Bisogna essere forti, bisogna essere sempre più forti, bisogna essere talmente forti da poter fronteggiare tutte le eventualità e guardare negli occhi fermamente qualunque destino.
Questo supremo imperativo categorico è stato incarnato dal nostro irriducibile Goffredo Covino, un Cuore Nero della Valle Caudina che ha vinto la sua sfida contro l'infame Covid-19. Goffredo ha lasciato il Moscati di Avellino dopo ben settanta lunghissimi giorni di ricovero in terapia intensiva. Intubato e sottoposto a tracheotomia, il prof. musicista di origini napoletane, da anni trasferitosi a Roccabascerana, non ha mai mollato. Nemmeno per un attimo.
Goffredo e i suoi Camerati sono abituati a vender cara la pelle, da sempre in prima linea contro ingiustizie, sfascismi e corruzioni, ostili al sistema che cercava di ghettizzare chi la pensava e viveva in maniera differente. Quella comunità umana, politica e militante ha sempre lottato con il coltello tra i denti per difendere Donne e Uomini alternativi alla marcia partitocrazia della Prima Repubblica.
Quest'ultima battaglia vinta, dopo sessantotto primavere, rende onore a quello spirito ardito, controcorrente, passionale, carico di etica e amore che da sempre ha contraddistinto la base Missina.
In cantiere c'è un progetto storico, politico e culturale. Un'opera omnia da tramandare alle nuove generazioni sotto forma di libro. La Redazione de Lo Schiaffo 321 preparò un'intervista per iniziare questa marcia che ora pubblichiamo sotto forma di articolo per festeggiare il suo tanto atteso ritorno, dopo ore drammatiche.
Un abbraccio da parte nostra alla Famiglia, alla moglie Rosetta, ai figli Antonio, Stefano e Marilisa, senza dimenticare la sorella Annalisa, al genero Gianni (anche lui di nuovo a casa dopo la stessa disavventura) e a tutti gli amati nipotini. Tutta la Comunità Politica Caudina e Irpina non vede l'ora di stringere l'avambraccio, mentre quella "musicale" aspetta fiduciosa il Maestro per continuare sognare e a sorridere con la Sua sublime Musica.
Buona lettura, care lettrici e cari lettori.
NOI? OLTRE!
La scelta della militanza nel Movimento Sociale Italiano aveva una sua ragion d’essere in virtù di una solidissima e blindata ideologia, peraltro suffragata dalla incorreggibile voglia di andare oltre. Gli schemi erano appunto il nemico da combattere:
non essere omologato al potere cattodemocristiano era già altro (e il primo schema salta); aborrire visceralmente la follia comunista che comunque montava in maniera esponenziale (e il secondo già salta); vivere la destra in prospettiva Rautiana con la necessaria equidistanza dai doppiopetto d’ordinanza (e salta pure il terzo) raccontano un’opzione davvero scomoda.
A TESTA ALTA
Aggiungi a questo un’accusa strisciante e subdola di carattere affettivo (“Ma come, proprio tu che porti il nome di uno zio morto nella guerra voluta dal fascismo, sei attivista per e in quell’ambito politico?”) e capirete quanto sia stata onerosa quell’opzione. Il bello sta nel fatto, però, che proprio quelle considerazioni taccianti corroboravano la giustezza della scelta:
insomma, mi sentivo sempre più parte di un mondo meraviglioso, libero, puro e duro che mi consentiva di guardare tutti negli occhi, senza doverli abbassare mai.
CUORI NERI
Colla per manifesti e scazzottature con gli attacchini avversari? E’ chiaro che forse era proprio quella la molla per cercare lo scontro fisico, per sentirti fiero di avercela fatta nonostante lo scontro numerico (sempre cinque contro dieci perlomeno).
