L'ETERNO MITO DI ENEA
Il concetto di genere, questa aberrazione moderna, con il
pretesto dell’uguaglianza mina le radici della identità dell’uomo e della donna
e quindi anche della famiglia. Offendere le differenze non rende giustizia alla
natura, la oltraggia, perché essa vive di e nella particolarità. La bellezza
risiede sempre e solo nell’ordine naturale, che è ordine cosmico.
Gli abusi egalitari di cui siamo finiti vittime colpevoli, dalla rivoluzione francese ad oggi, pretendono di confondere le regole che sono alla base dell’esistenza, scambiando per progresso e trasgressione l’eccesso e l’ostentazione. La rivoluzione vera rimane invece il passaggio del testimone, un testimone che non sia solo genetica, ma spirito ed educazione. La ricerca di se stessi trova lì il suo confronto necessario, la risposta logica alla sopravvivenza di ognuno di noi. Il si nietzschiano alla vita, trasformato per comodità in modello edonistico, è da intendersi sempre in accorato colloquio con la natura e le sue leggi. Tutto ciò che va fuori questo ordine è anormale, anomalo e così deve essere inteso, non per punirne l’esistenza, come un’eccessiva osservanza religiosa pur vorrebbe, ma solo per senso di ordine e giustizia. Il mito di Enea, quella immagine immortale, è la risposta che la nostra civiltà, con il sostegno importante della storia deve dare a questa ondata di inglesizzazione dell’essere, che è imbarbarimento e nient’altro. L’immagine del passato che guida il presente e prende per mano il futuro, in questo risiede e palpita la vita; il resto è destinato solo alla morte.
Scritto da Marina Simeone
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