Durante la lotta tra Re Manfredi di Svevia ed il Papa, l’esercito pontificio, comandato dal cardinale Ubaldini, si era accampato da queste parti, ritrovando ristoro fra le varie dipendenze della Chiesa. Nelle successive lotte con Re Carlo d’Angiò, vi si accampò poi il regio esercito angioino, poco prima di uccidere Manfredi nel 1266.
Quasi certamente, con l’arrivo degli Angioini nel regno, insieme al feudo, nacque l’Università dei Cittadini di Cervinara, la Terra di Cervinara. Non sappiamo però la data certa in cui l’Università degli abitanti aventi in comune il patrimonio, gli oneri e i debiti, si scelse anche il simbolo, uno scudo ovale in cui sono raffigurati un cerbiatto e una stella su un monte roccioso a tre punte, rappresentante l’appartenenza del Principato Ultra di Montefusco, sede dov’era il giustiziere e il capitano a guerra con i suoi servienti per la difesa della provincia.
La Comune si scelse anche un protettore, San Gennaro, da venerarsi nell’abbazia della Terra ad esso intitolata. Il feudatario, comprati tutti i beni possibili della Terra che erano stati incamerati dal re, permise così, volontariamente o involontariamente, l’unità politica e territoriale. Non un cervo dunque nello stemma, ma un cerbiatto o un capriolo.
L’Università di tutti i cittadini che abitavano i Casali sotto la giurisdizione del feudatario, oltre il diritto di eleggere dei sindaci (come nel caso del 1272 quando erano primi cittadini Ruggiero de Landolfo, Simone di Sasso e Ursone di Blasio) e di nominare un mastrogiurato per l’ordine pubblico una volta l’anno, aveva il dovere di pagare le tasse, da quella sui fuochi a quella sulla generale sovvenzione, sulla nuova moneta, sulla difesa della provincia, sulla custodia delle spiagge del mare, come risulta dai Registri della Cancelleria Angioina.
Erano i tempi in cui a Cervinara abbiamo notizia di un dottore-fisico, il maestro Giovanni, e dell’avvocato Marziano. Un po’ sfortunata fu però questa comunità che, già dopo la prima grande distruzione del 1135, tardò sempre la ripresa.
Dalle carte dell’archivio di Montevergine esistenti nel grande archivio di Napoli, si ricava che Giovanni Sasso, arciprete di Cervinara, il 5 novembre 1399 donò a Montevergine una cappella che aveva fabbricato sotto il titolo di Santa Maria, sita accanto alla sua abitazione, nel Casale Pantanari, oltre a due case quali dimore di due padri da inviare al servizio della Cappella.
Col tempo l’eremo fu ampliato ed elevato a priorato da papa Paolo V il 19 maggio 1611.
Da una visita pastorale del 1526 veniamo a conoscenza che fu Fra Simone da Cervinara a dare inizio all’attuale Chiesa, sorta su quella precedente, portata a compimento dal monaco successore, Fra Minichiello di Cervinara, fino a giungere a noi come ruderi appartenenti alla famiglia Verna.
L’arcipretura fu istituita prima del 1499, anno in cui abbiamo notizia di un arciprete, esistente in verità già da prima, nella Chiesa di San Gennaro del Casale Ferrari.
Questa antichissima Chiesa, edificata nel corso del 1400, fu ampliata nel 1627 sotto don Cesare Ragucci, finché l’arciprete Pio Piccolo, sul finire del 1700, si elevò il titolo in quello di abate curato, con giurisdizione su più di un paese. Morto costui, seppellito nella stessa Chiesa, ci resta da ricordare un altro arciprete famoso, Giovanni Ghirardi, vicario apostolico e poi vescovo di Montemarano. Ghirardi, nato nel 1656 nel Casale di Scalamoni, fu conosciuto per la pubblicazione di due sinodi, della Vita di San Giovanni e Del modo di governare e di un altro libro sul vivere civile: Ragguagli per ben vivere nella vita civile. Passato a miglior vita nel 1745, fu seppellito nella Chiesa di San Giovanni a Cervinara.
La facciata della Collegiata di San Gennaro, attigua ad un campanile a finestroni ad arco, è del tipo a capanna con due ali laterali posteriori ed un portale di pietra del 1581, con il frontone spezzato da una nicchia in cui è custodita una piccola statua di San Gennaro, due finestre archivolate e due portoni laterali che danno verso l’interno a tre navate.
