MENO BACI PIU' SCHIAFFI
Per chi è appassionato di storia dell’eros è consigliabile considerare la lettura del trattato Erotismo futurista, a cura di Guido Andrea Putasso, una panoramica esaustiva di documenti e manifesti erotici futuristi. Tra i tanti, due erano i principi della rivoluzione antropologica futurista: l’uomo moderno doveva tenersi lontano dai gretti dettami della morale borghese e tenersi alla larga da atteggiamenti troppo casti e morigerati. Attratto ipnoticamente dal sesso femminile, l’uomo futurista aveva il dovere di conquistare la donna, «belva semi-addomesticata che sogna affettuosamente di tradire il maschio adorato sì, ma odiato, perché costruttore della gabbiasocietà», e spezzare il mito dell’amore romantico.
Con la frase «meno baci, più schiaffi» Marinetti enunciò in modo conciso l’ideale del rapporto amoroso: non bisognava denigrare la sessualità in nome dell’”amor puro”, ma eliminare i microbi degli antichi sentimentalismi e soprattutto conseguire atti scattanti e disinibiti per alimentare di energia elettrica l’uomo moderno, dal corpo dinamico paragonabile a una macchina.
Attenzione però. Tralasciando queste affermazioni esuberanti ed eccessive, i futuristi volevano rendere la donna al pari dell’uomo e – sebbene furono scettici sul potere politico del femminismo – invocavano l’abolizione dell’autorizzazione maritale, la facilitazione dei divorzi e lo sminuimento del matrimonio.
Come gli artisti rappresentavano tali rivendicazioni?
Sprezzanti delle convenzioni, gli artisti celebravano il libero amore fino alle gioie offertegli dalle pulsanti metropoli del primo Novecento. Nel Manifesto dei pittori futuristi – stampato in due edizioni nel 1910 – Boccioni, Carrà, Russolo, Bonzagni e Romani dichiararono di non poter resistere alla frenetica attività delle grandi capitali. Carrà in Le prostitute (del 1910, distrutto dall’autore) dipinse gli interni di un bordello ritraendolo come una specie di palcoscenico dove inscenare avvenenti nudità, all’insegna di un elogio alla lussuria.
In La risata di Boccioni tre meretrici sono rappresentate sedute a una tavola di caffè, scollatissime e procaci. Oltre a un vero e proprio elogio delle ”gioie della prostituzione”, i futuristi esaltarono le figure simboliche della donna belva e dell’uomo domatore.
Il corpo, oggetto del desiderio dei futuristi, fu posto al centro delle manifestazioni artistiche del movimento, come pittura e fotografia sperimentale, esaltandone il dinamismo, la bellezza, la forza e l’armonia. La nudità si espresse con incursioni nel grottesco e nell’astrazione geometrica, come accade nelle opere di Boccioni, nei nudi di Dudreville, nelle opere di Prampolini e di Gerardo Dottori.
Boccioni, in Studio di Nudo e Nudo simultaneo, sembra rimandare all’opera di Courbet L’origine du monde, in cui il sesso femminile è rappresentato nella sua realtà oggettuale – e che suscita ancora qualche critica e perplessità interpretativa. Nell’opera di Boccioni è esaltata non tanto l’incidenza della messa in scena anatomica quanto la potenza vivificatrice del corpo della donna, inteso come oggetto desiderante e macchina erotica. Il nudo diventa fondamentale negli scatti di Dritkol, che in Donne nella luce rappresenta una dimensione erotica quasi assoluta.
Con l’evolversi del movimento, il topos dell’immagine femminile passò da ”donna-idolo” a ”donna-corpo” composta da carni che sognano di metallizzarsi fino a prendere le fattezze di una macchina da corsa o di un aeroplano. Si pensi al foto-collage di Munari.
Ci ponemmo dunque in cerca di una femmina d’aeroplano dove nel corpo di due donne si innestano la coda e la prua, in una composizione sexy che rimanda a una rivisitazione iconografica della donna-sirena. Per Marinetti, la donna femmina si sublimava nella «mitragliatrice calibro 74». In L’alcova d’acciaio fu la donna stessa a diventare un veicolo militare armato della mitragliatrice 74 e l’immagine diventò protagonista della sopraccoperta del libro, disegnata da Renzo Contratti Ventura e poi censurata.
In conclusione, grazie a Marinetti e ai futuristi, una ventata di sensazioni allontanarono dal panorama novecentesco italiano i sentimentalismi dell’amore romantico, con una serie di provocazioni e rivendicazioni che ancora oggi dopo centodieci anni dalla fondazione del movimento risulterebbero inappropriati alla maggior parte.
Con la sessualità sperimentata in totale libertà, era nato un nuovo modo di amare, posto in antitesi alla società borghese del tempo, ancorata a una cultura ottocentesca dal falso pudore e perbenismo.
Scritto da Serena Santoni
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