TESTIMONIANZA
Le ore bagnate di sangue che sono scoccate a Parigi in questi giorni resteranno impresse nella memoria comunitaria francese e di tutti quelli che
popolano la Francia. C’è un Cervinarese, un Caudino, tra i superstiti: Felice
Romano, che vive e lavora proprio a Parigi.
Quella maledetta sera era allo Stade
de France con la moglie e la figlia per assistere alla partita tra Francia e
Germania. Una semplice amichevole che sarebbe potuta diventare, letteralmente,
una carneficina. Ben tre esplosioni si sono registrate all’esterno dello
stadio. Infatti, i boati si sono sentiti all’interno della struttura e il
nostro Felice era lì.
Ecco le sue parole, in esclusiva per Lo Schiaffo321 che l'ha raggiunto telefonicamente.
La nostra
voce si trasforma così in un mezzo per tranquillizzare tutti gli amici e i parenti
del nostro caro amico partito dalla Valle Caudina a cercare fortuna in Francia:
d- Caro Felice, innanzitutto, come stai?
r- Ciao Valerio, tutto bene per il momento ringraziando Dio.
d- Dove eri quando c’è stato l’attacco?
r- Ero a vedere la partita della Francia allo stadio, perché
un mio amico mi ha regalato tre biglietti all’ultimo momento ed io ho accettato
perché amo il calcio e sono andato a vedere questa amichevole. Pura casualità
che mi poteva costare caro e pensare che volevo andare a vedere Belgio - Italia con altri Cervinaresi emigranti.
d- Cosa è successo allo Stadio di Francia?
r- Più o meno verso il 23esimo minuto del primo tempo sento
questa esplosione simile ad un petardo. Mai avrei immaginato una bomba. Sai quando
vai a vedere le partite a Napoli (settore ospiti n.d.r.) ed esplodono decine di
petardi? Uguale. Quindi, pensavo ad una cosa del genere. Dopo solo una mezz'ora
abbiamo capito la gravità della situazione. Ci hanno fatto scendere nel campo e
poi è iniziato a salire un po’ di paura perché non sapevamo cosa fare. Dopo
oltre due ore ci hanno fatto uscire in un clima surreale. Rientrati a casa ho
appreso tutto quello che hanno combinato.
d- Con chi eri allo stadio?
r- Ero con mia moglie e mia figlia di cinque anni. La
bambina, fortunatamente, quando abbiamo aspettato, giocava sul prato, non si
rendeva conto della tensione che cresceva sempre di più. Dopo l’ho presa in
braccio e l’ho rassicurata quando la situazione si è fatta più critica.
Dai
megafoni dello stadio ci invitavano alla calma e hanno detto che c’erano
problemi per la sicurezza del pubblico, quindi dovevamo restare sul rettangolo
di gioco.
La sensazione era atroce. Sei lì, fermo ed aspetti e aspetti inerme.
L’agitazione sale e via internet arrivavano le prime notizie, ma nulla di
preciso.
Solo a casa, che dista una ventina di minuti proprio dallo stadio, io
e mia moglie abbiamo capito che siamo vivi per miracolo e per un pelo abbiamo
rischiato la vita tutti e tre. Lo stadio, dalle notizie dei giorni successivi,
era un punto importante da colpire secondo la folle logica dei terroristi.
Per
fortuna è andato tutto bene, ma è forte il dolore per le vittime.
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