GUERRE SANNITICHE
Cara Redazione de Lo Schiaffo 321,
sono un vostro accanito lettore e dopo aver letto l’articolo
di Indro Montanelli vi vorrei segnalare questa analisi approfondita della
storia Caudina tratta dal sito Elevamentealcubo.it che il sottoscritto adora. Anche se oggi in pochi se ne
interessano, importanza della storia di Caudium ricade sulle vostre teste. Grazie dell’attenzione, buon lavoro a voi tutti e viva Caudium.
La pace con i sanniti, ristabilita nel 341 a.c., non era
destinata a durare a lungo: la politica espansionistica di Roma verso il Sud,
favorita anche dal continuo clima di conflittualità tra la stessa e i popoli
latini, aveva creato un clima di
preoccupazione e ostilità da parte della confederazione dei popoli del Sannio. Lo
stanziamento di una colonia romana, presso Fregelle, era stato considerato dai
sanniti come un atto ostile e come una aperta violazione del trattato di pace
che legava Roma alla confederazione sannita.
Infatti Fregelle era stata distrutta pochi anni prima dagli
stessi sanniti, che l'avevano strappata ai Volsci; inoltre la città si trovava
a sud del fiume Liri, in quella che i sanniti consideravano la loro area
d'influenza. Ma l'episodio chiave che trasformò l'ostilità e la diffidenza in
uno scontro difficilmente sanabile, fu quello connesso con la città di Palepoli
(secondo la versione di Tito Livio una città nelle vicinanze di Napoli - per
altri storici si trattava proprio di Napoli) la quale era abitata dal popolo di
Cuma, di origine greca. I Cumani commisero una serie di atti ostili contro
cittadini romani che abitavano nel territorio della Campania. Questi atti
avevano provocato la reazione dei romani, i quali avevano inviato le proprie
truppe ad assediare Palepoli, sotto la guida del console Quinto Publicio. Ma
mentre le truppe si acquartieravano fuori città, i Palepolani accoglievano
entro le mura, 4000 soldati sannitici.
Si tentò allora una nuova mediazione tra romani e sanniti,
ma la stessa si rilevò impossibile visto che proprio i sanniti indicarono con
decisione la guerra come unica soluzione praticabile per derimere il conflitto
tra i due popoli.
Era il 327 a.C., appena 14 anni dopo il trattato di pace tra
i due popoli, un periodo che i romani avevano speso in una miriade di guerre,
mentre i sanniti avevano utilizzato per rinforzarsi e prepararsi ad uno scontro
che ritenevano inevitabile. La guerra sembrò volgere a favore dei romani, la
stessa Palepoli venne conquistata dall'esercito "Quirito", anche
grazie al tradimento degli abitanti della città, che non vedevano di buon
occhio la presenza dei sanniti, i quali più che da alleati, sembravano
comportarsi come una truppa di occupazione. Lo scontro diretto tra i due
popoli, condotto dal dittatore Lucio Papirio Cursore, fu caratterizzato da
continue vittorie, tanto da costringere i sanniti a richiedere formalmente ai romani
un nuovo trattato di pace o comunque una tregua di un anno. Ma i romani, ormai
convinti della loro superiorità, rifiutarono le proposte e, dopo aver concesso
il trionfo al dittatore, si accinsero a sferrare il colpo finale. Nella
conduzione della guerra, il dittatore si era trovato a dover fronteggiare un
episodio di insubordinazione da parte del suo maestro di cavalleria Quinto
Fabio Massimo Rullano, il quale aveva ignorato l'ordine di evitare la battaglia
con il nemico e si era reso protagonista di una serie di vittorie in campo
aperto.
L'episodio assomigliava a quello che aveva visto
protagonista il console Tito Manlio Torquato, il quale aveva fatto giustiziare
il proprio figlio perché aveva disubbidito all'ordine di evitare di scontrarsi
con il nemico.
Stavolta però il "colpevole" era stato difeso
dalle popolazione, che vedeva in lui un eroe militare, e quindi Lucio Papirio
era stato costretto a perdonarlo. Il concetto di disciplina militare, tanto
caro ai romani, in questo caso aveva ceduto il passo ai sentimenti popolari.
Rifiutata la pace proposta dai Sanniti, nel 321 a.C., le
truppe romane si recarono nel Sannio, sotto la guida dei consoli Tito Veturio
Calvino e Spurio Postumio, decise a chiudere definitivamente la partita,
accampandosi presso Calazia. I sanniti si erano invece affidati ad un nuovo
comandante: Caio Ponzio. Fu proprio lui ad ideare lo stratagemma che riportò le
sorti delle guerra decisamente a favore del popolo sannitico. Mandò infatti
dieci soldati travestiti da pastori presso l'accampamento romano, avvisando gli
ignari comandanti del fatto che l'esercito sannitico si era spinto in Apulia
dove aveva sferrato l'attacco alla città di Luceria, la quale era alleata di
Roma.