Le manifestazioni, i cortei, l’attivismo per i comizi (da preparare per gli altri e stupirti, quando eri te a salire sul palco), il saluto romano che ti affascina e che ti esalta quando lo vedi condiviso da migliaia di altri, il bastone ferrato che ti ritrovi per caso (???) ad usare, le riunioni-fiume nella sezione, l’annuncio degli incontri con quegli altoparlanti che, se tutto andava bene, sembravano citofoni, la gente che di nascosto ti stringe la mano, gli amici che ti invidiano, perché non sono liberi: questo è il mio Cuore Nero. A vita.
CAMPO HOBBIT I
Generoso Simeone era per definizione più avanti di tutti, a partire dalla sua caparbia lotta ai “signori delle banche” per finire alla confutazione dello schema “destra-sinistra” tipico della cultura Rautiana.
In effetti la nostra idea era giusto quella di “irrompere a sinistra”, per cui sembrò naturale, quasi fisiologico aderire ad Ordine Nuovo e creare l’happening di Campo Hobbit I al quale seguirono altre due edizioni con minore strascico, non solo mediatico.
A Montesarchio si radunava la destra sognatrice e pesante (non è un paradosso), quella che aspramente contestava l’accusa che veniva mossa al mondo neofascista, secondo la quale in noi sarebbe nata “prima l’azione e poi l’idea”.
SACCOAPELISMO
Il saccoapelismo di quel giugno del 1977 era strettamente correlato alla certezza delle idee che facevano appunto sognare e pensare; quello stesso “saccoapelismo” era una chiarissima beffa al copyright che la sinistra si affibbiava da sola per simboleggiare coesione sociale:
insomma, la solita spocchia di quella sinistra presuntuosa che si schiantava malinconicamente contro il muro dell’illusione marxista. Io c’ero ed ebbi la netta impressione di non essere circoscritto in uno spazio nazionale: percepivo altro, qualcosa di più ampio e di più impegnativo. E vai con “il domani appartiene a noi”.
NAPOLI
Personalmente mi ero formato nella sezione del Vomero Alto, essendo nato e vissuto a Napoli. Massimo Abbatangelo, Lello Bove, Franco Mormile, il notaio Pirolo, Antonio Rastrelli, Antonio Cantalamessa, Bruno Esposito tra i miei Vangeli.
A Napoli c’era poco da disquisire sul piano dialettico con la parte opposta; si scendeva in piazza Cavour, unendoci con la sezione di via Foria, per proseguire verso piazza Dante dove ci attendeva il muro rosso.
Valè, si picchiava e basta, ricevendo e dando, ringraziando poi il Padreterno di essere uscito quasi indenne (le catene fanno male, sia ai polsi che sulla schiena o in petto) da quel cortile (con portone sbarrato): sì, il miracolo della vita che riportavi a casa era una continua riedizione di quello di San Gennaro.
CAUDIUM
In Valle Caudina, tutto era più soft e ti restava, come dicevo prima, lo sfizio della scazzottatura per incollare i manifesti. Decisamente, un’altra storia. Decisamente più schematica, decisamente più limitata all’odio reciproco con i maoisti di San Martino Valle Caudina, il paese rosso per eccellenza che si esaltava soprattutto in occasione della sfilata del 1° Maggio, la Pasqua comunista.
Sinceramente, rispetto all’esperienza napoletana, quei trattori rombanti, quelle camionette piene di falci, martelli e...Aglianico, gli “Avanti, popolo” e quegli slogan scontatamente antifascisti contenenti l’invito a tornare (ma perché c’eravamo stati?) nelle fogne rappresentavano per me, senza offesa per nessun avversario, solo un remake “aglie e uoglie” di Cervi e Fernandel.
GIORGIO E PINO
Resta però un dato importante da non sottovalutare (e vengo alla tua domanda intelligente sulla dicotomia Almirante-Rauti) e dico che non c’era mica troppo spazio per interrogarsi più di tanto su questo schema interno:
c’era l’urgenza continua di misurarsi con l’esterno, con l’avversario, con il nemico.
Indiscutibilmente Pino Rauti non era organico per la piazza, non bucava lo schermo, non affascinava, come l’affabulatore per eccellenza, cioè Giorgio Almirante, Maestro della parola e dell’anima. Rauti era più celebrale, più capace di scavare nell’intimo, quasi compiacendosi dell’etichetta di “eretico”, e quindi più capace di proiettare il pensiero: insomma andava sempre oltre. Almirante ci era invidiato da tutti. Rauti era odiato da tutti.
