Nell’autunno del 1922 Marinetti pubblica Gli Amori Futuristi. Programmi di vita con varianti a scelta (Cremona, Casa Editrice Ghelfi).
Se ne conoscono tre differenti versioni della copertina: la prima con un ritratto fotografico di Marinetti, le altre due senza immagine ma con titoli inquadrati in una cornice di due filetti in nero e rosso. Una di esse reca il sottotitolo «Romanzo», errato, e disconosciuto da Marinetti. Errato e disconosciuto perché questo non è affatto un romanzo e nemmeno una normale raccolta di racconti ma un modo nuovo di raccontare storie:
“Tutte le forme di romanzo e di novella rimpiangono ciò che fu. Da Omero a D’Annunzio tutta la letteratura può ridursi a questo ritmo di racconto sconsolato: C’era una volta… Noi vogliamo invece una letteratura che dica al lettore: infischiati di ciò che fu! Ciò che fu ha sempre torto! Colla mia solita fecondità inesauribile e geniale io invento un nuovo genere letterario, un nuovo divertimento spirituale: il Programma di Vita, proposta allegra, multiforme, drammatica e balzante di fatti da compiere, di emozioni da provare e di spasimi da godere giocondamente con una centuplicata fede nella bellezza della vita” (pp. 5-6)”.
E così i racconti non hanno un finale ma molti e diversi, ciascuno poi potrebbe scriversene uno da sé, niente è stabilito tutto è possibile. A questa innovazione della scrittura non ne corrisponde altrettanta nell’eros: a parte una scena d’amore con animali non sembra esserci altro di destabilizzante e Marinetti prosegue sulla strada dell’erotismo ottimista ed espressione di vitalità, tanto più coerentemente quanto più affronta e utilizza anziché evitare le risorse del macabro e il pensiero della morte, sempre attento a fustigare l’ipocrisia ma ben arroccato sul sesso come essenziale e naturale completamento dell’unità famigliare.
Forse a causa di questa posizione apparentemente rassicurante viene lasciata passare la provocazione più incredibile per l’Italia cattolica e perbene: la prima bestemmia a stampa nella storia della letteratura italiana.
La troviamo a pagina 108 nel racconto macabro La carne congelata, come una perla tra le altre parole, in bella evidenza. Quando l’ho vista la prima volta non ci credevo. Nessuno sembra ne scrisse né allora né ora, nemmeno la censura. D’altra parte la bestemmia fa parte della vita quotidiana in ogni tempo e luogo, è il corrispettivo del duro lavoro, della sfiga che ci vede benissimo al contrario della fortuna e di tante situazioni che ci obbligano a vivere una vita che non è la nostra:
l’ira dei titani contro l’Olimpo, la maledizione delle regioni oscure, dell’inferno e degli emarginati contro la terra dei beati e la luce del sole. Anche questo è un aspetto dell’erotismo, dove protagonista è l’essere nudo, così com’è del corpo e dei fatti, delle storie: verità e libertà forse sta tutto qui l’eros marinettiano.
La carne congelata, il racconto blasfemo, diventa Come si nutriva l’Ardito e della bestemmia non resta traccia, fu debitamente cancellata: Marinetti era diventato Accademico d’Italia nel 1929, è comprensibile che tirasse un po’ il fiato, aveva già fatto parecchio e ancora c’era da fare.
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