Osservazioni sul contesto di scavo
Caudium IN età orientalizzante e arcaica
I gruppi di materiali descritti nelle foto si concentravano in un’area piuttosto limitata, estesa circa ventuno metri quadrati. Essi sono stati deposti intenzionalmente, come mostrala disposizione “ordinata” degli oggetti, in genere affiancati gli uni agli altri, in un caso disposti a semicircolo (gruppo I) e, nel caso dei gruppi V e VI, parzialmente sovrapposti. Come si è detto in precedenza, le modalità di rinvenimento non consentono di escludere che essi fossero stati originariamente deposti in fosse, non rilevate nel corso dello scavo a causa dei profondi lavori agricoli che hanno in parte asportato gli antichi livelli di frequentazione.
Anche l’asse stradale più recente, rinvenuto immediatamente a Est, risultava parzialmente disturbato, tanto che le pietre poste a delimitare il tracciato sono state rinvenute in posizione di scivolamento al centro della strada.
Ad eccezione del gruppo IV, costituito solo da fibule e oggetti d’ornamento in bronzo e in ferro, gli altri contesti comprendevano materiali ceramici, quasi esclusivamente vasellame d’impasto, a cui nel gruppo VI erano associati un saltaleone in bronzo e un vago d’ambra.
La ceramica è rappresentata da forme caratterizzate da un impasto piuttosto depurato, di colore bruno-grigiastro, con superficie levigata, a cui si affiancano esemplari, soprattutto ollette, che presentano un impasto più grossolano, di colore arancio-rossiccio, con molti inclusi. La decorazione prevede sia motivi plastici, quali costolature, cordoni, bugnette o i tipici motivi “a lambda” peculiari delle anfore con collo a clessidra, sia una ricca e articolata sintassi decorativa impressa a rotella, arricchita da motivi a punzone.
Oltre ai triangoli spesso terminanti con cerchietti, sono attestati festoni, cerchi concentrici e motivi vegetali. Di particolare interesse è la decorazione presente su una oinochoe di grandi dimensioni del gruppo V (fig. 9, 1), dove nella medesima tecnica impressa a rotella, oltre ai consueti motivi geometrici - triangoli e cerchi concentrici - posti sulla spalla, ricorrono sulla parte inferiore del vaso coppie di figure antropomorfe e altri motivi non identificabili.
Maggiori dubbi pone l’identificazione del motivo impresso sulla kotyle del gruppo VI (fig.10, 4), forse anch’esso antropomorfo. In generale sia la morfologia che la sintassi decorativa trovano confronti piuttosto puntuali nelle coeve produzioni di altri centri della mesogaia campana, in primo luogo Avella ma anche Calatia, Suessula e Saticula. Confronti si colgono anche con la Valle del Sarno, a cui rimandano forme come l’anforetta con decorazione a baccellature plastiche rinvenuta nel gruppo I (fig. 5, 3), mentre è sicuramente d’importazione la coppetta in argilla figulina decorata a fasce del gruppo III (fig. 7 a, 4), probabilmente di produzione cumana, confrontabile con esemplari di Capua, Nola, Suessula, Vico Equense e Pontecagnano.
In tutti i gruppi ricorre l’associazione di forme chiuse, nella maggior parte dei casi numericamente prevalenti, e forme aperte. Le forme chiuse comprendono oinochoai, anfore e ollette, mentre tra quelle aperte prevalgono le kotylai, seguite dai piatti e dalle scodelle biansate. Nell’ambito di un sistema di associazioni non univoco, si segnalano tuttavia alcune ricorrenze significative: in quattro gruppi su cinque costante è il vaso per versare (oinochoe o brocca), associato alla kotyle (in tre casi) e, alternativamente o in aggiunta, al piatto.
A questa “associazione base” si aggiungono ollette e anfore, spesso presenti entrambe o in maniera alternata, anche reiterate in più esemplari. Piuttosto differente è la composizione del gruppo III (fig. 7 a), in cui è assente il vaso per versare e dove ricorrono invece un’anfora frammentaria e tre forme aperte, di cui due, il kantharos d’impasto e la coppetta in argilla figulina decorata a fasce, attestate unicamente in questo raggruppamento.
Per quanto attiene alla cronologia dei rinvenimenti, l’analisi dei materiali indica una datazione all’Orientalizzante Recente. Infatti, sebbene non manchino forme attestate già nell’Orientalizzante Antico e Medio come l’anforetta con solcature plastiche del gruppo I o la kotyle con decorazione impressa, sono indicative di un orizzonte cronologico compreso tra gli ultimi decenni del VII e gli inizi del VI sec. a.C. le anforette con alto collo a imbuto e decorazione a lambda, la coppetta a fasce del gruppo III e le fibule a ghiande in bronzo e in ferro.
Le tipologie dei materiali rappresentati, tanto il vasellame d’impasto quanto gli oggetti d’ornamento, sono peraltro peculiari delle tombe di Caudium appartenenti allo stesso orizzonte cronologico.
