L'UMILIAZIONE PIù GRANDE: LA DISFATTA DELLE FORCHE CAUDINE
Nel corso della sua storia Roma, come ogni grande potenza che si rispetti, ha collezionato una lunga lista di nemici, alcuni facilmente sconfitti, altri così forti da sembrare, a volte, imbattibili.
Ma prima di Annibale, prima dei Germani, dei Galli e dei Britanni, Roma ha avuto a che fare con un nemico interno, per così dire, un popolo della penisola italica, poiché di Italia ancora non si può parlare: i Sanniti.
Suddivisione in tribù
- i Carricini occupavano la zona settentrionale; le loro città principali erano Cluviae e Juvanum;
- i Pentri occupavano l’area centrale del Sannio, con capitale Bovianum;
- i Caudini occupavano la zona sud-occidentale, con capitale Caudium;
- gli Irpini occupavano la zona sud-orientale; i loro centri principali erano Aquilonia, Aeculanum, Aequum Tuticum, Abellinum, Compsa, Maleventum e Vescellium.
Prima di diventare una vera grande potenza espansionistica Roma dovette conquistare la penisola italica e, a differenza di quello che si può pensare, non fu cosa da poco. Quello dei Sanniti era un popolo fiero, esteso in buona parte dell'Italia centro-meridionale. Durante il periodo della Roma repubblicana i Sanniti diedero parecchio filo da torcere ai Romani, in un continuo susseguirsi di battaglie che avevano come unico fine, da entrambe le parti, l'espansione e la conquista dei territori dell'Italia meridionale. A partire dalla metà del IV secolo a. C., fino agli inizi del III secolo a. C., vi furono ben tre guerre, dette appunto guerre sannitiche. C'è però da dire che, nonostante ci provassero e riuscissero comunque ad infliggere parecchie perdite ai Romani vincendo alcune battaglie, i Sanniti non riuscirono mai a vincere una guerra. In tutti e tre i conflitti a trionfare fu sempre Roma.
Eppure durante la seconda guerra sannitica ci fu un momento in cui i Romani sembravano essere stati colpiti così duramente da non potersi più riprendere. I Sanniti riuscirono a infliggere ai loro nemici una sconfitta così umiliante che sarebbe stata per sempre annoverata tra le peggiori della storia di Roma, quasi al pari della battaglia di Canne. La realtà è che non vi furono perdite umane, quello che venne duramente colpito fu, invece, lo spirito e l'orgoglio dell'esercito romano, deriso come non mai. Stiamo parlando della famosa disfatta delle Forche Caudine.
Nel 321 a. C. l'esercito romano, guidato dai due consoli Tito Veturio Calvino e Spurio Postumio Albino, si era spinto fino nel cuore del territorio sannita, in Campania, nei pressi dell'antica città di Caudium, convinto di poter sconfiggere il nemico e marciare fino a Benevento. Ma i Sanniti avevano già previsto le mosse dei Romani e decisero di giocare d'astuzia: fecero travestire alcuni dei loro soldati da pastori e li mandarono, in incognito, nei pressi dell'accampamento romano. Per spingere i Romani nella direzione voluta, i finti pastori fecero circolare la falsa voce che Luceria, in Puglia, era stata presa d'assedio dai Sanniti.
Luceria era un caposaldo troppo importante per i Romani i quali, ricevuta la notizia, non persero neanche un minuto e si misero in marcia. Proprio per velocizzare il viaggio l'esercito romano decise di prendere la strada più difficile ma più veloce. Si trattava di un percorso caratterizzato da due strette gole circondate da boschi. I Sanniti erano riusciti a portare i Romani proprio dove volevano:
l'esercito romano, infatti, non sapeva che il suo nemico aveva sbarrato, con pietre e tronchi, l'uscita dell'ultima gola. Per completare l'opera, poi, i Sanniti sbarrarono anche il passaggio dal quale i Romani erano entrati, in modo che non potessero neanche tornare indietro. L'esercito romano era completamente in trappola, impossibilitato a qualsiasi mossa.
I Sanniti avevano la vittoria in mano, dovevano solo decidere come muoversi. Secondo la tradizione Gavio Pozio, astuto e abile comandante dei Sanniti, chiese consiglio sul da farsi a suo padre, Erennio Ponzio, ex comandante e uomo assai stimato. Erennio consigliò di lasciar andare i Romani, poiché una simile sconfitta avrebbe per sempre colpito il loro orgoglio e non si sarebbero più ripresi. In realtà la scelta di risparmiare l'esercito romano fu probabilmente dovuta a ragioni politiche, comunque i Romani vennero liberati, ma ad una condizione: prima di riprendere la strada del ritorno dovettero tutti spogliarsi delle loro armi e passare, praticamente seminudi, sotto un giogo fatto da tre lance, inchinandosi davanti ai nemici e venendo derisi da loro.
I primi a passare sotto il giogo furono proprio i due consoli, seguiti dalle altre cariche importanti dell'esercito e, infine, dai soldati semplici. Che duro colpo per un esercito così fiero, che quasi provò vergogna nel ritornare in patria in quello stato.
I Sanniti riuscirono anche a strappare un trattato di pace assolutamente sfavorevole per Roma.
I Sanniti pensavano di avere la situazione finalmente in pugno, ma non avevano fatto i conti con una cosa: la voglia di rivalsa! I Romani non erano come altri popoli, seppur feriti e colpiti nel profondo decisero di vendicare quell'affronto. Cambiarono i metodi di combattimento, la tipologia delle armi, le strategie e, dopo 5 anni, ripresero il conflitto contro i Sanniti che vennero definitivamente sconfitti nel 304 a. C., anno che vide la fine della seconda guerra sannitica.
Cannibali e Re è un progetto divulgativo di rinnovamento della narrazione storica. Raccontano la storia delle soggettività oppresse.
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