Questo articolo parla di diossine. Gli esperti del settore perdoneranno le semplificazioni e le ridondanze, ma si tratta di una trattazione divulgativa. Le lettrici ed i lettori perdoneranno alcuni termini troppo specifici, ma servono per entrare nel discorso e, laddove sia necessario, dare uno spunto per approfondire. Lo scopo di queste righe, infatti, è informare, perché il substrato di ogni miglioramento del nostro contesto sociale è la conoscenza.
Ogni uomo di scienza, sia esso un ingegnere, un chimico, un fisico od un medico, ha il dovere di spiegare la realtà affinché essa possa cambiare. Diceva Ippocrate: «Esistono solamente due cose: la scienza e le opinioni; la prima genera conoscenza, le seconde ignoranza»
COSA SONO LE DIOSSINE
La parola “diossine” ha sicuramente un retrogusto ieratico, ovvero religioso, dato che inizia con “Dio”. In realtà il prefisso è di-, il quale segnala la presenza di due atomi di ossigeno. Le diossine sono un gruppo di 210 composti formati da ossigeno, idrogeno, carbonio e cloro. Le diossine in senso stretto sono le policlorodibenzodiossine o dibenzo-p-diossine, indicate dalla sigla PCDD. Accanto ad esse troviamo i furani, precisamente policlorodibenzofurani o dibenzo-p-furani, indicati dalla sigla PCDF.
Queste due famiglie di composti, diossine (75 specie) e furani (135 specie) hanno caratteristiche affini e pertanto, per semplicità, vengono poste sotto il nome unico di diossine. Le specie di diossine che ci preoccupano sono 17. In genere, alle diossine vengono accomunati i PCB, ovvero gli ipoliclorobifenili, a causa della identica tossicità.
Sui manuali di chimica si legge che le diossine sono formate da due anelli aromatici. Il termine potrebbe farvi tornare alla mente le graffe di via Chiaia a Napoli, invece esso si riferisce al tipo di composto, definito aromatico per la particolare conformazione molecolare. L’aggettivo aromatico venne usato, all’epoca, a causa degli odori molto forti che si avvertivano, e infatti il primo composto studiato con queste caratteristiche fu il benzene, il quale, sì, ha a che fare con la benzina.
La regina delle diossine è la 2,3,7,8-tetraclorodibenzodiossina, abbreviata in TCDD, considerata una delle sostanze prodotte dall’uomo più pericolose in assoluto, essa è spesso indicata con il termine “diossina”, al singolare, tipo laurea honoris causa in tossicità.
Da ora useremo il termine diossine in maniera generica.
TOSSICITÀ DELLE DIOSSINE
Le diossine sono orgogliosamente presenti nell’elenco dei POP (persistent organic pollutants) della “Stockholm Convention”, un accordo mondiale sulla riduzione dell’inquinamento.
La tossicità delle diossine è causata dalla sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con atomi di cloro durante i processi di combustione. Quindi per capire cosa tenere d’occhio, dobbiamo prestare attenzione a qualsiasi processo (lecito o illecito) che preveda il bruciare materiali contenenti cloro.
Le diossine resistono al calore, sono insolubili in acqua e non conoscono degradazione chimica e biologica. Tradotto: è praticamente impossibile sbarazzarsi delle diossine.
Nel suolo si legano al carbonio organico e non si muovono. Se situate in profondità la loro emivita può arrivare a 100 anni, 15 se in superficie. L’emivita è definita come il tempo necessario per eliminare il 50% delle diossine accumulate.
L’acqua è un’ottima via di diffusione, così come le correnti atmosferiche, quindi si diffondono facilmente anche a chilometri di distanza dalle fonti.
Le diossine finiscono nel nostro citoplasma cellulare, andandosi a legare con il recettore AhR (Aryl Hydrocarbon Receptor), provocando problemi a livello di divisione cellulare e a livello ormonale (tiroide in particolare).
In sintesi: la diossina agisce a livello del DNA, provocando il cancro.
LE ANALISI SULLE DIOSSINE
Per valutare la tossicità delle varie specie di diossine, si usa un parametro che ne quantifica la concentrazione in grado di fare i medesimi danni della tetraclorodibenzodiossina, la quale, come detto, è la più dannosa. La domanda alla quale rispondono le analisi è la seguente:
la concentrazione di diossine che sto analizzando, a quanti grammi di 2,3,7,8-TCDD equivale in termini di tossicità?
Questo parametro si chiama TEQ. Quando vengono fornite le analisi dopo un incidente od un incendio, troverete i valori di I-TEQ, dove la I sta per International. La sigla WHO-TEQ invece si riferisce agli standard valutativi della “Organizzazione Mondiale della Sanità” (in inglese, World Healt Organization): sono leggermente diversi, ma il concetto è lo stesso. Stiamo parlando di particelle estremamente piccole, non fatevi gabbare dalle unità di misura quando leggete le tabelle dell’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale). Quando trovate:
- µg, microgrammi, significa che stiamo parlando di un milionesimo di grammo
- ng, nanogrammi, significa che stiamo parlando di un miliardesimo di grammo
- pg, picogrammi, significa che stiamo parlando di un milionesimo di milionesimo di grammo, mille volte più piccolo del nanogrammo
- fg, femtogrammi, significa che stiamo parlando di un milionesimo di miliardesimo, cioè mille volte più piccolo del picogrammo
Prendete un righello e osservate un millimetro. Ebbene, per ottenere un nanometro dovete prendere quel millimetro e dividerlo un milione di volte. Nelle analisi dell’ARPA trovate pg/Nm3, quindi vi stanno dicendo quale è la I-TEQ di diossine rilevate in un certo sito, esprimendo questa concentrazione in milionesimi di milionesimi di grammo in un metro cubo d’aria. La N indica che le analisi sono avvenute in condizioni normali (cioè a una certa temperatura e a una certa pressione).
Il monitoraggio dei PM10 (cioè delle minuscole particelle presenti nell’aria e tossiche per il nostro organismo) non prevede dati particolari sulle diossine: quando serve, i vari enti preposti provvedono ad analisi specifiche.
Il “limite dei PM10 per la protezione della salute umana” non deve essere superato più di 35 volte all’anno (DM 60/02), quindi se esso è stato superato solamente (per esempio) 15 volte, si suppone un impatto medio degli inquinanti non problematico per la salute. Tuttavia, chiariamolo senza indugi, queste considerazioni NON riguardano il monitoraggio specifico delle diossine.
Scritto da Patrizio Cioffi
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