airola - Dopo l'incendio divampano le polemiche
Dopo le fiamme del maledetto incendio del 13 ottobre, a distanza di mese esatto, divampano le polemiche tra istituzioni, Arpac e l'agguerrito Comitato cittadino a difesa dell'ambiente. Il Coordinamento è nato poco dopo la sciagura ambientale che ha colpito Airola e i paesi nella scia della nube tossica. Riportiamo la dura nota diffusa dall'avvocato Domenico Forgione, vicepresidente e portavoce nuovo Fronte Ambientalista.
Intanto, aumentano le proteste degli agricoltori Caudini. Si lamentano in rete e sui giornali perché le vendite sarebbero crollate, mentre di pari passo aumenterebbe la sfiducia dei clienti sulla qualità della merce. Riportiamo il comunicato stampa integrale del Comitato per la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e della salute dei cittadini.
Repetita iuvant:
Comunicato
Il 13 novembre, ad un mese dall’incendio dello stabilimento Sapa di Airola, ad un mese dalla nube tossica che ha attraversato la valle caudina, giungendo fino a Napoli, ad un mese dal clamore dei media, ad un mese dallo sgomento, dalla paura e dalla rabbia dei primi istanti cosa resta?
Forse l’indignazione di alcuni, la coscienza ambientalista rinnovata di altri, o un nascente OBBLIGO MORALE, per cui non è sufficiente delegare, ma è doveroso conoscere per decidere del futuro della propria terra, per altri ancora forse non resta che il nulla, il nulla di un giorno dimenticato o da dimenticare, il NULLA di una coscienza annichilita dalla banalità dei giorni!
Per tutti certamente, al di là di quanto siano stati toccati o meno nell’intimo, rimane un clima colmo di incertezze e di altrettanti punti oscuri.
Solo l’altro ieri si è tenuto un incontro al Comune di Airola con gli allevatori “per illustrare le buone pratiche operative per contenere l'inquinamento nella catena alimentare”. Appare inspiegabile la ragione per la quale un incontro del genere, invocato dal comitato Salute & Ambiente dopo alcuni giorni dal fatto, si sia tenuto a un mese dall’incendio; considerando soprattutto che l’ordinanza che istituiva il divieto il pascolo è stata emessa il 14 ottobre, e che in questo mese, in maniera pressoché indisturbata, è continuato il pascolo di ovini e bovini in tutta la zona interessata dall’incendio, come denunciato a più riprese dallo stesso comitato.
Ugualmente incerta la posizione che riguarda gli agricoltori. La stessa ordinanza, infatti, vietava la raccolta di prodotti agricoli e l’irrigazione da pozzi superficiali.
Considerata la gravità dell’incendio molti agricoltori erano consapevoli del fatto che l’inquinamento avrebbe compromesso il raccolto dell’anno.
Per essi anche la notizia confortante dei primi risultati delle analisi, non è stata sufficiente a dissipare lo scetticismo.
Eppure un tavolo istituito presso la Prefettura di Benevento, tra la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia), l’Arpac, l’Asl, e i rappresentanti politici, pareva certificare che ad Airola e in Valle Caudina l’inquinamento fosse scongiurato.
Nello specifico però quella semplificazione evocata si scontrava con una realtà ben più complicata; nella nota dell’Asl, all’esito delle analisi dell’istituto zooprofilattico, il divieto di raccolta cadeva solo limitatamente alla coltura delle olive, la cui lavorazione poteva avvenire solo dopo “accurato lavaggio”, per tutto il resto il divieto RESTAVA!
Intanto il Comune non revocava l’ordinanza del 14 ottobre, ma con un avviso rendeva nota la possibilità di raccogliere le olive, il tutto senza provvedere con una formale ordinanza a specificarne modalità e criteri. Ordinanza, infatti, che ad oggi non è stata ancora emessa!
Per cui, con un avviso generico è stato revocato il divieto di raccogliere esclusivamente le olive, mentre restava e resta in vigore il divieto di raccogliere frutta e verdura, il divieto di pascolo e di irrigazione dai pozzi. In questi giorni i cittadini e i coltivatori si sono posti molte domante, il sentimento prevalente è stato lo smarrimento e il disorientamento.
Ci si chiedeva come mai solo per le olive sarebbe stata possibile la raccolta e non per il resto delle colture, e come mai l’inquinamento avrebbe risparmiato questa coltivazione a danno di altre?
Inoltre, rispetto al lavaggio delle olive da compiere in modo “accurato” ci si chiedeva chi lo avrebbe dovuto fare e chi avrebbe dovuto vigilare affinché questo lavaggio si compisse? E se le acque di questi lavaggi, che avessero rimosso contaminanti sarebbero state esse stesse inquinanti, e nella circostanza come dovevano essere smaltite?
Le troppe domande e i DUBBI insoluti hanno determinato molti contadini, nell’incertezza, a non procedere alla raccolta.
