L'EXTRAMAPPA - PANORAMICA GENERALE
inchiesta di Massimo Fini, corredata dai disegni di Alfredo Chiappori ( Linus ottobre 1973 )
In principio era il movimento studentesco. Con la emme e la esse minuscole. Era cioè il movimento generalizzato degli studenti, senza divisioni e caratterizzazioni ideologiche, che in università si opponeva e dava battaglia ad anni, decenni, forse secoli, di "autoritarismo accademico".
Correva il 1968, l'anno fatale della contestazione.
Solo in seguito, più di un anno dopo, il movimento studentesco divenne l'MS, quello che oggi si riconosce nella leadership di Mario Capanna, di Luca Cafiero, di Salvatore Toscano. L'MS divenne tale quando dal grande grembo della contestazione universitaria si separarono alcuni gruppi di studenti dissidenti che mal sopportavano un'azione politica che esauriva il proprio orizzonte di lotta all'interno della università e della scuola. Dalla costola di Capanna nacquero così in rapida successione Lotta Continua, Avanguardia Operaia e tutti gli altri gruppi (o "gruppini" come li chiama con disprezzo l'MS) che compongono il variopinto ed intricatissimo cosmo della sinistra extraparlamentare.
La triste e radicata tradizione della sinistra italiana di essere divisa e frazionata (mentre il padrone è uno). Basti pensare ai quattro partiti socialisti del cosiddetto arco costituzionale: PCI, PSI, PSIUP, PSDI. Ma se la sinistra ufficiale è divisa, nella sinistra extra lo sminuzzamento raggiunge limiti parossistici.
Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Manifesto, Potere Operaio, Lotta Comunista, anarchici, Brigate Rosse, Partito comunista (m.l.) italiano, MS, Quarta internazionale, situazionisti, commontisti, Gruppo Gramsci;
chi ci capisce qualcosa è bravo. Addentrarsi in questo ginepraio spesso non è facile per gli stessi addetti ai lavori, per i militanti dell'estrema sinistra. Per i profani poi il guazzabuglio risulta inestricabile.
Il nostro proposito e la nostra ambizione dunque è quella di farvi da battistrada fra i vari e difficili gironi della contestazione. Senza modestia sarò per il lettore la guida, il Virgilio che porterà per mano nel groviglio dei movimenti che, a ragione o a torto, si collocano a sinistra del PCI.
La "contestazione globale" -- così si chiamò all'inizio prima di essere definita contestazione tout court -- ha un periodo di incubazione abbastanza lungo (i primi fermenti risalgono al 1964) ma una data ed un luogo di nascita precisi: Milano, Università Statale, 28 febbraio 1968. Quel giorno vi fu la prima grande assemblea studentesca nell'aula magna dell'Università. Duemila studenti presero una decisione storica: l'occupazione di una università italiana.
Quel giorno furono spazzati dalla scena studentesca, in un sol colpo, l'AGI, l'UGI, il GLUI e compagnia cantante, vale a dire gli squallidi "organismi rappresentativi" degli studenti che fino a quel momento avevano governato l'università. In realtà questi organismi rappresentativi non rappresentavano da un pezzo più nulla, tanto meno gli studenti, caso mai riproducevano con esasperante meccanicità e mimetismo i partiti tradizionali:
nell'UGI si raggruppavano i socialisti ed i comunisti, l'AGI rappresentava i democristiani, il GLUI i liberali, il FUAN i fascisti e così via.
Un parlamento in miniatura, un miniparlamento che del parlamento vero e degli uomini politici aveva ereditato solo i lati peggiori (ammesso che ne esistano di migliori): cioè la verbosità vuota e confusionaria, la sete di potere, il disinteresse assoluto per le masse studentesche, il furto organizzato e legittimato. Da tempo i cosiddetti organismi rappresentativi ed i loro uomini (ne ricordo alcuni: Spano, Da Rold, Riva, Pennetta, Fusi) si erano completamente staccati dalla realtà dell'università e della scuola per inseguire, ad immagine dei loro idoli, suggeritori e finanziatori politici, i propri giochi di potere e i propri intrallazzi.
