domenica 17 ottobre 2021

ROSSOBRUNO A CHI? Analisi del movimento stacanovista | POLITICA

ROSSOBRUNO A CHI? 

Quando la sinistra non capisce quello che sta succedendo, e accade spesso, tende fatalmente a cavarsela con “analisi” che si riassumono quasi sempre così: 

Noi siamo nel giusto, è il mondo che è stupido”.

A volte, per avvalorare tali dotte riflessioni, servono paroline magiche inventate alla bisogna. E’ il caso di “rossobrunismo”, neologismo che vuol dire poco e per questo funziona nei salotti buoni. Effettuando una ricerca storica possiamo collocare la nascita del fenomeno in Germania nel primo dopoguerra e usato sia da una branca dell’estrema destra rivoluzionario conservatrice sia dai marxisti del PC Operaio di Germania (Kapd) di Amburgo, fautori entrambi di una convergenza strategica fra nazionalisti rivoluzionari e comunisti contro il ‘nuovo ordine europeo’ uscito a Versaglia.

Da notare che il Kapd fu poi criticato da Lenin per questa strategia. Lenin infatti criticò l’intransigenza della sinistra comunista tedesca – che animò il Kapd, che rifiutava, a differenza del Kpd, il centralismo democratico e la partecipazione alle elezioni e ai sindacati dominati dai riformisti, organizzandosi a livello europeo alla conferenza di Amsterdam del 3 febbraio 1920, avendo come referente italiano Amadeo Bordiga, unica forza ad animare una resistenza armata al regime nazionalsocialista.

Per il rigido e ostinato rifiuto di riconoscere la pace di Versaglia. Non basta rinnegare le madornali assurdità del ‘bolscevismo nazionale’ (Laufenberg e altri) che, nello stato attuale della rivoluzione proletaria internazionale, si è spinto sino al blocco con la borghesia tedesca per una guerra contro l’Intesa. (Vladimiro. I. Lenin, L’estremismo malattia infantile del comunismo, Opere complete, vol. XXX, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 64)

Tendenze simili in seno al socialismo furono criticate da Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista e da Lenin su Stato e rivoluzione, che contestò gli elementi opportunistici hanno dato vita alla tendenza socialnazionalista. Questa corrente di socialismo a parole e di nazionalismo nei fatti, è contrassegnata da un impudente e servile adattamento dei ‘duci del socialismo’ agli interessi non solo della ‘propria’ borghesia nazionale ma, in maniera speciale, anche del ‘proprio’ Stato.

La lotta per la liberazione delle masse lavoratrici dal dominio della borghesia è quindi impossibile se non si distruggono i pregiudizi opportunistici sullo Stato”. (V. I. Lenin, Stato e rivoluzione. La dottrina marxista dello Stato e i compiti del proletariato nella rivoluzione, Milano, Società editrice l’Avanti!, 1920, pp. 3, 4)

Il termine rossobruno nasce in Russia nel 1992, coniato da giornalisti vicini a Boris El’cin per screditare Gennaro Zjuganov, leader comunista russo a capo del Fronte di salvezza nazionale, coalizione patriottica antiliberista guidata dal Pcfr a cui si assoceranno gruppuscoli patriottici e nazionalisti fra cui il piccolo Fronte nazionalbolscevico di Eduardo Limonov e dell’eurasiatista Alessandro Dugin

Dopo il collasso dell’Urss, El’cin e i suoi sodali vogliono, “per quanto possibile, screditare i comunisti e impedire il loro consolidamento, presentare il Pcus come un’organizzazione criminale e a carattere statale e non sociale, privarlo delle sue proprietà, impadronirsi dei suoi mezzi d’informazione di massa. È esplicita la tendenza della autorità a impedire ai comunisti la possibilità costituzionale di riunire e compattare rapidamente e legalmente le loro fila. 

