingegneria sociale fu sicuramente la strategia che "a destra" si cercò di rendere credibile per far digerire ai movimenti il progetto europeo, ed anche favorirlo. Si parlava già dalla sua origine di misteriosi finanziamenti ai movimenti separatisti e secessionisti, come quelli delle banche bavaresi alla Lega Nord.
Fu questo "identitarismo" uno dei segni caratteristici della cosiddetta Nouvelle Droite, colta, intellettuale, destinata ad andare oltre le contingenze di un movimento estremista e di piazza. Il movimento Fiamma Tricolore rautiano, sorto dalla scissione di Fiuggi, ebbe da subito, nel suo programma la realizzazione degli Stati Uniti d'Europa (praticamente i radicali di Emma Bonino sarebbero la versione liberale dello stesso fronte occulto).
ucraina paneuropea
Se pensiamo che questo non è possibile, pensate alla struttura “Hyperion” e all'organizzazione “Stay-behind” con cui la CIA infiltrava tutte le organizzazioni militari e terroristiche di estrema sinistra (ma anche l'Eta, l'IRA, alcuni gruppi di palestinesi, etc.), immaginare che nulla di ciò fosse fatto nel mondo dell'estrema destra e del neofascismo sarebbe veramente, questo sì, segno di una mente contorta, o persino troppo ingenua per essere in malafede.
Riteniamo quindi, in realtà che l'entità paneuropeista cercasse già di influenzare i fascismi anche negli anni Trenta. Forse Julius Evola fece da pronubo all'incontro fra Kalergi ("ambasciatore" del piano paneuropeo presso i governi) e Mussolini, nel periodo della visita nel 1933, anno in cui Evola intervistò peraltro il conte Kalergi. Del resto Evola era un simpatizzante austroungarico, e nell’Associazione Paneuropa vi era anche il giovane Ottone d'Asburgo, che ritroveremo più tardi. Evola nutriva una certa stima per Kalergi, cosa che pochi studiosi del Barone conoscono.
In uno scritto minore, Il nuovo “mito” germanico del “Terzo Regno” (1932), Evola annovera Kalergi, insieme Spann, Everling, e Rohan, fra i maestri moderni del pensiero monarchico-tradizionale, ed elogia il diplomatico austriaco come un “un pensatore significativo della nuova Germania”.
Fu grazie ad Evola che diversi scritti di Kalergi furono pubblicati su Diorama filosofico e Regime fascista, le principali riviste dirette da Farinacci. Sappiamo che Coudenhove-Kalergi scrisse per una rivista italiana di orientamento fascista eterodosso, insieme all’attivista fascista inglese sir Osvaldo Mosley. Ci riferiamo alla rivista del “pan-fascista” Asvero Gravelli, dal titolo di Antieuropa. La rivista fu attiva dal 1929 al 1936, e si rivolgeva allo scopo di creare una sorta di “Internazionale fascista” fra i vari movimenti nazional-rivoluzionari europei, ma le prospettive che vi si affacciarono sembrano andare oltre una semplice alleanza fra Paesi fascisti.
antieuropa
Notiamo che già l’uso del suffisso Pan- sembra richiamare sinistramente l’influsso kalergiano. Siamo negli anni in cui questo ambiente cerca per la prima volta di trovare una strada nei movimenti fascisti, piegandoli in senso paneuropeista.
Alla rivista di Gravelli – che comunque perse il favore di Mussolini, e che venne sospesa nel 1936 – partecipa anche O. Mosley, fondatore del British Union Fascist e poi, dopo la guerra, del Movement Union.
Questa associazione è molto interessante, perché il fondatore del Movement Union sarà colui che di lì a qualche anno inventerà lo slogan di “Europe a nation” cioè un fantasioso progetto di fusione degli Stati europei in un unico Stato europeo e di assimilazione dei popoli europei in un'unica futuribile nazione (attraverso un progetto di ingegneria sociale o etnica similare a quello che Kalergi prospettava in Praktischer Idealismus?).
kalergi giovane
“Europe a nation”, nella sua traduzione nelle varie lingue nazionali (da noi ‘Europa Nazione’) divenne poi la parola d’ordine dei movimenti neofascisti, come vedremo dopo.
Per inciso, se abbiamo parlato di “Ingegneria sociale” è perché l’Europa, come sappiamo, non è una nazione ma un continente di diverse nazioni, affini storicamente ma non uguali e il fonderle per farne una sola “nazione”, senza tener conto che ciò comporterebbe la distruzione di intere identità culturali e linguistiche per la creazione di un ibrido mostruoso, non può che essere un progetto di manipolazione sociale ed etnica, dirigista e probabilmente anche violento nella sua attuazione.
