Sono passati esattamente cinquanta anni dalla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, la prima vera penna libera ad aver attaccato, senza peli sulla lingua e catene ai polsi, la Mafia in Italia. La sua storia, nel bene e nel male, è emblematica per cercare di capire il Novecento italiano.
A Palermo questa mattina le Autorità cittadine hanno commemorato quel giornalista dalla faccia sfregiata, che rappresentava un faro per la "cronaca nera" dell'epoca. Un'intera generazione di giornalisti meridionali avevano preso spunto dai sui articoli scritti con coraggio e passione. I suoi pezzi erano letteralmente "odiati" dai capimafia dell'epoca.
Ebbe l'ardito coraggio di attaccare, tramite la carta stampata, non solo Cosa Nostra, ma anche tutto il potere marcio che era ai vertici dell'Italia politica e finanziaria del dopoguerra.
Mauro De Mauro e la sua macchina da scrivere |
La sua morte, però, non ha avuto né colpevoli, né mandanti. Qualche pentito ha parlato della necessità che la sua penna venisse spezzata per sempre. Le sue inchieste giornalistiche avevano portato a galla un intero sistema nel sistema. La Mafia era il braccio armato, e, allo stesso tempo, era carne da macello di una piramide che, in questo caso, puzzava di petrolio.
Sì, quel petrolio insanguinato che avrebbe potuto arricchire l'Italia ancora in ginocchio dopo i barbari bombardamenti angloamericani.
In gioventù Mauro De Mauro aveva vestito, con orgoglio e dedizione, la Camicia Nera del Fascismo prima e della Repubblica Sociale Italiana, poi. Risultò, con il grado di sottotenente, tra gli elementi di spicco della X Flottiglia Mas del Principe Junio Valerio Borghese. Ad appena 22 anni ricoprì la carica di vice questore di Pubblica Sicurezza e collaborò attivamente con i reparti speciali del Ministero dell'Interno della Repubblica Sociale Italiana. Difese con i denti la Patria contro il IX Corpus sloveno di Tito. Agli ordini del Principe Borghese combatté sul fronte triestino con valore e divenne uno dei migliori corrispondenti di guerra della famigerata Decima.
Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei principi Borghese |
Arrestato a Milano dagli AngloAmericani, su segnalazione dei partigiani, venne imprigionato prima a Ghedi e successivamente internato nel Campo di concentramento di Coltano a Pisa.
Riuscì a riconquistare la libertà eludendo i controlli del Campo di concentramento toscano e ripartì verso la Campania, destinazione Napoli, insieme alla moglie Elda per sfuggire all'incubo violenze partigiane. Anche l'amata consorte era un obiettivo del Comitato di Liberazione Nazionale a causa della sua militanza Fascista, a tal punto che la signora De Mauro venne definita tra i più pericolosi avversari del movimento partigiano. Venne assolto, con formula piena, nel 1949 per la presunta partecipazione alla strage delle Fosse Ardeatine. Mauro non commise i fatti.
Fisicamente era ridotto molto male a causa di un presunto incidente in motocicletta, anche se secondo alcune fonti sarebbe stato selvaggiamente picchiato dalle solite bande di assassini partigiani.
La faccia, infatti, era sfigurata anche se non erano riusciti a togliere il sorriso dalle labbra.
Si trasferì in Sicilia, dopo tutte queste tarantelle, e tornò a difendere la Patria come giornalista in prima linea, anche lavorando in un giornale apertamente schierato a sinistra. Pubblicò sulle colonne de L'Ora un dossier dettagliato, datato 1937, dove per la prima volta di parlava delle società segrete conosciute al mondo con il nome di Mafia. La stessa organizzazione malavitosa e antinazionale combattuta, con successo, dal Fascismo grazie alla minuziosa e capillare azione del Prefetto di ferro Cesare Mori. Divenne così "Il Mafiologo" grazie alla sua profonda conoscenza di quella Piovra senza pietà e senza onore.