Ma non sono solo i contadini a nutrire dubbi, gli stessi consumatori si mostrano poco interessati all’olio prodotto in alcune zone di Airola. In particolare tutti gli agricoltori della zona in prossimità del monte Tairano, zona notoriamente più colpita dalla nube, lamentano che non riescono a vendere nulla e sono nella condizione di dover buttare tutto.
A questo punto è doverosa una considerazione, è possibile che la decisione assunta in prefettura il 3 novembre scorso, che ha dato il via libera solo alla raccolta delle olive, riservandosi sui risultati relativi alle altre colture ortive, sia stata troppo precipitosa, visto che il danno d’immagine alle colture era ormai stato arrecato. C’era forse un interesse specifico affinché si decidesse solo sulla raccolta delle olive senza attendere i risultati dell’intera indagine?
È verosimile pensare che la quota più importante di un eventuale ristoro o risarcimento avrebbe riguardato proprie le olive, e che sia stata in qualche modo spinta politicamente quella decisione?
Sono domande queste che non si pone il comitato o il sottoscritto, ma la popolazione di Airola danneggiata!
Resta il fatto che i coltivatori si trovano ad essere doppiamente FREGATI: da un lato hanno fatto la raccolta e speso i soldi per l’estrazione dell’olio al frantoio, che risulta invenduto, perché commercialmente compromesso, dall’altro la perdita dall’olio e dalle olive invendute, dovute all’inquinamento a seguito dell’incendio, non permette di invocare alcun risarcimento o ristoro economico, perché inquinamento non è stato certificato!
Discorso più tecnico è invece quello relativo allo stato dell’inquinamento dei suoli. I risultati diffusi dall’Arpac sulle matrici suolo analizzate, impongono due brevi considerazioni.
Innanzitutto, nella relazione Arpac si dice che per Diossine, Furani, e PCB, risulta che tutti i parametri dei “campioni analizzati presentano un valore di concentrazione inferiore alla concentrazione soglia di contaminazione per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale”.
Il rapporto dell’Arpac però non contiene i dati analitici ma riporta esclusivamente che: il “valore di concentrazione è inferiore alla concentrazione soglia”.
Il dato è importante perché il parametro utilizzato dall’Arpac per la soglia di contaminazione, ovvero per definire se un terreno è inquinato o meno, è indicato nei livelli massimi consentiti per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, quando invece molti dei terreni interessati dall’inquinamento hanno una destinazione agricola.
La circostanza è rilevante perché per il suolo agricolo (ex D.M. n 46 del 2019) la contaminazione si raggiunge con valori molto più bassi (dalla metà, a meno di un terzo) rispetto ai parametri di riferimento evocati, per cui un valore conforme per terreni residenziali potrebbe rilevarsi difforme e quindi decretare una contaminazione per un terreno di coltura. Risulta pertanto decisivo conoscere i dati specifici per avere contezza dell’impatto della contaminazione sui suoli agricoli interessati.
Inoltre, importante è anche il numero di campionamenti top soil effettuati, che sono stati circa una decina per tutta l’area di Airola. La quantità dei prelievi, secondo esperti interpellati, sembra essere statisticamente insufficiente; soprattutto considerando che, in relazione all’area interessata dal potenziale inquinamento, il protocollo applicabile alla successiva fase di caratterizzazione prevedrebbe l’effettuazione di diverse centinaia di campionamenti.
Infine, un ultimo aspetto, è relativo al ruolo che ha avuto la Ditta responsabile dell’inquinamento. Nel nostro ordinamento vige il principio «CHI INQUINA PAGA», per cui al soggetto responsabile sono affidati “per legge” gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e di ripristino ambientale delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento, che possono aver subito, anche potenzialmente la contaminazione.
Questo dato normativo è fondamentale perché ad oggi, dopo un mese dall’incendio, non risultano effettuate (per quanto ci risulta) le raccolte dei materiali combusti dispersi sui suoli dei territori interessati, per cui oggi molto di quel materiale combusto si è disperso nei terreni; né risulta sia stata comunicata ai cittadini l’avvio di una rigorosa predisposizione di indagini preliminari sulla potenzialità inquinante del sito.
Tutti questi rilievi sono il frutto dell’ascolto dei tanti cittadini, agricoltori e allevatori che si sono rivolti al comitato e del lavoro dei tanti aderenti, rappresentati da giovani studenti, professionisti e imprenditori, che stanno dando un contributo fattivo alla adozione della migliore soluzione possibile per il proprio paese, la soluzione capace di tutelare la salute di tutti e la salubrità dell’ambiente. Ad oggi il Comune di Airola non ci ha mai ascoltato, né pare intenda farlo, visto che le azioni dell’amministrazione sono tutte adottate con imbarazzante RITARDO. Per cui i tanti auspici alla collaborazione tali sono rimasti, ma senza remore ne prendiamo atto e continuiamo la NOSTRA AZIONE!
A BREVE il Comitato organizzerà un incontro con i cittadini per informare sulle iniziative intraprese e su quelle che si intende portare AVANTI.
Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo
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