L’impossibilità, allo stato attuale, di disporre di dati di contesto più ampi rende problematica l’interpretazione di tali depositi, soprattutto in assenza di elementi dirimenti in senso assoluto. Mancano, ad esempio, segni che possano ricondurre inconfutabilmente alla sfera del sacro, quali oggetti chiaramente connotati come votivi o tracce materiali riconducibili a precise azioni e/o sacrifici rituali.
È pur vero che, come sottolineato dalla critica recente, nella maggior parte dei casi in ambiente indigeno le manifestazioni del sacro diventino percepibili dal punto di vista archeologico solo in una fase più avanzata e, in particolare in area sannitica, non prima dell’età tardo-arcaica. Nel caso del contesto in questione, tuttavia, le stesse modalità deposizionali degli oggetti, raggruppati e ordinatamente collocati in uno spazio piuttosto limitato, sembrano riferibili ad azioni rituali.
Studi recenti dedicati ai luoghi di culto e alle forme del sacro hanno ben sottolineatole difficoltà di definire con esattezza e decodificare, unicamente attraverso la fenomenologia archeologica, rituali, gesti o cerimonie in assenza di testimonianze scritte o immagini “parlanti”.
La stessa categoria del rituale è declinabile in molteplici forme, non sempre riconducibili a un ambito specifico, soprattutto nel caso di contesti non indagati integralmente e per i quali manchino elementi perspicui. Per lo scavo di Via Napolitano qualche elemento in più si può forse desumere dall’inquadramento topografico del rinvenimento. La zona è posta a non grande distanza dal limite settentrionale della necropoli occidentale di Caudium e, più precisamente, a circa100 metri da alcuni sepolcreti individuati lungo Via Fizzo, che hanno restituito tuttavia tombe databili a una fase molto avanzata dell’insediamento (IV sec. a.C.). Più distanti sono le sepolture risalenti all’età del Ferro, all’Orientalizzante e al periodo arcaico rinvenute sul versante opposto di Via Fizzo.
Non sembra, dunque, che i “depositi” rinvenuti nel nostro scavo possano essere messi in relazione a rituali praticati all’interno di spazi funerari, pure attestati nelle necropoli di Caudium.
Né vi può essere connessione con le aree sacre già note ricordate in premessa, dislocate in aree piuttosto distanti, che non hanno peraltro restituito documentazione anteriore alla seconda metà del VI sec. a.C. Il rinvenimento in questione, infine, non è neppure collegabile a un contesto d’abitato, considerato che l’insediamento è strutturato in forma accentrata già a partire dall’Orientalizzante Antico nell’area a Sud delle necropoli, disponendosi a Est e a Ovest dell’attuale Via Napoli.
Gli elementi a disposizione, dunque, seppur non numerosi, depongono a favore di una connotazione “sacra” dei depositi rinvenuti, come indica soprattutto la stessa composi-zione dei gruppi, con la costante associazione di vasi per versare e per bere e/o libare, presumibilmente utilizzati per il rituale e poi deposti, oppure essi stessi dedicati ritualmente per il loro contenuto. La funzione di dedica è da attribuire più attendibilmente al gruppo IV, costituito solo da oggetti d’ornamento in bronzo e in ferro (fibule, anelli, pendagli), secondo un uso ampiamente attestato nel mondo antico all’interno di aree sacre.
Un’ulteriore riflessione può essere avanzata in merito alla decorazione figurata dell’oinochoe appartenente al gruppo V, su cui ricorrono, disposte in maniera paratattica, coppie di figurine differenti tra loro per dimensioni e per postura. Le figure più piccole hanno le braccia aperte, mentre quelle più grandi, molto ravvicinate tra loro, hanno le braccia sollevate, richiamando iconografie ben documentate nelle ceramiche indigene dell’Italia meridionale nell’ambito di scene interpretate come rituali (choroi, danze, processioni).
In assenza di evidenze specifiche che consentano di inquadrare in maniera più definita il culto praticato, si possono forse richiamare forme di religiosità connesse alla natura o a elementi che con-notano fortemente il paesaggio: il sito, infatti, è posto alle pendici del Monte Taburno, dominante l’intera Valle Caudina, in prossimità di sorgenti e corsi d’acqua.
In conclusione, l’esplorazione condotta in Via Napolitano, seppur parziale e suscettibile di approfondimento, ha restituito molti spunti d’interesse. Il rinvenimento dei depositi di materiali sopra descritti e dell’asse stradale di età arcaica conferma il carattere strutturato dell’insediamento caudino, per il quale le indagini recenti lasciano ipotizzare una distinzione degli spazi funzionali avvenuta già nell’Orientalizzante Antico.
Nell’Orientalizzante Recente l’emergere di forme di ritualità collettive ancor prima della chiara definizione di aree sacre testimonia il grado di organizzazione e articolazione sociale raggiunto dalla comunità, che traspare peraltro con evidenza anche dalla ricca documentazione restituita dalle necropoli, frutto degli intensi rapporti e delle interazioni culturali intercorsi fin dall’età del Ferro con Capua e con gli insediamenti greci della costa tirrenica.
Estratto da:«Kithon Lydios». Studi di storia e archeologia con Giovanna Greco. Naus Editoria 2017
#La foto "Reperti Caudini" è stata scattata da Giovanna di Notte (Ottopagine.it)
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