Premessa
La ricerca archeologica a Montesarchio si è arricchita negli ultimi anni di importanti ritrovamenti relativi all’abitato dell’antica Caudium, finora poco noto rispetto alle necropoli, indagate intensamente a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Sulla base di prospezioni geofisiche accompagnate da saggi di scavo è stato ipotizzato che l’abitato antico, delimitato nel IV sec. a.C. da una fortificazione ad aggere, avesse un’estensione di circa 25 ettari.
Tra il 2006 e il 2011 una serie di indagini condotte nel settore nord-occidentale della supposta area di abitato, a Est dell’attuale Via Appia, ha restituito consistenti dati sull’organizzazione dell’insediamento. Sono stati portati in luce, infatti, assi stradali orientati E-O, ai lati dei quali si dispongono edifici con funzioni abitative e produttive caratterizzati dal medesimo orientamento.
Tali elementi consentono di affermare che nel IV sec. a.C. l’abitato fosse strutturato in senso proto-urbano. Il rapporto topografico necropoli abitato sembra indicare che l’insediamento abbia assunto una forma accentrata già a partire dall’Orientalizzante Antico (fig. 1).
Nell’ampia zona occupata dalla necropoli caudina, dislocata tra la contrada Varoni e la cittadina moderna e che ha restituito finora più di 3000 sepolture, non sono state rinvenute strutture o livelli di frequentazione riferibili ad abitato, ad eccezione di alcune capanne della prima metà dell’VIII sec. a.C. messe in luce nella zona orientale del sepolcreto.
Per converso, nell’area più a Sud corrispondente all’abitato di piena età sannitica, non sono mai state portate in luce sepolture, mentre numerosi sono i ritrovamenti di fosse e pozzi che hanno restituito materiali d’uso databili a età orientalizzante e arcaica.
Sulle aree di culto disponiamo di dati molto limitati: come edificio sacro è stata interpretata una struttura in blocchi di tufo a pianta rettangolare con portico di accesso, rinvenuta nell’area posta a Est di Via Napoli. I materiali votivi recuperati dallo scavo testimoniano una frequentazione dell’area tra la fine del VI e la fine del IV sec. a.C.
Allo stesso arco cronologico sono riconducibili le terrecotte architettoniche e i materiali votivi miniaturistici recuperati, sebbene in giacitura secondaria, in un’area più a Nord, presso la cd. Villa Campana, dove probabilmente sorgeva un’altra area sacra.
Un intervento di scavo condotto dalla Soprintendenza Archeologica per motivi di tutela in Via Napolitano, posta immediatamente a Nord della necropoli occidentale di Via Fizzo, ha consentito di recuperare alcuni dati che arricchiscono il quadro finora noto in relazione all’insediamento di età orientalizzante e arcaica.
Sebbene in forma preliminare, presento volentieri in questa sede le prime riflessioni su tale rinvenimento, condividendo con maestri, amici e colleghi il piacere di dedicare un piccolo contributo a Giovanna Greco, a cui mi legano esperienze formative importanti e tanti piacevoli ricordi risalenti agli anni universitari.
Lo scavo in Via C. Napolitano (2013)
L’esplorazione archeologica è stata eseguita in proprietà privata, in occasione della costruzione di un fabbricato (fig. 2). Lo scavo, dunque, ha interessato solo l’area di sedime dell’immobile, corrispondente a un rettangolo di circa 10 metri di larghezza e 21 metri di lunghezza.
Una volta asportati gli strati di terreno superficiale, nella parte orientale del saggio è stato messo in luce un asse viario, costituito da un battuto compatto di terreno misto a pomici e pietrisco calcareo di dimensioni minute (fig. 3).
La strada è orientata N-S, si conserva per una larghezza compresa tra i 2,80 e 4,20 metri ed è stata individuata in lunghezza su tutta l’area indagata. Nella parte meridionale essa curva leggermente verso Ovest, mentre su tutto il tratto esposto sono evidenti solchi piuttosto profondi relativi al passaggio di carri.
Il periodo d’uso dell’asse viario è circoscrivibile tra la prima metà del VI e la metà del secolo successivo. Frammenti ceramici a vernice nera (kylikes tipo C e skyphoi di tipo attico) provengono infatti dallo strato di obliterazione, caratterizzato nella zona centrale dell’asse dallo scivolamento di pietre calcaree di medie e grandi dimensioni, probabilmente collocate in origine a delimitare il tracciato stradale. La realizzazione del percorso viario ha intaccato livelli di frequentazione databili entro la fine del VII inizi del VI sec. a.C.
Questi ultimi risultavano ancora conservati nel settore settentrionale del saggio di scavo, a Ovest della strada, dove sono stati messi in luce quattro gruppi di oggetti, deposti intenzionalmente su uno strato di terreno frammisto a pomici.
(fig. 4) Non si può escludere che tali materiali fossero originariamente collocati in fosse e che i livelli di frequentazione antichi siano stati asportati dai lavori agricoli condotti nell’area, precedentemente piantumata a vigneto. Altri due gruppi di oggetti sono stati rinvenuti alla stessa quota dei precedenti al di sotto dell’asse viario sopra menzionato, nella parte nord-orientale del saggio.
Per una migliore esemplificazione della situazione di scavo si descriveranno di seguito (nel prossimo articolo in merito n.d.r.) i gruppi di materiali, proponendo in conclusione alcune ipotesi interpretative riguardo al rinvenimento, fortemente condizionato, purtroppo, dalla limitatezza dell’area esplorata.
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