Con riferimenti alla condizione economica e sociale dei popoli e alle conseguenti diverse forme costituzionali messe in atto, dalla Grecia antica ad oggi, l'attenzione è portata sulle conseguenze economiche della crisi finanziaria esplosa negli Stati Uniti a fine 2006 che in l'Italia sono aggravate dall'avvenuta soppressione dell'IRI.
Gli uomini tendono ad associarsi ed a produrre ricchezze. Mai due fenomeni dipendono molto dall'ambiente in cui si manifestano (giungla o deserto, ad esempio). Produrre ricchezza ed associarsi porta anche a conflitti fra diversi gruppi di uomini. Si provocano guerre per far sorgere imperi, ossia il predominio di una oligarchia con a capo un proprio rappresentante.
La Storia su basi di elementi recenti, registrati come il ricordo scritto o comunque tramandato, é effetto di cambiamento, di progresso e comunque di una mobilità nelle condizioni sociali. Accadimenti antichi sono attuali anche oggi.
La Grecia (nel Mediterraneo ed in particolare nelle isole del Mare Egeo) sviluppa una grande civiltà ed una cultura. L'Impero romano esercita guerre con una finalità di ordine politico e sociale mai viste: ogni popolo libero entro i propri confini.
Restano validi i rapporti sociali dei Comuni del XIII Secolo. Le tecnologie invece, col progresso graduale e razionale, diventano sempre più strumenti produttivi sia nell'attività agricola che in quella industriale. La Società che produce, incrementando i beni, sente di partecipare sempre più alla sua gestione ed al mercato del suo prodotto.
Si formano nella Storia due grandi rivoluzioni relativamente vicine nel tempo ma lontane nei luoghi:
la guerra americana fra Stati del Nord e del Sud e la Rivoluzione francese. Nasce lo Stato Moderno con la caduta dei privilegi storici dei poteri politici oligarchici o regali e la conseguente partecipazione dei poteri locali.
Nella seconda metà del XIX Secolo è in evidenza, e si sottolinea nella situazione politica, soprattutto la condizione sociale ed economica. Il Capitalismo, che viene assumendo sempre maggior potere in ciascuno Stato, ha per massimo fine il profitto con le conseguenze sociali colte da Carlo Marx. Il massimo profitto comporta la maggior diminuzione dei costi, fra i quali è primo quello del personale. Di qui le considerazioni di Marx che portano ad una economia produttiva "statalista" in alternativa a quella "capitalista".
Nascono le ideologie socialista e comunista: Stato comunista contrario a Stato capitalista. Lo Stato indipendente dalle definizioni socioeconomiche lo interpreta Mussolini.
Egli ne privilegia i contenuti etici tanto nelle finalità di politica interna che estera. Alternativo é lo Stato democratico. In condizioni di politica liberale rimane e si afferma il regime economico "capitalista": lo Stato interviene nei rapporti sociali (contratti di lavoro a salvaguardia dei salari, con assistenza dei sindacati).
Dal punto di vista storico, dunque, insorgono diverse forme di partecipazione costituzionale. Una la potremmo sintetizzare "statalista" che esprime una possibile partecipazione di massa in un aspetto assolutista (ad esempio il comunismo).
L'altra é quella "democratica" nei suoi diversi contenuti. Quello liberale (inglese) è semplicemente partecipativo sia nei contenuti economici che politici. Oppure capitale e lavoro sono lasciati indipendenti e i rapporti fra datore di lavoro e lavoratore sono liberi e si organizza, con l'intervento dei sindacati, la difesa dei lavoratori, senza che lo Stato intervenga.
Nella costituzione dello Stato Fascista é garantita la libertà di impresa, ma essa si esercita in un ambito settoriale nel quale é riunito capitale e lavoro, impresario e lavoratore. Si tratta delle Corporazioni e il sindacato diventa funzione inutile perché ogni rapporto nel mondo del lavoro cessa di essere conflittuale.
Naturalmente i fatti storici si evolvono dando luogo ad estremizzazioni che vengono superate nel tempo e spesso con la forza e nel sangue. Le funzioni dello Stato hanno dato luogo nel secolo scorso, prima della Seconda guerra mondiale, a fenomeni di estremismo popolare sia socialista che comunista prima di trovare il loro equilibrio in quello fascista.
Con la vittoria degli Stati Uniti nella seconda guerra ha preso il sopravvento anche politicamente lo Stato capitalista in un regime democraticoliberale, che in questi ultimi tempi sembra soffrirne anch'esso una grave, forse la più grave perché non è ancora superata.
E' evidente che non basta essere uno strumento economico valido per esserlo anche politico.
Il motivo? Anzitutto va detto che il Capitalismo o meglio lo Stato può diventare capitalista quando chi opera in qualsiasi settore economico produce utili tali da superare le esigenze aziendali e consortili. Tale ricchezza quando supera i confini e le necessità interne dello Stato influisce sui rapporti fra vari Stati su base globale, oltre che economici e politici anche diplomatici, perché dove fioriscono i politici facilmente appaiono anche i diplomatici.
Questi rapporti possono essere insufficienti e critici soprattutto nella loro funzione di politica estera per imprese che operano fuori dai confini nazionali senza possibilità di accordi fra i governi, in particolare sulla distribuzione degli utili.
Chi produce ricchezza si trova, il più delle volte, molto impreparato a formulare un programma di interesse generale: cioè a gestire il surplus di capitale secondo esigenze non più economiche, ma politiche. In tali condizioni, se é necessario intervenire sulla "Costituzione" dello Stato. Ma come?