Tanto si erano staccati questi signori dalla base studentesca da aver perso qualsiasi credito presso le stesse autorità accademiche.
Fu facile quindi alla contestazione ed ai suoi capi sbarazzarsi di questi primi ostacoli. I capi del movimento studentesco allora erano tre: Michelangelo Spada, Luciano Pero, Mario Capanna. Capanna, Pero e Spada erano stati espulsi qualche mese prima dalla Cattolica. Furono loro gli organizzatori di quella prima assemblea, quel febbraio di cinque anni fa, e furono loro i leader indiscussi del primo periodo della "contestazione globale".
I ruoli erano così suddivisi: Spada, che a quel tempo era un bel ragazzino smilzo ed amato dalle donne, aveva funzioni rappresentative e presiedeva l'assemblea, Capanna, grazie al magnetismo tanto decantato, l'oratore principe, Luciano Pero, il più preparato intelligente e colto di tutti, l'ideologo.
A questo triumvirato facevano corona alcune figure minori: Popi Saracino (futuro capo di katanga), De Hann, Mattioli (un "immigrato" savonese), la Lavaggi (una ragazza brutta come il peccato, isterica ed intelligente), Ivan Della Mea, Salvadori, i cugini Jucker, Sansone ed altri personaggi che si sono persi poi negli anni.
Salvatore Toscano allora, a livello di leadership, non esisteva, era un gregario. C'erano già invece con funzioni direttive Luca Cafiero (di cui nessuno allora sospettava le virtù rivoluzionarie, essendo conosciuto come "bravo ragazzo", un po' "ciula", che si era educato ad Oxford, faceva l'assistente e girava in Triumph) ed Emanuele Criscione unico dei rappresentanti dei vecchi organismi universitari che fosse riuscito a salvarsi dal terremoto grazie alla propria pelle di camaleonte.
Il movimento studentesco all'inizio si coagulò su parole d'ordine molto semplici: lotta all'autoritarismo accademico ed al nozionismo.
Su questa base ebbe praticamente l'appoggio di tutti gli studenti, fascisti esclusi. Chiunque infatti avesse frequentato l'università in quegli anni, di qualsiasi ideologia fosse, si sentiva stimolato e d'accordo con un movimento che dichiarava guerra allo stupido formalismo universitario, alle baronie accademiche, ai grotteschi equivoci della scuola italiana, al partitismo esasperato, truffaiolo ed inconcludente dei cosiddetti organismi studenteschi. Chi aveva fatto l'università. anche se non era un ultrà, si sentiva truffato e volentieri si allineava sotto la bandiera di Capanna e compagni.
Le prime assemblee studentesche furono pletoriche ed osannanti. Soprattutto quando parlava Capanna. Si videro allora antiche "secchie", pallidi seguaci del "centodieci e lode", applaudire e battere ritmicamente sui banchi con le mani ossute durante i discorsi di Capanna che allora rappresentava l'ala moderata del movimento e si batteva contro le "frange estremiste" che volevano tutto e subito.
La prima occupazione durò una decina di giorni. Furono i carabinieri a sgomberare all'alba la "Statale" usando la maggior cortesia possibile, il potere non si era ancora ben reso conto del pericolo. Alla seconda occupazione, in aprile, intervennero gli uomini del "battaglione Padova" e fu l'inizio della guerra. Intanto il movimento studentesco si era vieppiù politicizzato. Erano comparsi i primi "tazse bao" (allora si chiamavano così, la dizione corretta "datse bao" venne dopo) che chiedevano non più e non solo l'eliminazione dell'autoritarismo accademico ma l'abbattimento del sistema. Il movimento studentesco perse qualche adepto ma guadagnò in qualità politica.
Il discorso si sviluppò: la scuola era uno strumento del sistema, era uno strumento di classe, e come tale doveva essere abbattuta. Il sistema intero doveva essere abbattuto. E chi era il primo, anche se occulto, sostenitore del sistema?