Allo stesso scopo si lanciano grida disperate che denunciano l’occupazione da parte della ex nomenclatura statale di partito dei posti chiave dell’economia e dell’amministrazione, si comincia a spaventare la gente col cosiddetto pericolo ‘rossobruno’”

Da qualche tempo il termine “rossobruno” vive una seconda giovinezza. Poche discussioni politiche possono svolgersi senza che venga tirato fuori il decisivo epiteto, utile come battuta o come scomunica a seconda dei casi. Il più delle volte, però, questo termine viene citato a sproposito, non contestualizzato o non completamente inteso. Ogni tanto diviene, semplicisticamente, sinonimo di fascista, dunque vengono identificati i rossobruni con “quelli di Cpi” (o cose simili). Altre volte viene usato al posto di nazionalsocialista, determinato non da una particolare presa di coscienza, quanto dall’assonanza alle famigerate “camicie brune” nazionalsocialiste, le SA

A volte, ci è anche capitato di udire discussioni in cui rossobruno veniva utilizzato, a cuor leggero, come offesa ai “compagni che sbagliavano”, quei compagni che magari assumevano posizioni antimperialiste e anticapitaliste o posizione patriottiche, posizioni non consone alla sinistra borghese

Il rossobrunismo è utilizzato dalla sinistra globalista e genuflessa al capitale finanziario, quella millantata sinistra che ha svenduto le ragioni dei lavoratori e dei ceti produttivi agli interessi dell’estremismo capitalista e della finanza speculativa, quella sinistra che ha colpevolmente confuso e incentivato a confondere l’internazionalismo dei lavoratori con il cosmopolitismo del capitale, quella stessa sinistra incidentata e sinistrata che ha barattato i diritti reali delle persone con i diritti civili degli individui.


Preoccupa la sempre più preponderante ignoranza di molti sedicenti compagni che scambiano l’analitica marxista-leninista per rossobrunismo, usando tale categoria come arma politica contro certi compagni e aree di pensiero non graditi. 

Il che è francamente inaccettabile oltre che ridicolo.

Un esempio: nell’irrilevanza generale della sinistra anticapitalista ci sono due filoni: 

uno propone l’uscita dall’UE e dall’euro sostenendo la necessità di recuperare il terreno nazionale come campo d’azione per la lotta di classe; un altro propone invece la distruzione di questa UE per costruire dei “Stati uniti d’Europa socialisti”. 

Questa seconda specie di compagni bolla i primi come nazionalisti, quindi rossobruni. Se volessimo essere provocatori verso i tanti compagni “europeisti” al fine di delegittimare le loro posizioni potremmo dire lo stesso, chiedendo loro: “e che lingua si parlerebbe in questi Stati uniti d’Europa socialisti?” E prevenendo la loro probabile risposta (“come ora, parità di parlare la propria lingua per ogni nazione”) aggiungeremmo:

“E allora perché vorreste escludere da questa nuova organizzazione istituzionale socialista gli stati extra-europei? Siete forse razzisti, rossobruni, imperialisti o cos’altro?”

Codesta “sinistra” si è dimentica di aver bollato come plebee e cialtrone le istanze legittime di ceti popolari che invocavano semplicemente lavoro e giustizia sociale, mentre i carrieristi a tinte rosse, pasdaran del pareggio di bilancio, accumulavano patrimoni e posizioni di privilegio, e, in ossequio agli ordini del capitale, condannavano alla miseria e alla nullità esistenziale intere generazioni.

Il leninismo condanna fermamente tutte le prese di posizione che, nella pratica, avvantaggiano l’imperialismo. Chiari sono anche i testi di Stalin, in cui dice che il marxista deve difendere quei movimenti e quegli stati sovrani che cercano nei loro paesi d’origine l’indipendenza dai tentativi di assoggettamento da parte di potenze straniere. 

Ecco perché i comunisti appoggiano Assad in Siria, le repubbliche popolari del Donbass, Maduro in Venezuela, ecco perché hanno appoggiato Gheddafi in Libia.

https://stachanovblog.org/2019/03/07/rossobruno-a-chi/

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