Chi era Ferdinando II di Borbone? - Parte Terza
Il giudizio complessivo sulla figura di Ferdinando II non può prescindere dall’analisi dei suoi errori di valutazione e delle occasioni che non seppe cogliere. Se infatti da un lato il suo regno presentò molti risvolti positivi e di assoluta innovazione dall'altro lato è bene ricordare che i tanti primati del Regno (la prima ferrovia, il primo ponte sospeso in ferro e tanto altro) non trovarono uno sviluppo programmato e continuità di investimenti.
La grande macchina industriale riguardava quasi esclusivamente il napoletano, e le disparità con le Province restarono intatte. All'atto dell'annessione al Piemonte, questo aveva una rete ferroviaria di circa 900 km, contro i 124 km (tutti in Campania) del Sud che pure aveva visto la realizzazione della prima linea d'Italia.
Al di qua e al d là del Faro
Ferdinando II non risolse la criticità collegata alla Sicilia, che aveva ripetutamente dimostrato di non voler essere sottoposta a Napoli. Il Regno era infatti di "Sicilia" ed era stato fondato da Ruggero II nel 1139, che aveva scelto Palermo come capitale. Dopo la conquista angioina e la rivolta del Vespro del 1282, sia Napoli che Palermo avevano rivendicato, anche attraverso una guerra secolare, il predominio su tutto il regno, che in realtà restò sempre diviso in due parti indipendenti fino all'unificazione attuata con decreto nel 1816 da Ferdinando I.
L'atto era avvenuto sotto gli auspici dell'Austria e del Congresso di Vienna, ma aveva risvegliato l'antico spirito del Vespro, anche perché la Sicilia nel 1812 era riuscita a ottenere da Ferdinando I la costituzione. Con la proclamazione del Regno delle due Sicilie, le potenze europee, in primis l'Inghilterra, iniziarono a fomentare lo scontento dei Siciliani, e appoggiarono le rivolte del 1820, del 1848 e l'ultima, fatale per il regno, del 1860.
Il risultato dell'antagonismo siculo-partenopeo fu ben sintetizzato da Francesco II nel proclama dell'8 dicembre 1860:
Sparisce sotto i colpi dei vostri dominatori l'antica monarchia di Ruggiero e di Carlo III; e le due Sicilie sono state dichiarate province d'un Regno lontano. Napoli e Palermo son governati da prefetti venuti da Torino".
Eppure, almeno nel primo decennio del Regno di Ferdinando, la Sicilia non rivendicava l'indipendenza, né tantomeno l'unità politica con l'Italia, ma rifiutava l'umiliante sottomissione a Napoli, aspirando ad un assetto statale di tipo federativo. Un altro punto dolente della politica ferdinandea fu la gestione del rapporto con il ceto borghese.
Il Re cercò di corrispondere anche alle attese di questo ceto, verso il quale per la verità non nutriva grande stima, ed ad aprirsi a quelle libertà che altri stati incominciavano a riconoscere, ma la frattura verificatasi tra corona e liberali a seguito della rivolta di Napoli del 1848 non fu mai sanata: da un lato, Ferdinando si rinchiuse nell'assolutismo; dall'altro, molti intellettuali si votarono definitivamente alla causa di uno Stato italiano unico.
Il Regno delle Due Sicilie di allora, che era lo Stato più florido d'Italia, avrebbe tratto vantaggio dalla Costituzione di una ipotetica Confederazione Italiana, ma Ferdinando, specie dopo gli accadimenti del 1848 e la controversa partecipazione alla guerra contro l'Austria, non fece nulla per promuoverla.
Il clericalismo
Il Regno di Ferdinando manifestò un eccesso di Stato confessionale, che pesò sullo sviluppo e sulle possibilità di modernizzazione. Il Re soleva dire che il Regno era difeso per tre lati dall'acqua di mare e per il quarto dall'acqua santa. Sotto la pressione determinata dalla grave rivolta siciliana, Ferdinando II concedesse la Costituzione che fu promulgata il 10 febbraio 1848. Essa conteneva caratteri comuni allo Statuto Albertino, di lì a poco concesso da Carlo Alberto in Piemonte, ma in talune parti rifletteva l’eccesso di clericalismo di cui si è accennato.
Basta citare al riguardo che la religione cattolica, oltre ad essere quella di Stato, era l’unica ammessa, vietandosi la professione di culti diversi: l’anti-ebraismo praticato fin dai tempi di Federico II di Svevia, veniva eletto alla dignità di articolo costituzionale.