Era il PCI con la sua politica riformista e ingannatrice. Lotta quindi al PCI, questa fu un'altra parola d'ordine del movimento studentesco. I comunisti italiani vennero tenuti come "traditori" e così anche i socialisti. Verso i socialisti però il movimento studentesco (emme minuscola per favore) e soprattutto i gruppi extra che ne scaturirono in seguito tennero spesso un atteggiamento meno chiuso. Perché?
Per l'animo "mattacchione" esistente da sempre nel PSI, dice Capanna, per le istanze libertarie, laiche e radicali che sono comuni alla base del partito socialista e a parte dei gruppi, dicono altri.
L'ostilità al PCI è stata invece sempre feroce. Solo in questi ultimi tempi, diciamo da un anno e mezzo a questa parte, si è avuto un generale e graduale riavvicinamento dei gruppi al Partito comunista. Per due ordini di motivi: per il generale indebolimento della sinistra extraparlamentare, per la perdita di molte illusioni "sessantottesche" e perché i gruppi extra si sono dovuti rendere conto, amaramente e a proprie spese, che non si può fare nessuna politica di sinistra senza scontare la cambiale del PCI.
In Italia (a sinistra, ma non solo a sinistra) o si mangia la minestra del PCI (ahi quanto annacquata!) o si salta dalla finestra. Del resto. in tutti questi anni, lo scopo del Partito comunista (inconfessato prima, brutalmente dichiarato da un certo momento in avanti) è stato quello di isolare, di emarginare, di togliere ogni credibilità alla sinistra extraparlamentare.
A questo obbiettivo (che si può dire ormai raggiunto) hanno dato naturalmente una grossa mano gli stessi gruppi commettendo in questi anni una infinità di errori. Il primo -- ma non certo l'unico -- è stato quello di sminuzzare il cosmo extraparlamentare in una tale serie di pianeti, di pianetini, di satelliti da perdere molta di quella forza che nel '68 sembrò poter travolgere tutto.
Si calcola che dall'inizio della contestazione siano comparsi e scomparsi sulla scena politica italiana più di un centinaio di gruppi, formati alle volte da poche centinaia o, addirittura, poche decine di militanti. Oggi, a portare avanti il discorso del '68, ne sono rimasti, in tutta Italia. una trentina. Di questi solo otto hanno un certo rilievo ed incidono ancora sulle vicende politiche del Paese.
Se prendiamo come punto di riferimento il PCI l'arco dei gruppi può così essere ricostruito, da destra a sinistra: Manifesto, Movimento Studentesco, Partito comunista (marxista-leninista) italiano. Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Lotta Comunista, Potere Operaio, Brigate Rosse.
E evidente che qui il termine "a sinistra" va preso con le pinze. Ogni gruppo si ritiene infatti più "a sinistra" dell'altro, ogni gruppo pensa di incarnare la "verità" comunista e accusa gli altri, a seconda, o di revisionismo o di avventurismo o anche di pura e semplice provocazione. La chiave più corretta per leggere l'organigramma che abbiamo dato (che vede il Manifesto più "a destra" e le Brigate Rosse più "a sinistra") è quello del rapporto con la violenza.
Così mentre ad esempio Manifesto e MS accettano solo la violenza "difensiva", Avanguardia Operaia e Lotta Continua non fanno tanti "distinguo". tutto è lecito, ma non ritengono ancora maturi i tempi per una violenza "rivoluzionaria"; per le Brigate Rosse o per Potere Operaio invece la rivoluzione va fatta subito e con tutti i mezzi.
Accanto a questi gruppi ve ne sono altri di minore importanza (almeno numerica se non ideologica) che vivacchiano quotidianamente sull'orlo del collasso. In questa "serie B" della contestazione, i movimenti più noti sono:
la "Quarta Internazionale", il Gruppo Gramsci, i situazionisti. Un posto a parte meritano (o meglio meriterebbero perché non è possibile esaurire un discorso così importante in questa sede) gli anarchici.