Tale manipolabilità delle nazioni europee in vista di un progetto di ingegneria sociale risulta più comprensibile se si condivide l’assunto di fondo di Kalergi in Paneuropa, dove sostiene che le attuali nazioni europee non siano delle “comunità di sangue” (Blutgemeinschaft), ma solo “comunità di spirito” (Geistesgemeinschaft), aventi non tanto antenati in comune ma miti ed eroi comuni, rimpiazzabili quindi con altri miti attraverso l’educazione.
Le nazioni sarebbero perciò, come si dice oggi nel lessico della sociologia ‘liberal’, solo dei prodotti culturali. La “razza” invece per Kalergi è qualcosa di più sostanziale, e lo testimonia l’importanza che dedica in Pr.Id. all’eugenetica per la futura classe-razza dominante e alla composizione di quella subalterna.
eurafrica
In realtà il progetto di Mosley era un progetto per l’Eurafrica, perché avrebbe incluso anche i dominions britannici e le colonie francesi in Nordafrica. L’accostamento è molto interessante perché anche Kalergi teorizzava una Eurafrica (cfr. Paneuropa-Manifest. Paneuropa. Nr. 9, 1933.), e l’idea, espressa in Pr.Id., di un mescolamento etno-razziale anche con i popoli africani, che avrebbero portato certe nuove caratteristiche “vitali” nelle razze europee, caratteristiche funzionali alla sua idea della futura classe subalterna.
Quindi sia Mosley che Kalergi erano per l’unione eurafricana, anche se con prospettive probabilmente diverse in merito alla gestione dei mescolamenti etno-razziali: per queste diverse interpretazioni del razzismo e della classe-razza subalterna (si veda il lavoro di Matteo Simonetti, Kalergi la prossima scomparsa degli europei, Nexus edizioni).
Mosley ad esempio sostiene che in Africa bianchi e neri debbano restare separati, e forse questa sembra l’unica divergenza fra i due. A parte ciò, i punti di contatto sono numerosi e l’accostamento merita più di una riflessione; ricordiamo anche che alcuni progetti di integrazione europea della U.E. avevano previsto in passato l’estensione dell’unione politica anche agli Stati nordafricani.
In ogni caso tale prospettiva sembra oggi meno sorprendente, dato che i flussi migratori accettati dall’Unione Europea stanno già portando gli africani arabi e quelli sub-sahariani in Europa.
osvaldo mosley
Nel dopoguerra Mosley scrive un testo, The Alternative (1947) in cui affermava la necessità di superare il nazionalismo seguito fin lì dai fascismi pre-bellici e cercare un nuovo paradigma. Il modello di Mosley era molto radicale e prevedeva neppure una federazione di Stati, ma un modello di integrazione totale in unico Superstato multinazionale
(si confronti il testo di Goffredo Harris, The Dark Side of Europe: The Extreme Right Today, Edinburgh University Press, 1994, pagg. 30-31. Il testo di Harris dà un’esegesi accurata del modello statale pensato da Mosley).
In realtà la suggestione di un modello federativo inter-nazionale di Stati europei fece capolino sul finire della guerra anche nel Manifesto di Verona, la costituzione della R.S.I., anche se solo come punto programmatico-ideale da realizzarsi a guerra finita. Il fascismo inglese fu dunque il principale sostenitore di questa visione. Curioso anche che i transfughi del neofascismo italiano durante gli anni ’70 trovarono facile ospitalità a Londra.
L’orientamento di questi partiti rimase sostanzialmente fascista e nazionalista, schierata in difesa della continuità dello Stato nazionale come erede dei risorgimenti e del nazionalismo otto-novecentesco.
La sua ri-apparizione fu nel movimento della Jeune Europe di Jean-Thiriart, un movimento fascio-europeista o euronazionista, che si discostava come formazione politica extraparlamentare dai partiti dell’estrema destra dell’epoca, e ripresentava il modello di fascismo europeo sinarchizzato di Mosley. Non a caso vi aderì anche lo Union Movement fondato da Mosley.
E il simbolo di questa corrente, che andò ad influenzare i gruppi giovanili del neofascismo europeo fu – e a questo punto è impossibile credere alla “casualità” – proprio la Croce Celtica, nella versione che conosciamo, leggermente differente da quella presente nella copertina delle opere di Kalergi e della sua Paneuropa, ma sempre di nuovo troviamo lo stesso simbolo affianco ad organizzazione europeista.