È ritenuto il più antico luogo di culto, dove è possibile ammirare un coro ligneo del 1500, l’ex cappella privata dei marchesi Caracciolo, il sepolcro marmoreo del vescovo Giovanni Ghirardi, la tomba dell’abate Ragucci e l’altare maggiore in marmi policromi.
La Chiesa parrocchiale è quella di Sant’Adiutore ai Salomoni, già esistente nel 1688, come nel caso della Chiesa di San Potito agli Scalomoni, degli Ioffredo, di Valle e di San Marciano. Vi è poi il monastero dei Carmelitani con la Chiesa, al Trescine, e il monastero di Santa Maria delle Grazie a Pantanari, di cui resta una cappella in rovina. Fra i Carmelitani si ritirò, nel 1693, Fra’ Elia Astorini, filosofo e medico, nipote del celebre Tommaso Cornelio, primo matematico napoletano che, a Cervinara, aveva fondato una scuola di matematica per giovani, come ben leggiamo nelle ricerche del Barionovi.
Nel 1270, la Regia Corte di Napoli possedeva diversi beni, in quel di Cervinara, affidati a Cunsio de Morello, poi al figlio Errico e, ancora, a Bartolomeo de Luciano che, nel 1273, era stato citato in giudizio dal monastero di San Gabriele di Airola per essersi impossessato di 15 casate di coloni nel Casale de La Valle, precedentemente tenuti da un Cunsio di Airola. In realtà i beni non erano proprietà né dell’uno, né dell’altro, ma della Regia Corte alla quale ritornarono, prima di entrare in possesso dei feudatari francesi scelti dalla Corte per l’affidamento, da Ferrerio de Charalt prima, ad Isabella de Chauville poi.
Carlo I d’Angiò, passato alla storia come un re prepotente e crudele, possessore indiscusso del Regno, nel 1279, aveva concesso l’intero feudo di Cervinara ad Isabella de Chauville, dalla quale, nel 1288, l’ebbe un altro nobile francese, Giovanni della Leonessa, che si ritrovò molte terre incamerate dalla Regia Corte durante la conquista fra le quali quella di Cervinara.
Giovanni era maresciallo del Regno ed aveva sposato Filippa Gianvilla, imparentata con i reali di Francia. Nel 1283 anche il Casale di Valle venne dato in feudo a Giovanni di Lagonessa, il quale, due anni prima, aveva già comprato da Ruggiero de Molinis, forse un diretto discendente del signore normanno de Molinis, altri beni feudali, ottenendo la licenza per esigere la sovvenzione dei vassalli in quanto aveva servito il re per tre mesi quando era a Viterbo.
Nel 1284 Guglielmo de l’Etendart voleva il riconoscimento, come feudatario del milite Riccardo Cappelli (forse discendente di Soaldo che nel 1256 era miles ex Castello di Cervinara), per i beni posseduti in Arienzo e Cervinara. A Cappelli successe il figlio Pandolfo, come suffeudatario de l’Etendart (detti degli Stendardo) che, nel 1303, concedeva ai fratelli Giovanni e Francesco de Gregorio due pezzi di terra sulla Croce. Morto nel 1295, il figlio Carlo, generale dei presidii e quindi Gran Siniscalco del Regno, ne ereditò i beni e sposò la figlia del conte di Ariano Caterina di Valdimonte (de Vaudemont) dei reali di Francia, con il titolo di maresciallo del Regno.
I discendenti della famiglia francese di Guglielmo de la Gonesse, milite di Carlo d’Angiò al quale era stato concesso il Castello di Airola, si ritrovarono così a dividere la proprietà:
Airola a Giovannuccio e Cervinara a Carlo. Nel 1296 Carlo aveva prestato servizio militare per il possesso dei Casali di Pandarano, Leoncelli, Campora e Valle, facendo la “soccia di Ruggiero de Molinis”. Carlo aveva generato Giovanni ed Errico, che, nel 1314, successe nel possesso del feudo alla morte dei familiari.
Errico era tenuto assai in considerazione dalla Regina Giovanna, al punto che in molti diplomi è chiamato “affine”…
Autore: Arturo Bascetta
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