Capri espiatori per definizione (Valpreda, Pinelli, Della Savia, Pulsinelli...) attaccati duramente da tutte le parti, anche dagli stessi compagni della sinistra "ultrà", gli anarchici esistono ancora sia pur in schiere sempre più sparute. Vegetano però ai margini della contestazione (salvo, come s'è detto, servire da parafulmine quando c'è da trovare un colpevole) anche perché moltissimi hanno sconfinato fra gli hippy abbandonando una lotta politica che, dentro o fuori il sistema, non sembra permettere alcuno sbocco.
Del resto in un paese che riesce ad avere contemporaneamente il più forte partito fascista d'Europa, il più forte partito comunista d'Europa, il più forte partito confessionale d'Europa (con la graziosa aggiunta di quell'enorme peso sullo stomaco e palla al piede che è il Vaticano) ogni lotta politica acquista inevitabilmente il sapore di utopia. Se quindi i gruppi della sinistra extraparlamentare hanno, come pare, fallito il loro compito e non sono riusciti a dare uno sbocco a quella grande "rivoluzione culturale" (questo certamente sì) che fu il '68, hanno indubbiamente delle attenuanti:
il nemico era ed è enormemente forte, copre un arco enormemente esteso "che va -- ci ha detto un leader della contestazione -- da Almirante a Berlinguer, passando per Gianni Agnelli, Fanfani, Cefis e Paolo VI".
Scritto da Massimo Fini
Pubblicato in LINUS, Ottobre 1973
Nota dell'autore
Nell’ottobre del 1973 –ero già passato all’Europeo- feci per Linus una mappa dei vari gruppi della sinistra extraparlamentare che Oreste del Buono titolò “L’extra-mappa”. Li analizzavo nei contenuti. Non era un’inchiesta pregiudizialmente ostile. Cercavo di essere obiettivo. Molti di quei ragazzi li conoscevo bene. Alla Statale fu appeso un tazebao in cui Oreste del Buono ed io venivamo bollati come ‘spie della CIA’.
Oreste, uno degli uomini più intelligenti che ho conosciuto, ma vilissimo, prese subito le distanze dall’’extra-mappa’ e, soprattutto, da me. Mi arrivò un minaccioso biglietto di Oreste Scalzone e Giairo Daghini, di cui al momento non valutai la pericolosità. Ma il colpo non venne da lì.
Nell’’extra-mappa’ avevo preso in giro uno dei leader del MS, Luca Cafiero “di cui nessuno sospettava le virtù rivoluzionarie, essendo conosciuto come un ‘bravo ragazzo’, un po’ ‘ciula’, che si era educato a Oxford, faceva l’assistente e girava in Triumph”.
Quando Ilio Frigerio, un mio amico militante di Lotta Continua che mi aveva aiutato a compilare l’’extra-mappa’ e che conosceva i suoi polli, lesse quel passaggio mi disse: “Tu sei pazzo”. Qualche sera dopo mentre rincasavo arrivarono in quattro, con i caschi da motocicletta e le catene. Quando il capo del manipolo mi fu quasi addosso lo riconobbi al di là della visiera: era Giorgio Livrini, l’allegro ragazzo con cui sei anni prima avevo fatto il ‘guardiaporte’ alla Statale. Si era appesantito nella stazza del picchiatore. Dissi: “Giorgio…”. Vidi nei suoi occhi passare un lampo, che diceva
“Questo qui adesso o lo ammazzo, perché mi ha riconosciuto, o lasciamo perdere”. Finì a tarallucci e vino. Andammo tutti e cinque da Oreste a berci un bicchiere.
Ma se, per volontà del Caso, le cose non fossero andate in quel modo, sarei finito anch’io in sedia a rotelle, come in quegli anni è capitato a molti. Il quotidiano di Lotta Continua pubblicava le fotografie, gli indirizzi, i percorsi, le abitudini di fascisti o presunti tali alcuni dei quali hanno fatto quella fine che io evitai per un soffio. I sessantottini come rivoluzionari erano farlocchi ma tutt’altro che innocenti... (Massimo Fini)
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