INTRODUZIONE
Intervista con Roberto Massin
La Rue, 13 ottobre 1947
Céline parla come un libro di Céline la sua conversazione è un monologo. Un monologo come una diarrea inarrestabile.
«Vede: secondo loro, non sono stato abbastanza carogna. Perché fosse tutto a posto, avrebbero avuto bisogno di un bel criminale di guerra. Perfetto, senza sbavature. Allora mi avrebbero rispedito in Francia, porto assegnato. Ma no, così non va: sono soltanto “collaborazionista”. Etichettato. Però non basta perché mi vogliano più qui. […]
«Io sono povero. E questo è imperdonabile. È un delitto». (p. 26)
«E quegli sporchi piccoloborghesi, che cosa pensano di me, eh? Una volta mi prendevano per uno scrittore sconcio. Proprio per questo compravano i miei libri. Per questo soltanto, glielo giuro. […] Adesso sono uno scrittore sconcio e collaborazionista.[…]
«E poi, non essendo semita o filosemita, sono un venduto e un traditore. L’ho detto a qualcuno e lo ripeto a lei: gli ebrei dovrebbero farmi un monumento per il male che non ho fatto loro e che avrei potuto fare. Ho mai denunciato o ucciso qualcuno? Detto fra noi, non le pare che più d’uno dei nostri attuali scrittori dovrebbe essere grato al signor Hitler?… Per fortuna che, in fondo, io sono qui per divertire la platea. Perché tutto questo li diverte. E poi do da vivere ai cronisti. […]
E io che ho sempre sostenuto che Hitler, per fare la guerra, era pagato dagli ebrei. Non dai piccoli ebrei, naturalmente, non da quella grande accozzaglia di poveracci tipo me… no, dagli altri, i nostri Padroni con la maiuscola. Insomma, in tutto questo, se capisco bene, io sono solo il patriota. La prova? Oggi ne muoio. (p. 28)
Intervista con François Nadaud
L’Ordre, 8-9 Febbraio 1984
«È assolutamente falso che io abbia collaborato. Non ho mai scritto un rigo sui giornali pro-nazionalsocialisti, ma io mai, mai ho collaborato.»
«Come giustifica la comparsa sotto l’occupazione dei suoi libri che, per di più d’un verso, erano nella linea nazista?»
«Ho sempre avuto le stesse opinioni. Non si trattava dunque di opportunismo. Ho visto che la Francia si stava buttando in una guerra che credevo funesta per lei, ecco perché sono stato pacifista. Lì ho soltanto nemici. Checché io possa dire, avrò sempre torto e sarò condannato d’ufficio da una giustizia partigiana.» […]
Io sono sempre stato solo e non ho più niente, in casa mia hanno portato via tutto».
«In fondo, vede, mi si rimprovera più che altro di essere stato stupido. Dovevo soltanto fare come gli altri, passare per la Spagna. Pare che abbia collaborato? be’, allora, avrei dovuto fare sparire, durante la guerra, quelli che volevano la mia fine; oggi sarei tranquillissimo.» (p. 36)
Si è corazzato, chiuso in se stesso. Ha conservato gelosamente le sue idee, i suoi odii. Lui che non ha mai creduto in niente non è stato arricchito da questa prova. Sembra addirittura che un orgoglio indomito gli faccia temere ogni trasformazione. (p. 38)
Intervista con Franco Gillois
L’indépendance française, 12 .11.1948
Rapporti con i crucchi, sì, ne ho avuti nel ‘14, come soldato volontario. Tre mesi dopo l’inizio della guerra ero ferito, riformato al 75%, e ricevevo la medaglia al valore… Mi hanno tolto tutto, salvo le cicatrici, naturalmente… Sono solo, povero, spoglio, esiliato, ma ancora in piedi, mi creda.» (p. 42)
[…] Non voglio dover niente a nessuno […] sono sempre stato un uomo libero e sempre lo sarò. Voglio soltanto giustizia e nient’altro… (p. 43)
Non ero mai stato così maltrattato in vita mia, crepavo di freddo, di stanchezza, minacciato, spiato, odiato dagli abitanti, provocato da due o tre polizie rivali, lavoravo giorno e notte in condizioni febbrili, da incubo, sotto bombardamento, fuori bombardamento, non dormivo praticamente più, invalido e malato.
Il nostro tugurio (detto stanza) ci serviva al tempo stesso da dimora, da cucina e da infermeria. Abbiamo vissuto peggio dei porci e infinitamente meno nutriti. (p. 45)
Non ho mai fatto parte del gruppo Collaboration! Non ho mai fatto parte del Cercle européen, e di nessuna delle numerose società franco-tedesche, culturali, letterarie, mediche eccetera. In vita mia non ho mai fatto parte di niente, salvo che dell’esercito francese!…» (p. 46)
«Abetz, questo flagello di mediocrità, questo clown da cataclisma al servizio di un mago per il Brandeburgo». […]
Se però ho perso tutto in questa avventura, il mio onore, grazie a Dio, è intatto. La mia colpa? Aver sempre detto la mia verità. Senza barare. Trovo indegno barare. Ciò che per la moltitudine sentimentale è letteratura, cinema, per me è realtà. Ciò che loro si godono col culo ammaccato su una poltrona a duecento franchi, io lo patisco! (p. 47)
Intervista con Chambri
Europe-Amérique, 11 agosto 1949
Ciò che mi fa soffrire non è l’odio, perché questo è rivolto a un uomo che io non sono mai stato, ma la menzogna. (p. 54)
«Chiunque può diffamarmi nel modo più ignobile, accusarmi dell’azione più vile o dare dei miei scritti l’interpretazione più volgare, e io sono nell’impossibilità assoluta di far sentire la mia protesta. […]
Si preferisce lasciar circolare la leggenda di un Céline “collaborazionista”. Si preferisce lasciar ululare il branco dei miei accusatori, ai quali talvolta sono mescolate persone in buona fede che vengono rese complici di un crimine e che ci si guarda bene dal fare ricredere.
«Il senso stesso dei miei scritti viene radicalmente e perfidamente falsato. Di un monito, di un avvertimento, si fa un’istigazione al delitto. (p. 55)
LOUIS-FERDINAND CÉLINE – POLEMICHE (1947-1961)
GUANDA – Collana PICCOLA BIBLIOTECA GUANDA –
Nuova edizione Febbraio 2018
Traduzione: Francesco Bruno
Introduzione di Ernesto Ferrero
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