Almirante era nato per seminare e non per raccogliere. Rauti nemmeno per quello. Rauti però era il faro ideologico, la Stella Cometa che vinceva il congresso di Rimini nel 1990 ed era poi capace di perderlo da solo, qualche tempo dopo, ma con la consapevolezza che sarebbe stato perdonato, così come avvenne. In altri termini, si evince con facilità che di Gianfranco Fini non ci fosse proprio bisogno, viste le stature dei due leaders. Invece, Fini c’è, dal Congresso di Sorrento del 1987, ma questa è un’altra storia, perché Giorgio Almirante, se ne va nel maggio del 1988.
25 APRILE 1980
Per tornare alla Valle Caudina, devo confessare che c’è una data per me, e per tanti altri, assolutamente incancellabile nella memoria: 25 aprile 1980. Ebbene sì, caro Valerio, proprio nel giorno del Natale comunista (la Pasqua, era il 1° Maggio, come detto) organizziamo la visita di Almirante a Squillani e, udite udite, a San Martino Valle Caudina.
Una provocazione sublime, un’apoteosi, una medaglia che non ci siamo più tolti dal petto io, Antonio di Marzo, Gino Verrusio, Nicola Iodice (gli ultimi tre se la sono portata in cielo quella medaglia).
Se permetti una similitudine, quello fu uno...schiaffo micidiale che ha provocato negli avversari dell’epoca una miscela di odio, ferocia, cattiveria che non si è mai diluita fino ai giorni nostri. Ancora oggi, a distanza di trentacinque anni, alcuni “compagni” mi riservano sguardi assassini.
Honni soit qui mal y pense*!!!
MONTESARCHIO
A Montesarchio, i riferimenti del Movimento Sociale Italiano erano impersonati da Benito Simeone, Edoardo Caturano, Rodolfo Pavone, Luigi Innuzzi, il Cavalier Di Stefano, Carlo Clemente, Rosetta De Stasio, Salvatore Croce ecc., tutti organici ad un’azione proficua sul territorio che si manifestava attraverso una intensa vita di partito. Anche la presentazione della lista con il simbolo era praticamente un segmento dell’intera attività che raggiunse il massimo grado con l’elezione di Rosetta De Stasio a consigliere regionale.
La falla, però nel sistema liberal-democristiano del paese l’aveva aperta il già citato Generoso Simeone con la sua elezione a consigliere comunale.
Il MSI prese allora l’abbrivio per la successiva ed importante storia politica che ha comunque visto protagonista la Destra, soprattutto Almirantiana, anche dopo la svolta di Fiuggi. Fondamentale è stata l’opera di coagulo svolta da Ginevra Croce, Donna di Destra e figlia d’arte.
CERVINARA
A Cervinara, nessun dubbio sulla leadership del compiantissimo preside Gerardo Brevetti, autentico galantuomo prestato alla politica. La sua Fiat 600, a completa disposizione di tutti, era il simbolo dell’anima Missina, quell’anima che faceva i conti col passato fascista non abiurandolo, ma contestualizzandolo; a Cervinara come altrove.
Il Preside candidato di bandiera, a prescindere delle effettive possibilità di essere eletto, significava vedere giusto, provarci, arginare la marea rossa, trovare sbocchi, esserci.
Rifiutava ogni etichetta, ogni aggettivazione Gerardo Brevetti: era di Destra e basta. Lo era nei comizi con lo sfondo delle macerie materiali e morali del post-terremoto, lo era mentre gongolava per avere al suo fianco me e o Rosetta De Stasio in veste di altri oratori, lo era nella determinazione di farsi rispettare (“Prima mi ascoltate, poi mi fischiate pure”..), lo era nella concezione libera e spirituale della vita, e quindi, della società e, ancora, della Patria. Deliberatamente non voglio citare altri uomini della Destra cervinarese, perché la figura del Preside (senza offesa per nessuno) si staglia molto alta.