L'esercito "Quirito" si mosse immediatamente verso
l'Apulia, attraversando le Forche Caudine, una stretta gola nei pressi della
città di Caudium, la cui uscita era stata sbarrata da montagne di massi.
Compreso l'inganno, i romani cercarono di tornare indietro, ma nel frattempo, i
sanniti avevano chiuso anche l'altro accesso alla gola, così che l'esercito
romano era rimasto senza alcuna via di uscita.
Mentre riflettevano su come gestire questa situazione di
grande vantaggio, i sanniti ignorarono il consiglio di Erennio, padre di Caio
Ponzio, il quale suggeriva di scegliere una tra queste due soluzioni: lo
sterminio dell'esercito romano, che avrebbe portato alla sconfitta definitiva
di Roma, oppure la sua liberazione senza condizioni, che avrebbe sancito una
pace stabile tra i due popoli. Qualsiasi scelta intermedia, avrebbe finito per
rafforzare comunque Roma, instillando nel suo popolo un desiderio di vendetta
che non si sarebbe placato, fino alla sconfitta definitiva della confederazione
sannitica.
Caio Ponzio, ignorò il suggerimento del padre, scegliendo
forse la peggiore delle soluzioni e cioè quella di liberare i soldati
imprigionati, sottoponendoli però ad una pesante umiliazione: quella di passare
nudi sotto il "giogo" costituito dalle lance dei soldati sanniti. Gli
stessi resero ancora più dura l'umiliazione, coprendo di scherno ed ingiurie le
truppe ed i comandanti romani.
A questo si aggiungevano le pesanti condizioni imposte a
Roma, come il ritiro dalle colonie del sud, il rispetto delle quali veniva
garantito dalla consegna, come ostaggi, di seicento cavalieri, i quali furono
trasferiti in Apulia, proprio nella città di Luceria.
I consoli ed i soldati liberati tornarono nella loro città
in uno stato di profonda prostrazione e umiliazione che aveva comunque
contagiato tutto il popolo Quirito.
Una volta nominati i nuovi consoli, Spurio Postumio,
considerato il vero responsabile della resa ignominiosa, venne chiamato a
rispondere davanti al popolo del suo vile comportamento e fu lui stesso ad
attribuirsi la responsabilità di quanto successo, arringando i romani a non
rispettare l'accordo da lui preso con i sanniti, perché preso senza il consenso
del popolo romano. Quindi, esortava i "Quiriti" a consegnare sia lui
che il suo collega Tito Veturio al popolo sannitico ed a riprendere la guerra.
Infatti il loro sacrificio avrebbe liberato Roma
dall'impegno preso con la resa delle Forche Caudine. Con questo atteggiamento
orgoglioso, Spurio Postumio, si trasformava agli occhi del popolo romano, da
vile traditore ad eroe. Inoltre Spurio si rese protagonista di un episodio che
rafforzò ancora di più la sua rinnovata immagine di eroe: al momento della
consegna ai sanniti, di fronte al loro capo Caio Ponzio, Spurio Postumio si
girò e colpì con un calcio il feziale (ambasciatore romano la cui figura era
considerata sacra) affermando di essere diventato sannita e che quindi con la
sua offesa nei confronti dell'ambasciatore romano, giustificava la ripresa
della guerra.
E la guerra riprese sotto la guida dei consoli Quinto
Publilio Filone e Lucio Papirio Cursore, i quali si posero al comando delle
truppe romane che si dimostrarono particolarmente motivate a vendicare l'onta
subita: la previsione del vecchio Erennio, si rilevava drammaticamente esatta. Dopo
aver facilmente sbaragliato le truppe nemiche nel Sannio e aver conquistato
Caudium, le truppe romane si concentrarono su Luceria, nell'Apulia, dove erano
detenuti i 600 ostaggi. Luceria venne conquistata, gli ostaggi liberati e i
sanniti, con i loro capi in testa, costretti a passare sotto il giogo dei
romani. Ma la guerra continuò ancora, e i romani dovettero preoccuparsi delle
ribellioni di altri popoli, come quella dei Campani presso Terracina e degli
Etruschi che attaccarono Sutri, ribellioni che i romani repressero con forza.
Altre città fecero le spese della determinazione
dell'esercito romano tra le quali: Sora, Arpino, Cesennia, Fregelle, Nola,
Atina, Calazia. Roma colonizzò Suessa e Pomezia, rafforzando la sua
penetrazione verso il sud. La guerra si concluse dopo la definitiva conquista
di Boviano, e i sanniti furono costretti a chiedere nuovamente la pace. La
sconfitta definitiva dei sanniti viene attribuita ai consoli Lucio Postumio e
Tito Minucio, anche se alcune fonti sostengono che la conquista di Boviano fu
in effetti merito di Marco Fulvio che avrebbe sostituito Tito Minucio morto in
battaglia.
Era il 304 a.C. e dopo più di 20 anni si concludeva la
seconda guerra sannitica.
Scritto da Pasquale Tirino
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