Quella fascista, pur assorbendo i valori del Nazionalismo, si riferiva a principi etici ben diversi dal nazionalsocialismo di Hitler. E' possibile che ci si possa avvicinare a principi etici storicamente universali? E' possibile che lo Stato moderno possa essere un compromesso fra quello capitalista liberale e quello autoritario entro limiti costituzionali ben precisi?
E' possibile che lo Stato abbia compiti sia di politica interna che estera che il Capitalismo non si è dimostrato in grado di gestire, riconoscendo a Mussolini il merito di averlo realizzato, o almeno tentato di realizzare, per primo?
Come già accennato, uno dei più importanti e storici interventi dello Stato fascista nell'economia, oltre l'organizzazione delle Corporazioni, è stato quello dell' Ente per la Ricostruzione Industriale IRI nel 1933, allo scopo di superare la crisi del 1929.
Era un Ente attraverso il quale lo Stato assumeva partecipazioni nelle maggiori banche e nelle industrie in crisi per sanare ambedue i sistemi, bancario e industriale, e per dirigere il credito bancario verso le industrie che ne avevano bisogno.
Nel 1937, visto l'ottimo risultato dell'iniziativa, l'Ente viene consolidato con una legge che ne precisa l'organico e le modalità di intervento.
Le industrie vengono raggruppate per settore di attività. Tra le tante si formano Enel, Finmeccanica, Finsider, Stet. Nel dopoguerra l'IRI avrà ruolo determinante nella ricostruzione dell'economia dell'Italia fino al 1992 quando sarà trasformato in Società per Azioni, ma nel 2000 da comunisti e compari verrà soppresso, benché valido.
Il Fascismo è stato un armonico insieme di principi etici, morali e sociali (per primi Patria, Famiglia, Religione, diritti del lavoro), fissati nella Costituzione dello Stato, che si è fondato su un sistema economico in cui accanto alla libertà d'impresa c'era un pronto intervento dello Stato tramite grandi istituzioni come IRI e Corporazioni e il tutto per salvaguardare proprio detti principi fondamentali.
Emulando il Fascismo, riusciranno mai gli Stati Uniti d'America a modificare la loro Costituzione, completamente liberale, in una in cui lo Stato abbia un ruolo di intervento?
Per risolvere la crisi attuale sarebbe sufficiente che il Governo statunitense dopo le misure adottate in campo finanziario, intervenisse con finanziamenti nel campo delle infrastrutture costituendo un Ente operativo oltre che nel campo finanziario anche in quello degli investimenti nei vari settori produttivi. Anche se il passo non é facile perché la componente finanziaria, importante elemento politico e di potere, potrebbe essere o di ostacolo o di prevaricazione.
La democrazia liberale affermatasi con la vittoria degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale non ha risolto la fame nel mondo che anzi è cresciuta per raggiungere, secondo recenti statistiche, un miliardo di abitanti con una punta nell'ultimo anno di cento milioni di morti.
Perciò il prossimo futuro della politica internazionale del globo si presenta incerto ed imprevedibile. Gli Stati Uniti mantengono il loro potere globale perché hanno il Dollaro che è la moneta strumento dei mercati mondiali e una supremazia nelle Forze Militari.
In conclusione da queste schematiche considerazioni sembrerebbe che per raggiungere una politica estera "globale" si debba intervenire sulla Costituzione dello Stato modificandone i compiti di politica interna, estera e finanziaria. La estensione globale del capitalismo economico cioè la libertà di investire da parte dell'impresa il superprofitto fuori dai propri confini nazionali senza che lo Stato possa intervenire con un potere politico che ne regoli la libertà.
In altre parole, l'eccessivo liberalismo politico del capitalismo economico è certamente una delle cause dell'attuale crisi economica.
Di fronte alla grande crisi del 1929 che colpì innanzitutto gli Stati Uniti, soprattutto le Banche, è stato già precisato che il Governo italiano reagì non facendo intervenire direttamente lo Stato (come farà Franchino Delano Rooswelt con il New Deal appena eletto Presidente nel 1932) ma costituendo un Istituto di diritto pubblico a partecipazione statale. E' bene ripetere che detto Ente, l'IRI, con partecipazioni in alcune grandi Banche (Banco di Roma, Banca Commerciale, Credito Italiano), innanzitutto per salvarle, indirizzò i crediti verso le industrie in crisi.
Nel 1936 questa attività si formalizzò ed organizzò, e li farà operare sotto controllo, Enti intermedi raggruppati secondo le varie categorie di attività in cui l'Istituto per la Ricostruzione Industriale non solo partecipava nell'azionariato ma anche nella direzione tecnica ed amministrativa. Ciò fino alla soppressione del 2000, in odio al Fascismo, mentre di fronte alla crisi economica odierna sarebbe un Ente estremamente utile.
L'Istituto per la Ricostruzione Industriale è stato la dimostrazione dei limiti dell'attività capitalista che non supera quella economica e rimanda alla collaborazione con Enti di Stato quella politica. Ancora oggi il mercato globale non altera le condizioni degli anni Trenta, cioè quelle influenzati dalla grande crisi economica del 1929.
E' da auspicarsi una soluzione che, da una parte superi la filosofia sociale ed economica marxista e del totalitarismo statale comunista e, dall'altra, il liberalismo in campo politico ed economico. La società moderna dovrebbe davvero fondarsi sull'economia capitalista in collaborazione con l'attività di uno Stato responsabile di quella politica.
Scritto da Arnaldo Chierici
ACTA - Bimestrale culturale scientifico informativo della Fondazione RSI.
Anno XXVII N. 2 (81) Maggio/Luglio 2013
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