Mi piace ricordare come il salotto di casa Brevetti, “pericoloso covo fascista”, vilipeso da cento tradimenti e maledetto da tanti che auspicavano la distruzione, sia stato poi effettivamente distrutto, ma solo dall’alluvione del 1999….
BENEVENTO
E sempre in tema di localismi, è necessario ritagliare uno spazio importante al fenomeno al decennio 1990-2000. Dunque, Benevento, insieme a Frosinone (dove viene eletto sindaco il “camerata” Moffa) intercetta il senso del fastidio verso tutto ciò che è correlato a Tangentopoli ed assesta uno schiaffo (e sono due, Valè...) al sistema Mastelliano vigente in città, evidentissimo sinonimo di aggiustamenti, apparentamenti, familismi, clientele, connivenze e così via. La Lista civica (si fa per dire) “Partecipare” sbanca. Il neo-sindaco Pasquale Viespoli raggiunge uno sbalorditivo 73%, cioè un plebiscito e tutti ci sentiamo Sindaci (1993).
A pelle, gli esempi - Moffa e Viespoli soprattutto imprimono una micidiale accelerazione al processo di legittimazione di una Destra di Governo fino ad allora solo teorizzata.
AENNE
Conseguentemente, nasce l’avventura di Alleanza Nazionale, grazie soprattutto allora spinta propulsiva di Pinuccio Tatarella, e la Destra si ritrova a Fiuggi (1995) nella convinzione di scardinare gli schemi del passato pagando, però, il prezzo altissimo della appartenenza ad una coalizione. Ecco, probabilmente, noi non siamo capaci di coesistere con altre forze politiche, anche se in qualche modo affini (penso al rassemblement del Centro-Destra amplificato), e probabilmente la nostra natura ci impedisce di applicare in maniera scientifica, o meno, il cerimoniale del compromesso.
No, noi siamo un’altra cosa e non basta l’anticomunismo viscerale e condiviso a cementare in profondità le coalizioni.
Fini intuisce una strada, Berlusconi e gli altri un’altra. Quel parallelismo giunge poi al suo sbocco naturale, cioè alla condanna dello stesso parallelismo per definizione: non ci si incontra mai.
MALEVENTUM
Per tornare a Benevento, resta sullo sfondo la grande amarezza di un 73% dilapidato nel tempo, con lo stesso Viespoli comunque chiamato a ricoprire la carica di Sottosegretario al Lavoro (2001-2006) mentre Sandro D’Alessandro guidava la città; resta anche l’amarezza indicibile nel registrare la presentazione di una Lista civica, per le elezioni comunali, frutto di un accordo ibrido tra Vespoli, Mastella e Nardone che partorì il classico topolino nello stupore generale; restano, infine, a livello nazionale, l’implosione di AN, la mancata rielezione di Fini in Parlamento e l’avventura donchisciottesca di Futuro e Libertà, uccisa nella culla da una micidiale lotta di potere.
DEDICA
Voglio dedicare un pensiero intenso, consapevolmente viziato dal bagaglio ideologico, ai giovani Cuori Neri che hanno sacrificato la vita per l’Idea. L’elenco è lungo e struggente, le riflessioni (al pari delle considerazioni) sono necessariamente retoriche, così come il transfert che faccio con “L’Urlo” di Munch per esprimere quel dolore.
Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo
.....e la nostra lunga storia mi è passata davanti...come una cometa luminosa..non so quando e se ripassera'...So che è stata la mia storia...
RispondiEliminaUn' idea di vita...una speranza,ieri, per i miei figli,oggi,per i miei nipoti..
Malinconia tanta.. speranze poche...se non ci sono più gli uomini e le donne capaci d' interpretare il nucleo pulsante del cuore nero...unico ed eterno...
Corre veloce il tempo...cambia la società...svaniscono gli ideali...è facile patteggiare e scendere a compromessi...
Ma,fortunatamente, l' IDA non muta...è già questa una conquista dei cuori neri..