AUTORITÀ E GERARCHIA_1
In epoche molto diverse della storia, risalendo anche al di là di quelli che per convenzione sono chiamati i « tempi storici » – nella misura in cui ci è possibile farlo con l’ausilio delle testimonianze concordanti forniteci dalle tradizioni orali o scritte di tutti i popoli, troviamo le tracce di una frequente opposizione tra i rappresentanti di due poteri, l’uno spirituale e l’altro temporale, indipendentemente dalle forme particolari che questi due poteri assunsero per adattarsi alla diversità delle circostanze, secondo le epoche e i paesi.
D’altronde, alle origini, i due poteri non esistevano allo stato di funzioni separate, rispettivamente esercitate da individualità diverse; entrambi, al contrario, erano contenuti nel principio comune da cui procedono tutte e due e del quale non rappresentavano che due aspetti indivisibili, indissolubilmente legati nell’unità di una sintesi a un tempo superiore e anteriore alla loro distinzione. (pp. 19-20)
In effetti, ciascun uomo, V in virtù della propria natura, è adatto a esercitare certe funzioni definite a esclusione di altre; e, in una società regolarmente fondata su basi tradizionali, queste attitudini vanno determinate secondo regole precise affinché […] ciascuno si trovi nel posto che deve occupare secondo la norma, e l’ordine sociale traduca così esattamente (i rapporti gerarchici che derivano dalla natura stessa degli esseri). (p.22)
La distinzione delle caste, insieme alla differenziazione delle funzioni sociali che vi corrisponde, deriva in ultima istanza dalla rottura dell’unità primitiva; ed è in quel momento che fanno la loro comparsa, separati l’uno dall’altro, il potere spirituale e il potere temporale, i quali, nel loro esercizio distinto, costituiscono le funzioni rispettive delle prime due caste, quella dei Brahmani e quella degli Kshatriya.
D’altronde, tra questi due poteri, così come più in generale fra tutte le funzioni sociali assegnate da lì in avanti a gruppi diversi di individui, dovette esistere in origine una perfetta armonia, in virtù della quale l’unità primigenia veniva conservata per quanto lo permettevano le condizioni di esistenza dell’umanità nella sua nuova fase, poiché l’armonia, in fin dei conti, non è che un riflesso o un’immagine della vera unità.
È soltanto in uno stadio ulteriore che la distinzione si trasformò in opposizione e in rivalità, e l’armonia venne distrutta per lasciare posto alla lotta fra i due poteri, nell’attesa che le funzioni inferiori pretendessero a loro volta la supremazia, e si arrivasse infine alla confusione più completa, alla negazione e al rovesciamento di ogni gerarchia.
Il quadro generale che abbiamo a grandi linee tracciato è conforme alla dottrina tradizionale delle quattro età successive in cui si divide la storia dell’umanità terrestre, dottrina che non si incontra soltanto in India, ma era nota anche all’antichità occidentale, in particolare ai Greci e ai Latini.
Le quattro età sono le differenti fasi che l’umanità attraversa nel suo allontanarsi dal principio, cioè dall’unità e dalla spiritualità primordiali; esse sono in certo modo le tappe di una specie di materializzazione progressiva, inerente in modo necessario allo sviluppo di ogni ciclo di manifestazione, come abbiamo spiegato altrove.
Soltanto nell’ultima di queste quattro età – che nella tradizione indù viene chiamata Kali-Yuga o «età oscura» e corrisponde all’epoca in cui ci troviamo attualmente, ha avuto luogo la sovversione dell’ordine normale e, innanzitutto, il potere temporale ha preso il sopravvento sullo spirituale […] (p. 24)
Tutto ciò che è, qualunque sia il suo modo di essere, partecipa necessariamente dei princìpi universali, e nulla esiste se non per partecipazione a tali princìpi, che sono le essenze eterne e immutabili contenute nella permanente attualità dell’Intelletto divino; si può quindi affermare che ciascuna cosa, per quanto in se stessa contingente, traduce o rappresenta i princìpi a suo modo e secondo il suo ordine di esistenza, altrimenti non sarebbe che puro nulla. Così, da un ordine all’altro: tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all’armonia universale e totale, giacché l’armonia, come accennavamo poco fa, è il riflesso dell’unità principiale nella molteplicità del mondo manifestato; e questa corrispondenza è il vero fondamento del simbolismo. (p. 27)
L’inferiore può simboleggiare il superiore, ma è impossibile l’inverso[…]. (p. 28)
Scritto da René Guénon
Stralci tratti da ADELPHI – Collana PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI n. 661 – 2014
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