mercoledì 10 novembre 2021

SINDACO, SINDACHESSA O SINDACA? | POLITICA

Caterina Lengua è l'unica Donna ad indossare la fascia Tricolore in Valle Caudina. La Rivoluzione Rosa della politica era ferma ai tempi del Sindaco Alda Lanni, che entrò nella storia come Prima Donna eletta Prima Cittadina. A Montesarchio ora c'è un vicesindaco Annalisa Clemente che apre nuovi orizzonti anche all'ombra della Torre.

Il problema linguistico in Valle Caudina, precisamente a Cervinara, nacque nel lontano 1998 con l'elezione di Alda Lanni, che durò una manciata di mesi, prima di crollare su se stessa. 

«Quella del 1998 - dichiarò Alda Lanni a Lo Schiaffo 321 - è stata un'esperienza positiva, purtroppo non è stata data la possibilità  a quella squadra di governo di poter esprimere al meglio le capacità e la volontà di contribuire alla crescita del paese. L'amarezza è solo quella che si determinò per la frattura dei rapporti umani e politici. Non mi diedero neanche il tempo di poter giungere ad un punto di equilibrio». 

Quindi, la cara Alda (nella foto) fu il primo SINDACO Donna o la prima Sindaca di una cittadina della Nuova Caudium? 

L'apparizione televisiva della Sindaca Lengua ha riaperto una tarantella linguistica molto calda: si dice sindaco o sindaca? Lanni e Lengua sono sindache o sindaci?

Ovviamente, sulla questione c'è una regola e l'Accademia della Crusca lo ha già comunicata nel 2013 e prima ancora nel 2011 nella Guida agli atti amministrativi

è corretto usare le parole sindaca. E si possono usare anche architetta, avvocata, magistata e ministra.

La stessa Accademia spiega che l'uso di forme femminili nuove è già avvenuto con molti altri mestieri: infermiera, maestra, operaia, modella, cuoca, segretaria. E come nessuno si sognerebbe di definire Caterina Lengua un nuotatore (e neppure - errore - una nuotatore), così allo stesso modo è corretto definire Caterina Lengua una sindaca.

Spiega l'Accademia della Crusca:

«Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società, a una sua effettiva presenza nella cittadinanza e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che anche la politica chiede oggi alla società italiana. È indispensabile che alle donne sia riconosciuto pienamente il loro ruolo perché possano così far parte a pieno titolo del mondo lavorativo e partecipare ai processi decisionali del paese. E il linguaggio è uno strumento indispensabile per attuare questo processo».

Caterina Lengua

SINDACA O SINDACHESSA?

Sempre l'Accademia della Crusca consiglia di utilizzare la prima forma: usare tranquillamente le forme in -essa già in uso nella nostra lingua (campionessa, dottoressa, professoressa ecc.), evitare di costruirne di nuove preferendo altre strategie di formazione lessicale (deputata, ministra, sindaca) o l’anteposizione dell’articolo femminile per le forme in -e (la giudice, la vigile etc).

Annalisa Clemente

Secondo la dottoressa Cecilia Robustelli dell'Università di Modena che fa parte dell'Accademia della Crusca«La rappresentazione delle donne attraverso il linguaggio costituisce ormai da molti anni un argomento di riflessione per la comunità scientifica internazionale, ma anche per il mondo politico e, oggi, sempre più anche per quello economico. In Italia numerosi studi, a partire dal lavoro.

Il sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini, pubblicato nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno messo in evidenza che la figura femminile viene spesso svilita dall’uso di un linguaggio stereotipato che ne dà un’immagine negativa, o quanto meno subalterna rispetto all’uomo. 

Ugo Foscolo

Inoltre, in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile (francese, spagnolo, tedesco, ecc.), la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile, che viene usato in riferimento a donne e uomini (gli spettatori, i cittadini, ecc.). 

Frequentissimo è anche l’uso della forma maschile anziché femminile per i titoli professionali e per i ruoli istituzionali riferiti alle donne: sindaco e non sindaca, chirurgo e non chirurga, ingegnere e non ingegnera, ecc.

Qual è la ragione di questo atteggiamento linguistico? 

Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme (ministra proprio non piace!), o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: 

anzi, nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. 

Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche. 

I meccanismi di assegnazione e di accordo di genere giocano un ruolo importante nello scambio comunicativo e meriterebbero di essere conosciuti anche al di fuori della cerchia accademica per fugare la convinzione, diffusa, che usare certe forme femminili rappresenti solo una moda. 

Molti ricorderanno il recente diverbio sorto in una riunione in Prefettura (a Napoli) perché un cittadino chiamava signora (essendo incerto sul termine prefetta!), invece che protocollarmente prefetto, la titolare di questa carica in una provincia vicina.

Anna Ciriani

Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società, a una sua effettiva presenza nella cittadinanza e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che anche la politica chiede oggi alla società italiana. 

È indispensabile che alle donne sia riconosciuto pienamente il loro ruolo perché possano così far parte a pieno titolo del mondo lavorativo e partecipare ai processi decisionali del paese. E il linguaggio è uno strumento indispensabile per attuare questo processo: 

quindi, perché tanta resistenza a usarlo in modo più rispettoso e funzionale a valorizzare la soggettività femminile?».

Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo

immagini tratte dalla rete

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