FASCISTS’ CRIMINAL CAMP
CAPITOLO 5
Le mandrie di cavalli passavano più frequentemente all'orizzonte e l'erba cresciuta ai margini del campo era divenuta alta e una grande serenità era nel cuore di tutti. Le rondini volavano basse sulla terra e qualche usignolo si posava a cantare sui fili tesi del reticolato.
Il cielo era sereno più lento era l'ammassarsi dei prigionieri dei compounds tre e quattro dell'Hereford Camp. Gli uomini vestivano divise kaki slavate e l'azzurro dei nastrini era stinto. Quando il sole fu alto nel cielo l'ammassa mento degli uomini era terminato e dai blocchi frontalmente disposti un canto si levò a salutare il sole di Roma.
Padre Salsa alzò al cielo una croce e benedisse i morti e i vivi e baciò una piccola, bandiera tricolore solcata nel bianco da un'aquila nera. Non fu celebrata una messa, ma gli uomini dissero la loro preghiera: preghiera di soldati che si sperse dolcemente nel silenzio grande della natura.
Era. il 9 maggio 1944 e per l'ultima volta ranghi serrati di. soldati italiani ricordarono il giorno.
Il sole declinò lentamente e il crepuscolo dipinto a tinte violente nel cielo trovò gli uomini a pensare alla Patria lontana dove rombava il cannone e dove la terra era, grazie a. Dio, contesa. Poi fu notte e di lontano giunse il canto dei cow boys.
Le sere divenivano sempre più lunghe e sempre più belli erano i tramonti. Ogni tramonto era uno spettacolo a sé e ogni sera silenziosi gli uomini sostavano a guardare e a meditare o forse seguivano i palpiti del cuore che portavano tanto lontano.
C'era chi raccontava di amarezze passate e di speranze e di lotte e di vendette. Certo il rosso cupo di quel tramonto a strisce gialle e turchine e continuamente cangiante in infinite sfumature, conciliava piuttosto a pensieri d'amore e di pace. Ma nel pomeriggio di quel 10 maggio il campo 3 era stato improvvisamente svuotato. Il capo Capriotti, medaglia d'Oro, aveva, fatto però a tempo a radunare i suoi uomini e a gridare il saluto agli ufficiali.
Quell'Evviva l'Italia perdurava ancora nell'aria tiepida.
A Fort Bliss, d'urgenza, tutto il campo 3.
-Cooperazione forzata!
Aveva detto sorridendo il Ten. Russo, un italoamericano che la notte del 21 aprile era entrato con, una mazza in una delle celle della prigione e bastonato a sangue il caporale Tufanelli. Sarebbe stato promosso capitano, per, questa sua magnifica azione.
-Cooperazione forzata!
Il capo Capriotti aveva riso e con i suoi uomini, incolonnati lungo la pista sabbiosa che menava alla ferrovia della South Pacific Company, aveva intonato la canzone dei sommergibilisti.
-Cooperazione forzata!
Come era in atto in Africa nei campi controllati dagli “alleati”. Il cielo era tutto egualmente scuro, pieno di stelle. Mazzucchelli, Farinella, Battaglini e Zecca erano arrivati da poco da quel campi d'Africa e raccontavano. -Cooperazione forzata!
Primo stadio: imbonimento inaugurato con il giro d'ispezione ai prigionieri italiani del generale Castellano, quello dell'armistizio.
Secondo stadio per i renitenti: isolamento e finte fucilazioni; poi bastonate e fame. Ai malati nessuna cura previa firma dell'I promise...
Ma a Hereford non si sapeva che i campi, i criminali campi, fossero guardati da M.P. italiani. Gli M.P. italiani, bravi encomiati collaboratori che sostituirono le guardie americane e marocchine nel servizio di vigilanza ai Campi. Le “segnorine” francesi di Mascara, St. Denis, Chanchy e Orano erano molto grate agli M.P. italiani, che davano modo, ai boys di essere liberi la sera.
- Peggio dei veri M.P.!
Capitava che qualche ragazza francese lasciasse andare la faccenda della pugnalata alla schiena, quando si presentavano sotto le spoglie del vincitore...Grandi conquiste dunque per i collaboratori nei lupanari di Orano e di Algeri e dei paesi più infimi dell'interno! E quanto mangiare mentre al dì là del doppio filo spinato i “compatrioti” morivano di fame. I campi dei “repubblicani”: quelli dei renitenti. Già perché allora era molto di moda l'Evviva il Re anche nei campi d'Africa.
-Chi non è monarchico non è italiano l'ha gridato parecchie volte il Colonnello Straziota, già dei 7° Bersaglieri.
E chi non era monarchico... “Cooperazione forzata”... o ai lavori forzati, alla Transahariana, dove gli italiani morivano come mosche. Ma mai una protesta, vero Governo Italiano del Sud, per quegli italiani che, erano trattati come bestie.
Finiva maggio e gli M.P. cercavano il guardiamarina Montalbetti. Lo cercavano già da alcuni giorni. Da tre giorni precisamente. E al terzo giorno all'Albo del Comando Italiano del Campo apparve un O.d.G. a firma del Generale Comandante del Campo. Portava
"un encomio solenne per il guardiamarina Montalbetti, assente giustificato dal campo”-
Era cominciata l'epoca delle fughe. E l'Ufficio fughe fu molto attivo. A dispetto del Ten. Dinan, capo dell'Intelligence Office, in un mese i reticolati furono tagliati dodici volte. E di dodici fughe, tre riuscirono. Meta il Messico o Los Angeles poi l'Argentina. La Radio di Amarillo annunciava la fuga, dal campo di Hereford di pericolosi fascisti.
Attenzione! Attenzione! “A dangerous fascist...” ecc...
Ma a quelli ripresi: segregazione, fame, botte da orbi. Botte a rompere le ossa non è vero Col. Mariconda, Capitano Ghisi, Tenente Pandolfini, Capitano Salomone?
Che peccato essere stati prigionieri degli “alleati”! Certo che se ci si fosse trovati in un altro paese si sarebbe potuto contare sul compiacente aiuto dei nativi a cui poi qualche speciale attestato di riconoscenza non sarebbe mancato.
Che gente i civili americani! Aiutavano a catturare i prigionieri fuggitivi invece di nasconderli e aiutarli...
C’era tristezza in tutti anche se il cielo ora azzurro e sereno e l'aria profumata. “Gli alleati” avanzavano su Roma. Il vecchio Generale Scattaglia diede la notizia. Il campo tutto inquadrato.
Roma è caduta! E un brivido e un’angoscia. indimenticabili. Poi la sera la C.B.S. disse dei “fiori” e degli abbracci a Clark e...la Rivista “Collier's” porto un articolo di Frank Gervasi sulle donne. Italiane che “si ottenevano” con una semplice caramella e sul New York Times si lesse di un “appartamento affittabile a Pálm Beach a tutti eccettuati i negri e gli italiani”.
E in quei, giorni un nuovo interrogatorio.
- Se volete rimpatriare dovete collaborare. Volete collaborare?
- No.
- Dunque fascisti?
- Italiani.
- Fascisti?
- Italiani...fascisti... quello che vi pare, ma non rompeteci le scatole...
Disse il Colonnello Calworth al Generale Scattaglia:
- Veri soldati questi...
Scritto da Roberto Mieville
Le immagini sono opere di Gambetti Dino, litografo, xilografo, pittore e ceramista.
1946 c. - Ai P.O.W. del Campo di Hereford, Edizioni d’Arte Goffi - Genova (cartella) LITOGRAFIE
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