martedì 25 maggio 2021

René Guénon L'ESOTERISMO DI DANTE - Significato apparente e significato nascosto (1925) | cap.1

 

I - Significato apparente e significato nascosto


«O voi ch’avete li ‘ntelletti sani,

mirate la dottrina che s’asconde

Sotto ‘l velame delli versi strani.»

Con queste parole[1], Dante indica in modo assai esplicito che nella sua opera vi è un significato nascosto, strettamente dottrinale, del quale il senso esteriore e apparente è soltanto un velo, e che va cercato da chi è capace di penetrarlo. Altrove il poeta si spinge ancora più in là, dichiarando che tutte le scritture, non soltanto quelle sacre, si possono comprendere e devono essere interpretate secondo quattro significati principali: «si possono intendere e deonsi esponere massimamente per quattro sensi»[2].


È d’altronde evidente che questi diversi significati non possono in alcun caso opporsi o annullarsi a vicenda, ma devono al contrario armonizzarsi e completarsi come parti di un tutto, come elementi costitutivi di un’unica sintesi.

È dunque fuor di dubbio che la Divina Commedia, nel suo insieme, possa essere interpretata in più d’un senso, poiché a questo proposito abbiamo la testimonianza dell’autore, sicuramente il più qualificato a informarci sulle proprie intenzioni. Le difficoltà hanno inizio quando si tratta di determinare quali siano questi diversi significati, soprattutto per quanto riguarda i più elevati o i più profondi, ed è qui che inevitabilmente cominciano le divergenze d’opinione fra i vari commentatori. 

In generale, essi concordano nel riconoscere, sotto il senso letterale del racconto poetico, un significato filosofico, o meglio filosofico-teologico, e anche un senso politico e sociale; ma, includendo il senso letterale, i significati sono ancora soltanto tre, e Dante ci avverte di cercarne quattro; qual è dunque il quarto? 

Secondo noi, questo può solo essere un senso propriamente iniziatico, di essenza metafisica, al quale si ricollegano numerosi dati che, senza essere tutti d’ordine puramente metafisico, mostrano un carattere parimenti esoterico. 

È proprio a causa di questo carattere che il significato profondo è completamente sfuggito alla maggioranza dei commentatori; eppure, se lo si ignora o lo si fraintende, anche gli altri significati possono essere compresi solo in parte, poiché esso ne è come un principio, nel quale la loro molteplicità si coordina e si unifica.

Anche coloro che hanno intravisto tale aspetto esoterico dell’opera di Dante hanno commesso parecchi errori riguardo alla sua vera natura, nella maggior parte dei casi perché la comprensione reale di questi argomenti faceva loro difetto, e le loro interpretazioni erano deformate da pregiudizi dai quali non potevano liberarsi. 

Così Rossetti e Aroux, fra i primi a segnalare l’esistenza di questo esoterismo, ritennero di poterne dedurre l’«eresia» di Dante, senza rendersi conto di introdurre così considerazioni relative ad ambiti del tutto diversi; il fatto è che, se anche erano a conoscenza di alcune cose, ne ignoravano molte altre, che ci sforzeremo di indicare, senza pretendere di offrire un’esposizione completa su un soggetto che appare davvero inesauribile. La questione, secondo Aroux, era la seguente: 

Dante fu cattolico o albigese? Per altri, essa sembra invece porsi in questi termini: fu cristiano o pagano?[3

Quanto a noi, non riteniamo corretto un punto di vista del genere, perché l’esoterismo autentico è tutt’altra cosa rispetto alla religione esteriore e, se anche ha con essa dei legami, ciò è possibile solo in quanto trova nelle forme religiose una modalità di espressione simbolica; poco importa, d’altronde, che queste forme appartengano all’una o all’altra religione, poiché ciò che conta è l’unità dottrinale essenziale che si dissimula sotto la loro apparente diversità. 

Per questo motivo gli antichi iniziati partecipavano indistintamente a tutti i culti esteriori, seguendo i costumi correnti dei paesi in cui si trovavano; parimenti, è perché vedeva questa unità fondamentale, e non per effetto di un «sincretismo» superficiale, che Dante ha utilizzato indifferentemente, a seconda dei casi, un linguaggio improntato sia al cristianesimo che all’antichità greco-romana. 

La metafisica pura non è né pagana né cristiana, è universale; gli antichi misteri non appartenevano al paganesimo, bensì gli si sovrapponevano;[4] allo stesso modo, nel Medioevo, vi furono organizzazioni il cui carattere era iniziatico e non religioso, e che però ponevano le loro basi nel cattolicesimo. 

Se Dante ha fatto parte di alcune di queste organizzazioni, come ci sembra incontestabile, non è un buon motivo per dichiararlo «eretico»; chi la pensa in tal modo ha del Medioevo un’idea falsa o incompleta, non vede per così dire null’altro che l’esteriorità, poiché, quanto al resto, non esiste più niente del mondo moderno che possa servire da termine di confronto.

Se tale fu il carattere reale di tutte le organizzazioni iniziatiche, vi furono solo due casi nei quali l’accusa di «eresia» poté essere rivolta ad alcune di esse o a certi loro membri, e ciò al fine di nascondere altre critiche assai più fondate o quanto meno più vere, ma che non era possibile formulare apertamente. 

Nel primo di questi due casi, si tratta di iniziati che si dedicarono a divulgazioni inopportune, rischiando di turbare gli spiriti impreparati alla conoscenza di verità superiori, e di fomentare disordini nell’ambito sociale; gli autori di simili divulgazioni ebbero il torto di creare essi stessi confusione fra i due ordini, esoterico ed essoterico, confusione che giustificava a sufficienza l’accusa di «eresia»; e questo caso si è presentato più volte nell’Islam[5], dove pure le scuole esoteriche di norma non sono soggette ad alcuna ostilità da parte delle autorità religiose e giuridiche rappresentanti l’essoterismo. 

Quanto al secondo caso, avvenne che lo stesso genere di accusa servisse di pretesto ai poteri politici per eliminare degli avversari considerati tanto più pericolosi in quanto più difficili da colpire con mezzi ordinari; la distruzione dell’Ordine dei Templari ne è l’esempio più celebre, e ha una pertinenza diretta con il soggetto del nostro studio.

 Scritto da René Guénon

L'esoterismo di Dante

Note

[1] Inferno, IX, 61-63.

[2] Convito, tratt. II, cap. I.

[3] Si veda A. Reghini, L’Allegoria esoterica di Dante, in «Il nuovo patto», settembre-novembre 1921, pp. 541-548.

[4] Dobbiamo anche dite che preferiremmo usare un’altra parola in luogo di «paganesimo», termine imposto da una lunga consuetudine, ma che all’inizio fu soltanto dispregiativo, applicato alla religione greco-romana quando essa, all’ultimo stadio del suo decadimento, si trovò ridotta a semplice «superstizione» popolare.

[5] Ci riferiamo in particolare al celebre esempio di El-Hallâj, giustiziato a Baghdad nell’anno 309 dell’Egira (921 dell’era cristiana), la memoria del quale è venerata anche da coloro che ritengono che fu condannato giustamente a causa delle sue imprudenti divulgazioni.

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