Due indizi fanno una prova. Andiamo avanti: il movimento di Thiriart durò ufficialmente dal 1963 al 1969, ed ebbe diverse filiazioni (fra gli italiani vi aderirono Mutti, Cardini e Borghezio). Thiriart proveniva precedentemente da ambienti giovanili di sinistra.
È curioso che questo “esperimento” di fascismo post-nazionale sia nato proprio in Belgio, uno dei pochi Paesi europei a non avere una vera identità di Stato nazionale. Se vogliamo si potrebbe anche fare riflessioni sul fatto che il Belgio è attualmente la sede delle principali istituzioni europee.
Il progetto della destra belga non riscosse immediato successo presso le altre formazioni degli altri Paesi e il congresso di Venezia del ’62 finì in un fallimento, anche per l’opposizione del MSI e dei gruppi dell’estrema destra tedesca.
I belgi tuttavia vanno avanti e formulano un manifesto per ‘L’Europa nazione’, dove si prospetta il superamento dei “piccoli nazionalismi” ma addirittura si rigetta l’idea di una Europa federale o “delle Patrie” (definite idee “senili”) e la creazione di un’unica Nazione Europea.
Vi si prospetta il superamento della democrazia rappresentativa e la creazione di un corpo di rappresentanza della Nazione Europea “basato sulle province europee e composto delle più alte personalità nel campo della scienza, del lavoro, delle arti e delle lettere” (cosa che ricorda la definizione di potere sinarchico come in Saint-Yves d'Alveidre, cioè di un potere meno elettivo e sostanzialmente tecnocratico, come già vediamo delinearsi nella attuale Unione Europea, ma che non è estraneo neanche alle idee oligarchiche e classiste esposte in Pr.Id. in Paneuropa da Kalergi).
Il progetto del Partito Nazionale Europeo di estrema destra si interruppe nel 1969, ma gli scritti di Thiriart, la sua eredità politica e il simbolo della celtica, continuarono comunque a diffondersi in modo lento ma costante, soprattutto negli ambienti giovanili e in contrasto ad esempio con la dirigenza “parlamentare” missina.
Il simbolo della celtica cominciò ad essere universalmente diffuso come emblema del neofascismo, almeno in Italia, solo dopo gli anni ’70 o meglio dai primi anni ’80, con l’esperienza dei Campi Hobbit (il primo si tenne a Montesarchio nel giugno del 1977).
La celtica diventò un simbolo universale dei neofascisti sostituendo gradualmente nei movimenti giovanili, simboli preesistenti, lo storico fascio littorio, la “parlamentare” fiamma del MSI, e quelli più circoscritti delle varie singole organizzazioni poi disciolte (la Bipenne di ON, la runa e il martello di Terza Posizione etc.).
Al contempo l’eredità post-nazionalista della Jeune Europe veniva raccolta negli anni ‘80 dagli eredi di Thiriart con la Nouvelle Droite di De Benoist e Tarchi e diversi altri autori del filone che si situa nel solco post-nazionalista, che se da un lato muovevano una critica al globalismo, dall’altro sviluppavano argomenti che promuovevano il rigetto del nazionalismo ottocentesco, la svalutazione dello Stato nazionale e il suo superamento in favore di strutture sovrannazionali che saranno già una micro-globalizzazione, o un’attuazione del globalismo su scala continentale (i “Grandi Spazi”).
Di fatto tale corrente di pensiero era un’edulcorazione per far accettare nell’estrema destra, i già prescritti piani di “integrazione europea”, creare un consenso a destra e prevenire quello che oggi vediamo nascere come “sovranismo” (ma all’epoca si sarebbe chiamato tranquillamente “nazionalismo”) affinché l’estrema destra non costituisse un collante ideologico contro la creazione degli Stati Uniti d’Europa (all’epoca C.E.E.).
Si può dire che uno stesso pensiero europeista, o meglio il progetto politico portato avanti da un’élite trans-nazionale, abbia preparato diverse versioni del piano, adattandolo ai diversi schieramenti o aree politiche. L’estrema destra, dati alcuni suoi trascorsi e la semina operata dall’azione di lobbying di Kalergi e dei suoi emuli (Mosley fu certamente uno di questi), si prestò bene a questa operazione, e la traccia rimane in alcuni marchi di fabbrica (ad esempio la celtica, altrimenti poco giustificata come simbolo politico, anche se conosciamo le varie spiegazioni “ufficiali” con cui fu motivata questa simbologia dalle formazioni giovanili).
Scritto da Gianluca Fabbri
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