La crisi del mondo moderno
Cap. 1 - L'età oscura
La dottrina indù insegna che la durata di un ciclo umano, a cui dà il nome di Manvantara, si suddivide in quattro età, le quali segnano altrettante fasi di un oscuramento graduale della spiritualità primordiale; e si tratta degli stessi periodi che le tradizioni dell’antico Occidente indicavano come le età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro.
Attualmente, noi ci troviamo nella quarta età, il Kali-Yuga o «età oscura», e si dice che ci troviamo in essa da più di seimila anni, vale a dire da un’epoca di molto anteriore a tutte quelle conosciute dalla storia «classica».
Da allora, le verità un tempo accessibili a tutti sono diventate via via sempre più nascoste e difficili da raggiungere; coloro che le posseggono sono via via sempre meno numerosi, e, se il tesoro della saggezza «non-umana», anteriore a tutte le età, non può mai perdersi, essa si ammanta di veli sempre più impenetrabili, che la dissimulano agli sguardi e sotto i quali è estremamente difficile scoprirla.
Ecco perché, con i simboli più diversi, si parla ovunque di qualcosa che è andato perduto, almeno in apparenza e in relazione al mondo esteriore, qualcosa che dev’essere ritrovato da coloro che aspirano alla conoscenza; ma è detto anche che ciò che è così nascosto ritornerà ad essere visibile alla fine di questo ciclo, la quale, in virtù della continuità che collega ogni cosa, sarà al tempo stesso l’inizio di un ciclo nuovo.
Senza dubbio ci si chiederà: perché lo sviluppo ciclico deve svolgersi in un tal senso discendente, dal superiore all’inferiore, corrispondendo, come si nota con tutta evidenza, alla negazione stessa dell’idea di «progresso» così come è intesa dai moderni?
Il fatto è che lo sviluppo di ogni manifestazione implica necessariamente un allontanamento, sempre più ampio, dal principio da cui essa deriva; partendo dal punto più alto essa tende necessariamente verso il basso, ed esattamente come i corpi pesanti vi tende con un moto incessantemente crescente, fino a quando non incontra un punto d’arresto.
Questa caduta potrebbe essere caratterizzata come una materializzazione progressiva, poiché l’espressione del principio è pura spiritualità;
e parliamo della sua espressione, e non del principio stesso, poiché questo non può essere designato con nessuno dei termini che sembrano indicare una qualunque opposizione, dal momento che è al di là di ogni opposizione.
D’altronde, termini come «spirito» e «materia», che qui per comodità mutuiamo dal linguaggio occidentale, per noi hanno solo un valore simbolico; e, in ogni caso, potrebbero realmente corrispondere a ciò di cui si tratta solo a condizione di eliminare le interpretazioni speciali che dà di loro la filosofia moderna, il cui «spiritualismo» ed il cui «materialismo» sono per noi solo due forme complementari implicantesi a vicenda e parimenti trascurabili per chi vuole elevarsi al di sopra di tali punti di vista contingenti.
D’altra parte, in questa sede non ci proponiamo di trattare di metafisica pura, ed è per questo che, senza perdere di vista i principi essenziali, possiamo permetterci di usare, pur prendendo le precauzioni indispensabili per evitare ogni equivoco, dei termini che, anche se inadeguati, si prestano a rendere le cose più facilmente comprensibili, almeno nella misura in cui ciò è possibile senza arrivare a snaturarli.
Ciò che dicevamo a proposito dello sviluppo della manifestazione, pur essendo esatto nell’insieme, si presenta tuttavia come troppo semplificato e schematico, in quanto può far pensare che tale sviluppo si effettui in linea retta, secondo un senso unico e senza alcuna oscillazione di sorta; la realtà è ben più complessa. In effetti, come peraltro abbiamo già detto, in tutte le cose occorre considerare due tendenze opposte, l’una discendente e l’altra ascendente o, se si vuole usare una diversa rappresentazione, l’una centrifuga e l’altra centripeta; ed è dal prevalere dell’una o dell’altra tendenza che derivano le due fasi complementari della manifestazione: una di allontanamento dal principio, l’altra di ritorno verso il principio, le quali spesso sono equiparate simbolicamente ai movimenti del cuore o alle due fasi della respirazione.
Nonostante queste due fasi siano ordinariamente descritte come successive, occorre comprendere che, in realtà, le due tendenze alle quali corrispondono agiscono sempre simultaneamente, quantunque in proporzioni diverse; e talvolta, in certi momenti critici in cui la tendenza discendente sembra sul punto di prevalere definitivamente nel moto complessivo del mondo, si verifica l’intervento di un’azione particolare che rafforza la tendenza contraria, in modo da ristabilire un certo equilibrio, quantomeno relativo e per quanto lo possano permettere le condizioni del momento, e tale da operare anche un parziale raddrizzamento per effetto del quale il movimento di caduta può apparire come fermato o temporaneamente neutralizzato[1].
Scritto da René Guénon.
note:
[1] Tutto ciò è da riferire alla funzione di «conservazione divina» che, nella tradizione indù, è rappresentata da Vishnu, ed in particolare è da riferire alla dottrina degli Avâtara o «discese» del principio divino nel mondo manifestato, che naturalmente non pensiamo di sviluppare in questa sede.
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