Il Mafiologo, nato a Foggia nel 1921, venne arruolato per la sceneggiatura del film Il Caso Mattei diretto dal regista Francesco Rosi e probabilmente questa fu una delle cause che lo portarono alla morte, avvolta nel buio totale. Non si hanno piste sicure a causa di continui depistaggi e profondi insabbiamenti. L'Italia del dopoguerra era (ed è) una colonia dei vincitori della Seconda Guerra mondiale. La sovranità nazionale dal 1943 non esiste più, mentre le cosche mafiose ritornarono in auge negli anni Quaranta.
La vicenda legata alla morte di Enrico Mattei, presidente dell'Ente Nazionale Idrocarburi, è emblematica per capire il contesto. Mattei sognava una Nazione libera e sovrana energeticamente, ma venne fatto fuori con un incidente aereo, abbastanza losco.
L'Italyetta doveva restare una mera destinazione turistica, oltre che una portaerei nel Mediterraneo per interessi transnazionali. Qualcuno ordinò di annacquare le indagini indirizzate verso l'oro nero. Tirando le somme ci riuscì egregiamente.
Punto.
Tra le varie piste emerse, alla luce delle aule di tribunale, ricordiamo quella banale legata al traffico di stupefacenti agrigentino, tesi mirata a sminuire i fatti e l'altra che porta direttamente al presunto Golpe Borghese del 1970, riesumando il passato politicamente scorretto del giornalista eroe. Mauro De Mauro aveva fiutato una notizia bomba che avrebbe fatto tremare tutta l'Italia. Le immancabili malelingue di quei tempi, però, infangarono la sua figura con l'infame etichetta di viscido ricattatore. A nostro avviso le piste potrebbero anche essere intrecciate ed unite dal filo conduttore che metterebbe a nudo la totale assenza di indipendenza politica e la radicata presenza di forze occulte. Insomma, l'ennesima storia italiota che si tinge di giallo da mezzo secolo, senza conoscere un briciolo di Giustizia.
Lo Schiaffo 321 si tuffa, con la consueta aperiodicità, nel secolo scorso per poter dare un senso alla quotidianità. A breve ci saranno le elezioni regionali, il referendum e in qualche cittadina anche le comunali. Appuntamenti importanti, senza ombra di dubbio, dove le elettrici e gli elettori cercano di poter dire la loro con una semplice croce sulla scheda elettorale.
La cosa buffa è che in tanti credono ancora di essere liberi/e di scegliere il futuro con una matita, senza fare i conti con i mille comandamenti della grande finanza internazionale e/o con gli ologrammi dei vari politicanti di turno, abili a mutare in base al vento e all'incasso.
Il corpo del coraggioso giornalista e la verità non sono mai emersi da quella palude di intrighi e trame. La luce accesa in cucina e la speranza della famiglia sono durate molti anni.
Le figlie Franca e Junia, quest'ultima chiamata così in onore del Principe Junio, non hanno mai perso la speranza di riabbracciare il papà, così come i tanti cittadini onesti che popolano questa splendida Penisola caratteristica del mar Mediterraneo, per il suo fascino e la sua complessità.
Secondo le ultime ricostruzioni processuali sarebbe stato prima sepolto nel fiume Oreto e dopo sciolto nell'acido. Da chi, per conto di chi, come e perché?
Leonardo Sciascia in un'intervista televisiva affermò senza mezzi termini:
«De Mauro ha detto la cosa sbagliata all'uomo giusto e la cosa giusta all'uomo sbagliato».Nell'armistizio di Cassibile, a due passi da Siracusa, del 3 settembre 1943, ma annunciato cinque lunghi giorni dopo, potrebbe esserci la spiegazione di tutto, ma non è per tutti/e.
Onore e rispetto per Mauro De Mauro, il Mafiologo che smise di scrivere cinquanta anni fa, ma ancora oggi incarna lo spirito del guerriero armato di penna, capace di sognare e di lottare anche nella Palermo degli anni bui e dei fiumi di sangue.
La Storia in Giallo Mauro De Mauro
Scritto da Libero Caudinista
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