Si ha paura di ciò che non si conosce.
E’ una constatazione saggia che tutti
sappiamo fare nelle varie circostanze della vita quotidiana.
La saggezza però in tanti di noi sparisce
quando si approccia ad un tema caldo come quello dell’immigrazione.
In effetti nei nostri piccoli paesi, alle
prese con i flussi di migranti da ospitare, nell’ambito delle operazioni di
salvataggio nel Mar Mediterraneo si sparge ogni giorno in alcuni la diffidenza,
in altri la netta contrarietà ad ospitare questi stranieri che non si
conoscono.
Passavo in bicicletta l’altro giorno per le
strade del mio paese e vedevo a piazza Vittoria un gruppetto di africani e a
piazza Lombardi un gruppetto di rumeni. Tutti rigorosamente per se e tra di
loro a parlottare.
In alcuni scene come queste generano
diffidenza, in altri indifferenza, in molti rifiuto, in altri domande sul che
fare.
Perchè?! Si ha paura di ciò che non si
conosce.
Personalmente sentivo un sentimento di
timidezza nell’allacciare rapporti, avrei voluto fermarmi a parlaci ma non
sapevo proprio come fare. Un sentimento che vincerò! Intanto se li incontro al
supermercato sono ben lieto di salutarli e scambiarci due chiacchiere.
Il fatto è che forse è giunto il momento di
interrogarci e riflettere su come adottare una politica per la integrazione in
Valle Caudina.
Certo occorre distinguere: ci sono
stranieri irregolari , i richiedenti asilo , quelli che hanno un lavoro e
infine gli stranieri minori non
accompagnati.
Ognuna di queste persone “straniere” si
porta dietro una storia personale e un bagaglio di diritti e doveri legati alla
propria condizione. Non tutti naturalmente possono restare in Italia, ma molti
per un tempo più o meno lungo saranno nostri ospiti, a causa di una emergenza
che certamente non abbiamo determinato noi italiani.
E’
un problema che le comunità locali devono iniziare ad affrontare
istituzionalmente, non solo affidandosi al buon cuore di tanti.
Cosa possono fare allora le Istituzioni?
Dotarsi di strutture e acquisire
competenze, come ad esempio ad Airola dove sta per sorgere nell’ex-macello un
centro di servizi per gli immigrati che coprirà le esigenze dell’Ambito B3.
Soprattutto le istituzione devono tenere
continui e reciproci contatti.
Quanto all’emergenza di questi giorni che
ha ricadute anche in Provincia di Benevento con l’apertura di centri per i
richiedenti asilo in vari paesi, è importante, in assenza di auspicabili
modifiche normative nel senso di un coinvolgimento maggiore delle comunità
locali, rendere protagonista il ruolo del Consiglio Territoriale per
l’Immigrazione istituito preso la Prefettura.
In effetti sarebbe saggio da parte della
Prefettura dare ai cittadini dei centri interessati tutte le informazioni di
competenza.
Ci sono state gare? Chi le ha vinte? Con
quali progetti? Per fare cosa?
Quanti saranno gli immigrati ospitati? Cosa
possono fare le Comunità locali, le associazioni etc per accogliere i migranti?
Sono notizie che le Prefettura deve
assumersi la responsabilità di dare direttamente alla cittadinanza, senza
ingenerare con questa omissione, esasperanti ed inutili dispute locali che
vedono protagonisti sindaci e consigli comunali (coma abbiamo visto a Paolisi,
Castelvenere, Cerreto Sannita) spesse volte assurdamente privi di poteri nella
gestione del fenomeno migratorio. Si cominci da subito, convocando il CTI di
Benevento, viste le insistenti voci di apertura di nuovi centri.
Solo una cittadinanza consapevole, potrà
essere realmente accogliente, cogliendo l’obiettivo della integrazione.
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