Non c’è da stupirsi pertanto se gli Ebrei italiani si schiereranno in larga parte a favore del movimento unitario a guida sabauda, e dei finanziamenti a tale causa concessi dai potentati internazionali. La Chiesa esercitava nel Regno un potere enorme e incondizionato, e possedeva la gran parte dei terreni. La stessa educazione fatta impartire all'erede al trono, Francesco, si dimostrò troppo imperniata su di una religiosità di stampo bigotto. Francesco dimostrò infatti, nel corso della spedizione di Garibaldi, limiti caratteriali sicuramente esaltati dalla educazione ricevuta.
Il decreto stabiliva inoltre: "Art. 2 - Le scuole saranno di preferenza stabilite pe’ fanciulli ne’ Conventi e Monasteri, e per le fanciulle ne’ Ritiri e ne’ Conservatori di donne. Art. 3 - Saranno stabilite altresì scuole primarie, con il metodo di mutuo insegnamento, ne’ Capoluoghi di Provincia ed in tutti gli altri comuni che ne avranno i mezzi. Queste scuole saranno nello stesso modo affidate a’ Vescovi e da loro esclusivamente dirette per ciò che riguarda la disciplina, co’ metodi e libri elementari approvati dalla Pubblica Istruzione".
Ferdinando II cercò fino alla fine di essere il garante dei rapporti interclassisti, tra popolani e nobili, tentando di difendere i primi dall'atavica prepotenza dei secondi. Questa era stata nei secoli la principale preoccupazione dei re di Napoli e Sicilia. Per tale motivo l'ideale dell'istituto monarchico è tuttora riscontrabile nel Meridione. Ma nell'età ferdinandea, a partire da quel 1830 in cui venne incoronato re, emersero con sempre maggior vigore cambiamenti sociali e ideologici, tali da incidere profondamente sulla stessa concezione di stato, che si trasformava in "nazionale". La portata di questa evoluzione epocale non fu colta dal re, che forse la riteneva "passeggera". Per tale motivo le due Sicilie non divennero mai una "nazione", almeno nel senso che si da oggi alla parola. Prova ne è che i sudditi del regno non si diedero mai un nome per differenziarsi dagli altri italiani, e venivano genericamente indicati come "siciliani" o "napolitani".
La questione sociale
Ferdinando II morì senza poter avviare a soluzione la grave questione sociale del Mezzogiorno, tra cui lo squilibrio tra la Capitale e gli arretrati paesini delle Province, nonché quello connesso con la proprietà dei terreni. Se è vero, infatti, che gli Usi Civici consentivano ai contadini di sopravvivere, e anche vero che nessuno - né i baroni, né la Chiesa, che possedeva immensi appezzamenti - aveva stimoli ed interesse a migliorare e, come si direbbe oggi, a far sistema.
Ebbero così facile gioco, dopo l'invasione piemontese del 1860, i "galantuomini", cioè i nuovi proprietari borghesi, che si impossessarono delle terre demaniali e ecclesiastiche (solo quest’ultime ammontavano al 40% del territorio), espropriate dai nuovi dominatori con la legge del 1863: un enorme “lascito” che finì nelle mani dei Piemontesi.
Le terre furono vendute con aste frettolose, per fare cassa, e così furono rastrellati risparmi e capitali meridionali, che vennero investiti dai vincitori dappertutto tranne che nel Sud stesso.
Ne conseguì la creazione di latifondi privati scarsamente produttivi e il conseguente immiserimento dei contadini, tanto che dopo la sanguinosa resistenza ("brigantaggio": 1861-1866), i superstiti degli stati d'assedio, delle stragi, delle rappresaglie e le esecuzioni sommarie perpetrate dalle truppe d'occupazione, cominciarono a espatriare in massa.
La mancata soluzione del problema sociale, che si trascina fino ai nostri tempi, e che è proporzioni più vaste di quelle sommariamente descritte in questa pagina, comportò per il Sud un ruolo di sudditanza nei confronti del resto del Paese. Ma in effetti, il Sud finanziò per più di un secolo lo sviluppo della Penisola, senza riceverne corrispondenti benefici.
Scritto da Alfonso Grasso
Fonti
http://www.ilportaledelsud.org/ferdinandoIIborbone.htm
http://pocobello.blogspot.com/2014/06/ferdinando-ii-di-borbone.html
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